All’indomani del ritorno di Papa Francesco dal suo coinvolgente viaggio in America Latina, Alessandro Gisotti ha chiesto al direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, di soffermarsi su alcuni punti chiave emersi dalla visita:
R. – Mi ha colpito la presenza della gente durante il viaggio e il rapporto del Papa con la gente. La gente vuol dire le persone: la “gente” è una parola non bella, perché è un collettivo che sembra depersonalizzare. Avevamo un numero sconfinato di persone presenti n tutti i momenti di questo viaggio: la presenza lungo le strade, devo dire, è la cosa che mi ha colpito di più per la sua dimensione e anche per il suo stile, per la sua atmosfera, per la sua caratteristica di intensità e non solo emotiva, ma direi anche di fede. Il Papa queste cose le ha percepite perfettamente, probabilmente le prevedeva e le conosceva già da prima e molto meglio di noi. Però, credo che l’intensità, la dimensione di questa presenza abbia in qualche modo sorpreso anche lui e sorpreso un po’ tutti. Quindi, mi ha colpito il fatto della mobilitazione umana e spirituale dei Paesi visitati, dei popoli dei Paesi visitati e la sintonia profonda: il pastore che conosce le pecore, che sta in mezzo a esse, che ha l’odore delle pecore. Ecco, questo era Papa Francesco in questi Paesi dell’America Latina.
D. – Papa Francesco è ovviamente una persona universalmente conosciuta e sempre più familiare a molti. Ma c’è – secondo lei – qualcosa in più che abbiamo appreso della sua figura dopo il ritorno nella “sua” America Latina?
R. – E’ proprio questo suo rapporto con il popolo, che spiega anche meglio a noi, che magari siamo di altra cultura o di altra esperienza, il modo in cui lui ne parla così intensamente anche quando si rivolge ai pastori, dicendo che devono essere vicini alla gente, che non devono essere estranei alla vita delle persone. Lo abbiamo capito e sperimentato in un modo più intenso in occasione di questo viaggio.
D. – Papa Francesco, secondo lei, ha aiutato con questo viaggio a sfatare alcuni stereotipi che in Occidente si hanno sull’America Latina? Per esempio, il Papa ha sottolineato quanto la giovinezza di questo continente, legato alla speranza, e queste energie nuove possano dare agli altri continenti…
R. – Certamente. Abbiamo vissuto un rapporto di grande rispetto, stima, amore del Papa per questi popoli, che quindi non li abbiamo considerati in alcun modo come dei popoli in attesa, diciamo, di aiuti: come popoli o persone sottosviluppate che debbano essere aiutate da una carità esterna per poter raggiungere un loro migliore sviluppo umano e spirituale, ma come attori protagonisti – essi stessi – del loro sviluppo e del loro cammino. In questo senso, il messaggio del Papa è stato di grande incoraggiamento da un punto di vista sia umano che spirituale ed ecclesiale, perché possano trovare insieme – in un modo solidale e attivo – la costruzione del loro futuro. Quindi, questo è stato molto bello: un Papa che incoraggia a essere protagonisti tutti i membri di questi popoli, in particolare quelli che sono magari più poveri e che si sentono più emarginati.
D. – Alcuni, anche dopo questo viaggio, criticano Papa Francesco di essere troppo proteso verso i Movimenti popolari e le forze sociali – in definitiva i poveri – trascurando la cosiddetta “classe media”. Una domanda, questa, che è stata anche rivolta durante la conferenza stampa in aereo. Che lettura si può dare al riguardo?
R. – E’ stato così interessante che il Papa abbia detto: “Ma, c’è del vero in questa osservazione… Devo rifletterci e vedere come tenerne conto”. Però, il punto dell’impostazione del Papa mi pare sia fondamentale e da capire bene: se noi riconosciamo che la situazione del mondo non è ideale e che quindi ci sono veramente dei cambiamenti e dei cambiamenti importanti e urgenti da fare – sia per quanto riguarda l’impostazione dell’economia, del governo e del cammino dell’umanità, sia per quanto riguarda le conseguenze che questa impostazione ha anche sulla creazione, sull’equilibrio della creazione, sull’equilibrio dei rapporti sociali – allora dobbiamo vedere qual sia il punto di prospettiva giusto in cui ci dobbiamo mettere per capire che cosa è che non va e che effettivamente è urgente cambiare. Questo punto di prospettiva – il Papa dice e ridice – è l’attenzione ai poveri. E’ da lì, da dove si soffrono le conseguenze delle cose che non vanno, che si può capire veramente, profondamente ed esistenzialmente che non vanno e che quindi vanno cambiate: da lì e non solo per la sensibilità evangelica che li mette al cuore del Vangelo, ma anche per una saggezza umana che dice che cos’è che dobbiamo cambiare per costruire una umanità più giusta. Dobbiamo guardarla dal punto di vista delle cose che non vanno e di chi ne subisce le conseguenze negative. Allora, in questo senso l’insistenza del Papa è coraggiosa, è controcorrente, ma è comprensibilissima: perché se uno si mette dal punto di vista del centro del funzionamento di un sistema e di chi lo fa funzionare, allora è molto più difficile che le cose cambino effettivamente e che si veda e si capisca l’urgenza del cambiarle. Anche la “classe media” certamente ha un ruolo fondamentale e ci possono essere Paesi in cui è estremamente importante. Ma se uno guarda – come fa il Papa – al mondo nel suo insieme, le situazioni di iniquità, di sofferenza e i problemi che manifestano la necessità di un cambiamento sono talmente immensi e macroscopici che l’urgenza dei cambiamenti pare evidente. Nel Papa troviamo anche l’insistenza sul possibile protagonismo attivo e creativo delle persone che si trovano nelle situazioni difficili, come possibili protagonisti attivi del cambiamento: non in forme di lotta violenta, ma in forma di crescita della solidarietà e della giustizia. Questo mi sembra il significato molto importante del discorso del Papa ai Movimenti popolari e, in certa misura, il significato molto importante anche di questo viaggio e degli atteggiamenti di solidarietà del Papa con questi popoli, atteggiamenti che vengono proposti a livello anche di dinamiche dello sviluppo mondiale. Per questo, mi sembra molto significativo che il ritorno del Papa nel suo continente e la sua sensibilità alla partecipazione e alla comprensione profonda e positiva della realtà e che cosa è il popolo – da un punto di vista sia generale, sia anche specificamente cristiano – sia un contributo estremamente importante per la riflessione della Chiesa universale e anche dell’umanità.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana