A Benedicto ad Franciscum

Padre Lombardi: una bella sorpresa il nuovo libro intervista con Benedetto XVI

Esce oggi in tutto il mondo il volume intitolato “Benedetto XVI. Ultime conversazioni”, il nuovo libro intervista del giornalista tedesco Peter Seewald con il Papa emerito che tocca le tappe più importanti della sua vita: dall’infanzia sotto il regime nazista, la scoperta della vocazione, gli anni difficili della guerra, poi il servizio in Vaticano e il forte legame con Giovanni Paolo II, fino all’elezione al soglio pontificio e alla decisione della rinuncia al Pontificato.

Benedetto XVI parla anche di Francesco, esprimendo la sua sorpresa e poi la sua gioia per questa elezione che dimostra come la Chiesa sia viva, dinamica e non congelata in schemi e questo – afferma – è incoraggiante. Su questo libro, edito da Garzanti nella edizione in lingua italiana, pubblichiamo il commento di padre Federico Lombardi, presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI:
Il nuovo libro intervista delle conversazioni di Benedetto XVI con Peter Seewald, in libreria e nelle edicole in diverse lingue da questo venerdì 9 settembre, è certamente per molti una sorpresa, ma possiamo ben dire una bella sorpresa.
Una sorpresa nel senso che, data la chiara scelta di Benedetto XVI di dedicarsi ad una vita ritirata di preghiera e riflessione, forse non ci saremmo aspettati ora la pubblicazione di una nuova lunga conversazione con un giornalista.
Una bella sorpresa nel senso che, superato il primo stupore, la tranquilla lettura del testo ci offre alcune perle molto preziose e di grande valore, altre utili e interessanti.
Le perle più preziose sono, a nostro avviso, due, contenute nella Prima Parte e nel capitolo finale della Terza Parte del libro.
La prima e principale è la commovente testimonianza dell’esperienza spirituale dell’anziano pontefice emerito “in cammino per giungere al cospetto di Dio” (225). Insomma, Benedetto XVI parla serenamente di come sta vivendo nel raccoglimento e nell’orazione l’ultima tappa della sua vita. Giovanni Paolo II ci aveva dato la sua preziosa testimonianza di come portava nella fede la condizione della grave sofferenza della malattia. Benedetto XVI ci dà quella dell’uomo di Dio anziano, che si prepara alla morte. Lo fa con toni umili e umani, riconoscendo che la debolezza fisica gli rende difficile di restare sempre, come vorrebbe, nelle “regioni alte dello spirito” (23). Ci parla del grande mistero di Dio, ci parla dei grandi interrogativi che hanno accompagnato la sua vita spirituale e continuano ad accompagnarla, diventando forse ancora più grandi, come la presenza di tanto male nel mondo. Ci parla in particolare di Gesù Cristo, vero centro focale della sua vita, che “vede proprio davanti” a lui, “sempre grande e misterioso”, e del fatto che “molte parole del Vangelo le trovo ora, per la loro grandezza e gravità, più difficili che in passato” (26).


L’anziano pontefice vive l’avvicinarsi alle soglie del mistero “non abbandonando la certezza di fondo della fede e rimanendo, per così dire, immerso in essa”. “Ci si rende conto che bisogna essere umili, che se non si capiscono le parole della Scrittura, si deve aspettare finché il Signore le schiuda alla nostra comprensione” (27).
Egli parla serenamente dello sguardo sulla vita passata e del “peso della colpa”, del rimpianto per non aver fatto abbastanza per gli altri, ma anche della fiducia nell’amore fedele di Dio, del fatto che al momento dell’incontro “lo pregherà di essere indulgente con la sua miseria” e della convinzione che nella vita eterna “sarà davvero giunto a casa” (28).
Oltre a questa vera perla fondamentale, a nostro avviso l’aspetto più importante del libro, a un diverso livello – inferiore ma pure rilevante – va apprezzata la risposta chiara e serena a tutte le elucubrazioni immotivate sulle ragioni della sua rinuncia al pontificato, come se fosse stata causata dalle difficoltà incontrate a seguito di scandali o complotti. Di tutto ciò ora, sollecitato dalle domande di Seewald, Benedetto in prima persona fa piazza pulita con decisione, in modo ci auguriamo definitivo, parlando del cammino di discernimento con cui è giunto davanti a Dio alla decisione e della serenità con cui, una volta presa, la ha comunicata e attuata senza alcuna incertezza e non se ne è mai pentito. Insiste sul fatto che la decisione è stata presa non sotto la pressione di difficoltà incalzanti, ma anzi, proprio quando queste erano sostanzialmente state superate. “Io ho potuto dimettermi proprio perché riguardo a quella vicenda era ritornata la serenità. Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte” (38).
Ma a parte la risposta alle interpretazioni infondate, dalle parole di Benedetto risultano ribadite con chiarezza anche le motivazioni vere della rinuncia, e ciò con tale naturalezza che esse appaiono assolutamente ragionevoli e convincenti. In certo senso – ci sia permesso dirlo – la rinuncia da parte del Papa, quando sia effettivamente inadeguato all’esercizio della sua responsabilità nel governo della Chiesa per lo scemare delle forse fisiche e psichiche, si presenta come doverosa e “normale”. Pur restando evidentemente sovrana la libertà di ogni Papa in merito, non si può non costatare che la decisione di Benedetto ha offerto un modello di discernimento ed ha aperto concretamente – possiamo dire anche in questo caso “definitivamente” ? – una possibilità di scelta più facilmente percorribile per tutti i suoi successori.

Questi due grandi argomenti sono quelli che a nostro avviso giustificano pienamente e rendono opportuna la pubblicazione di questo libro, Benedetto vivente.
Del resto, nella Seconda e nella Terza Parte, la conversazione spazia su argomenti molto vari che riguardano l’intero arco della vita di Joseph Ratzinger, dalla famiglia di origine fino a tutto il pontificato. Come ha spiegato lo stesso Seewald in una recente intervista (Christ und Welt, Zeit online, 7.9.2016) è bene osservare che il libro è nato in realtà da alcuni colloqui concessi all’intervistatore (in agosto e novembre 2012, prima della rinuncia; in luglio e dicembre 2013, e febbraio 2014, dopo la rinuncia) in vista di una possibile futura biografia, rispondendo quindi con chiarimenti e approfondimenti a domande su situazioni, episodi, incontri di particolare interesse nelle diverse fasi della lunga vita e dell’attività dell’Intervistato.
Non sappiamo se e quando Seewald ci offrirà una vera biografia. Questo libro non lo è in alcun modo. Tuttavia, con sintetici paragrafi introduttivi ai vari capitoli e con una opportuna formulazione delle domande, Seewald ordina e contestualizza in rapida successione cronologica le risposte di Benedetto. La chiarezza e la profondità di molte risposte, come pure il loro tono personale e la loro assoluta sincerità rendono avvincente la lettura di un insieme di informazioni e riflessioni che altrimenti risulterebbe frammentario.
A nostro avviso, possono presentare particolare interesse le pagine dedicate a temi di maggiore rilievo. Si possono segnalare ad esempio, il tema del nazismo nell’esperienza familiare ed ecclesiale del giovane Ratzinger; o il clima culturale quasi esaltante vissuto dal giovane professore di teologia a Bonn nel contesto della rinascita della Germania dopo la catastrofe della guerra; il suo personale contributo come esperto al Concilio Vaticano II in particolare sul tema fondamentale del rapporto fra Scrittura Tradizione e Magistero; la sua posizione sempre più critica nei confronti di altri teologi tedeschi sulla comprensione stessa della natura e della funzione della teologia in rapporto alla fede della Chiesa; il suo stretto e lunghissimo rapporto di vicinanza e collaborazione con Papa Wojtyla.
Molti saranno certamente interessati alle risposte che contribuiscono a tracciare un “bilancio” del Pontificato di Benedetto XVI a partire dalle sue linee orientatrici. Offriamo solo alcuni spunti.
“C’era anzitutto quello che volevo fare: mettere al centro il tema di Dio e la fede e in primo piano la Sacra Scrittura. Provengo dalla teologia e sapevo che la mia forza, se ne ho una, è annunciare la fede in forma positiva. Per questo volevo soprattutto insegnare partendo dalla pienezza della Sacra Scrittura e della Tradizione… Io sapevo che il mio non sarebbe stato un pontificato lungo. Che non potevo compiere progetti a lungo termine e realizzare iniziative spettacolari…Non avrei convocato un nuovo Concilio, ma a maggior ragione volevo e potevo rafforzare l’elemento sinodale” (180).




Benedetto ritorna più volte a mettere in luce lo spirito del suo Pontificato, riconoscendone in certo senso il segno distintivo nell’”Anno della Fede”: “un rinnovato incoraggiamento a credere, a vivere una vita a partire dal centro, dal dinamismo della fede, a riscoprire Dio riscoprendo Cristo, dunque a riscoprire la centralità delle fede” (217). Non vi è dubbio che la grande opera su Gesù ha un posto centrale nel pontificato di Benedetto XVI. Non era l’esercizio del teologo nel “tempo libero” lasciatogli dal servizio come Papa, ma era il suo più importante servizio alla Chiesa perché “se noi non conosciamo più Gesù, è la fine della Chiesa…e il pericolo che Gesù venga distrutto o svilito da un certo tipo di esegesi è enorme” (192-193).
Nella riflessione teologica di Ratzinger la escatologia, cioè le “realtà ultime”, e la persona di Gesù hanno occupato un posto particolarmente importante. Non era una teologia separata dalla vita: ora essa si continua e sbocca nella sua quotidiana meditazione sulle realtà ultime, e nel suo vivere continuamente davanti a Gesù.
Anche lo sguardo sul suo pontificato, nelle sue luci e nei suoi limiti, è lucido e sereno, come si addice a chi “contando i suoi giorni” ha imparato a guardare alle vicende di questo mondo con la “sapienza del cuore” (cfr Salmo 90), e può affidare a Dio con fiducia la sua vita e la sua opera.




Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)

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