Dopo una visita alle Missionarie della Craita’ di Madre Teresa di Calcutta, che anche nella capitale dell’Ecuador sono davvero al servizio degli ultimi, nella tarda mattinata di oggi Papa Francesco lascera’ i2800 metri di altezza sul livello del mare ai quali si e’ acclimatato a Quito con un volo che atterrera’ direttamente in Bolivia all’aeroporto di El Alto, ad oltre 4 mila metri. L’arrivo e’ previsto alle 16.15 locali, le 22,15 in Italia. Nella stessa serata, il Papa scendera’ poi ai 3600 metri di La Paz, capitale del paese, dove restera’ fino a venerdi’, toccando anche la popolosa Santa Cruz de la Sierra, vitale centro economico del Paese, a 400 metri di altitudine.
Il programma del viaggio prevede che a La Paz Francesco si trattenga solo per la cerimonia di benvenuto e una visita di cortesia al presidente Evo Morales nel Palazzo del governo e successivamente un incontro con le autorita’ civili nella Cattedrale di La Paz. Cosi gia’ questa sera, il Papa sara’ ancora sull’aereo, diretto a Santa Cruz de la Sierra dove la mattina seguente celebrera’ la messa e nel pomeriggio sara’ insieme a sacerdoti religiosi, religiose e seminaristi boliviani per poi concludere la giornata prendendo parte al secondo Incontro mondiale dei movimenti popolari nel centro fieristico Expo Feria. Prima della partenza per il Paraguay, la mattina del 10 luglio sara’ dedicata alla visita al Centro di rieducazione Santa Cruz-Palmasola, uno dei penitenziaari piu’ grandi e duri dell’intera America Latina, e all’incontro con i vescovi della Bolivia.
Papa: in Bolivia incontro con Morales per nuovo dialogo
Se in Ecuador Papa Francesco ha avuto buon gioco nell’indicare al presidente Rafael Correa e ai vescovi la strada di un dialogo a sostegno dei deboli e dei poveri, nel rispetto della liberta’ religiosa, favorendo il superamento delle tensioni assicurando quanto meno la neutralita’ della Chiesa riguardo alle proteste di piazza e alle altre iniziative di un’opposizione agguerrita e ricca che vuole bloccare le riforme sociali, in Bolivia il dialogo tra governo e Chiesa locale e’ assai piu’ diffile. “La situazione al riguardo e’ molto delicata da diversi anni”, sottolinea Luis Badilla, per molti anni esperto di America Latina della Radio Vaticana. Il Presidente Evo Morales, e il suo partito, spesso hanno attaccato duramente la Chiesa e i vescovi. E solo dopo l’annuncio della visita del Papa, tramite una commissione congiunta per la preparazione dell’evento, i rapporti sono diventati piu’ sereni e positivi”.
Molto complessa nel paese andino e’ anche la situazione politica.
Un’iniziale alleanza con il partito del dirigente dei produttori di foglie di coca, e capo del principale partito di opposizione, Evo Morales, si e’ frantumato di fronte all’ambiguita’ del presidente, ai continui blocchi stradali ed alle richieste popolari di nuove elezioni e dell’istituzione di un’assemblea costituente. Nelle elezioni convocate per dicembre del 2005, Morales, del Movimiento al Socialismo (MAS), aveva vinto le elezioni con la maggioranza assoluta degli elettori. Nel gennaio del 2006, Morales si e’ insediato come presidente. Il 25 gennaio 2009, in seguito ad un referendum, la Bolivia ha approvato la nuova costituzione promossa dal presidente Evo Morales.
Le relazioni diplomatiche della Santa Sede con l’Ecuador, la Bolivia e il Paraguay risalgono al 1877. In realta’ con tutti i tre paesi che Francesco visiata in questi giorni, il Vaticano ha rapporti ufficiali da138 anni in pratica, stabiliti subito dopo la proclamazione delle indipendenze di questi popoli dal dominio spagnolo. Sostanzialmente in questo lungo arco di tempo queste relazioni sono state corrette e improntate a grande collaborazione e armonia nonostante le moltiplici, e a volte laceranti, vicende politiche interne. La Santa Sede con questi Paesi ha firmato diversi accordi.
Papa: in Bolivia ricorda gesuita ucciso operazione Condor
Lungo il tragitto che da El Alto lo porterà a La Paz, Francesco rendera’ onore domani ad una delle vittime dell’Operazione Condor che porto’ alla morte, spesso con torture indicibili, migliaia di latinoamericani e anche cittadini europei, tra cui alcuni italiani, per l’uccisione dei quali e’ perseguito in Italia, dove lo scorso 17 marzo 2014 il gip di Roma Alessandro Arturi lo ha incriminato con altri membri delle dittature militari della Bolivia, del Cile e dell’Uruguay, coinvolti nella famigerata “Operazione Condor”. Tra le sue vittime c’e’ anche il gesuita Luis Espinal Camps, nato in Spagna nel 1932 e missionario in Bolivia dal 1968. Era poeta, giornalista e cineasta e spesso diceva: “Sono tutti mezzi che conducono a Gesu'”. Fu ucciso nel 1980 quando aveva 36 anni, dopo essere stato sequestrato mentre usciva da un cinema, torturato per un giorno intero e finito con una pallottola alla testa.
Per rendere onore al suo sacrificio, arrivando a La Paz, domani, 8luglio, Francesco si fermera’ alcuni istanti in preghiera nei pressi del luogo dove fu ritrovato cadavere il suo confratello. “Padre Espinal – racconta il giornalista Luis Badilla, responsabile del Sisimografo, sito informato in tempo reale sulle attivita’ del Papa e della Santa Sede – arrivando in Bolivia si trovo’ in una situazione politica, sociale ed economica drammatica. Nel Paese andino si susseguivano i colpi militari e le giunte al potere gareggiavano in ferocia e crudelta’ e la politica non riusciva a superare i traumi della guerriglia e dell’assassinio di Ernesto “Che” Guevara. Il gesuita si senti’ subito coinvolto schierandosi accanto ai minatori dello stagno, poverissimi, e delle loro mogli, guidate dalla mitica Domitila Chungara, e cio’ ovviamente comporto’ per lui l’odio dei militari che lo indicarono subito come “pericolo sovversivo straniero con l’abito talare”.
Nel corso di una intensa attivita’ pastorale, mai disgiunta dall’impegno sociale, padre Espinal scrisse diversi libri, giro’ numerosi documentari e curo’ diversi programmi televisivi e radiofonici.
Fu cofondatore dell’Assemblea dei diritti umani e fino alla sua morte direttore del settimanale “Aqui'”. Nel 1977, insieme con altri manifestanti che chiedevano democrazia e liberta’, partecipo’ ad uno sciopero della fame che duro’ 19 giorni. Dopo il suo sequestro, la notte del 21 marzo 1980, il corpo orrendamente mutilato, con una pallottola in testa, fu trovato il giorno seguente al km 8 della strada che porta a Chacaltaya, vicino al fiume Choqueyapu.
Papa: in Bolivia, teatro dell’uccisione del “Che”
La tappa boliviana di Papa Francesco, che inizia domani a El Alto, riportera’ all’onore delle cronache le malefatte di una delle dittature militari piu’ feroci del Sudamerica.
Quella della Bolivia dove, seguendo i “consigli” della Cia, il generale Rene’ Barrientos Ortuno diede l’ordine di assassinare Ernesto “Che”Guevara il 9 ottobre 1967. Il combattente cubano era entrato nel paese con una ventina di uomini per promuovere la rivoluzione, ma dopo uno scontro a fuoco, nel quale era rimasto ferito, fu imprigionato e poi ucciso a freddo con un colpo di pistola al cuore, come testimoniano le foto affidate dai compagni del “Che” a un missionario spagnolo e pubblicate solo l’anno scorso.
Per rendere onore al suo sacrificio, arrivando a La Paz, domani, 8 luglio, Francesco si fermera’ alcuni istanti in preghiera nei pressi del luogo dove fu ritrovato cadavere il suo confratello. “Padre Espinal – racconta il giornalista Luis Badilla, responsabile del Sisimografo, sito informato in tempo reale sulle attivita’ del Papa e della Santa Sede – arrivando in Bolivia si trovo’ in una situazione politica, sociale ed economica drammatica. Nel Paese andino si susseguivano i colpi militari e le giunte al potere gareggiavano in ferocia e crudelta’ e la politica non riusciva a superare i traumi della guerriglia e dell’assassinio di Ernesto “Che” Guevara. Il gesuita si senti’ subito coinvolto schierandosi accanto ai minatori dello stagno, poverissimi, e delle loro mogli, guidate dalla mitica Domitila Chungara, e cio’ ovviamente comporto’ per lui l’odio dei militari che lo indicarono subito come “pericolo sovversivo straniero con l’abito talare”.
Nel corso di una intensa attivita’ pastorale, mai disgiunta dall’impegno sociale, padre Espinal scrisse diversi libri, giro’ numerosi documentari e curo’ diversi programmi televisivi e radiofonici.
Fu cofondatore dell’Assemblea dei diritti umani e fino alla sua morte direttore del settimanale “Aqui'”. Nel 1977, insieme con altri manifestanti che chiedevano democrazia e liberta’, partecipo’ ad uno sciopero della fame che duro’ 19 giorni. Dopo il suo sequestro, la notte del 21 marzo 1980, il corpo orrendamente mutilato, con una pallottola in testa, fu trovato il giorno seguente al km 8 della strada che porta a Chacaltaya, vicino al fiume Choqueyapu.
Di Salvatore Izzo per AGI
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