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Padre Maurizio Patriciello: “Ho visto l’inferno”

Una riflessione del parroco della “Terra dei Fuochi” su Facebook dopo l’incontro con don Fortunato Di Noto e la visita all’associazione Meter da anni impegnata contro la pedofilia

L’inferno fa paura. Dall’inferno ci difendiamo, prendiamo le distanze. Dell’ inferno si parla poco, malvolentieri, a bassa voce, a giorni alterni. Fino a quando qualche aguzzino che questo inferno crea, alimenta, tiene in vita non finisce nelle maglie della rete e viene sbattuto in pagina.

Allora rimaniamo scossi, il volto si arroventa, la rabbia avanza. Il cuore sanguina. Allora, come frastornati, prendiamo atto che questo inferno è in mezzo a noi. Si organizza, opera, agisce. Individua le sue vittime, se ne impossessa le trascina verso abissi spaventosi. Caverne gelide, buie, fetide, stomachevoli che possiamo solamente e lontanamente immaginare.

Le vittime sono piccole, troppo piccole per potersi in qualche modo difendersi. Non ce la fanno, non ce la possono fare, non ce la faranno mai. Hanno pochi anni, a volte, addirittura, pochi giorni. L’ orco vigliacco ne può fare quel che vuole. Quel corpicino è in suo potere. Quella bambina davanti alla quale gli angeli si inchinano scatena la sua libidine. Più piange, si dimena, si lamenta, vomita la piccola vittima tanto più il bruto si eccita, la violenta, incide nella sua carne una sofferenza atroce.

Sono stato ad Avola, in provincia di Siracusa, nella Sicilia orientale. Ad Avola c’è un uomo, un prete, un parroco che in questo inferno si è calato. Senza paura, senza tentennamenti. Da quell’ inferno ha tirato fuori centinaia di vittime innocenti. Ha sentito il puzzo di bruciato, il fetore della corruzione, il pianto dei bambini, il lamento dei neonati. Don Fortunato Di Noto ha deciso di spendere la sua vita per gridare al mondo quanto grande sia il dramma della pedofilia e della pedopornografia. Per dirci che attraverso la rete di cui ci serviamo per scrivere, leggere, informarci, comunicare, navigano scene apocalittiche. Foto e video usciti dall’inferno. Per dirci che, sotto i nostri occhi, accadono a tanti bambini cose inconcepibili. Bambini veri che in qualche parte del mondo vengono sacrificati agli insani piaceri degli adulti.

Sono stato ad Avola. Ci dovevo andare. Era mio dovere. Fortunato ha bisogno di essere sostenuto, aiutato, incoraggiato. «Quando i fratelli ci fanno visita – diceva frere Roger Schutz di Taizé – ci confermano che stiamo operando bene». Sono andato ad Avola per abbracciare questo prete, ringraziarlo per il suo impegno, il suo coraggio, la sua fede, il suo cuore grande quando una montagna. Ma sono andato anche per chiedergli di scendere con lui in quell’ inferno che spaventa e mi spaventa. Avevo paura. Gli ho chiesto di rimanermi accanto mentre, seduti davanti a un computer, lentamente scivolavano le immagini. Sono arrivato a vederne quattro o cinque, non ho resistito di più. Ma sono bastate a togliermi il sonno. A chiedermi che cosa si debba fare per scendere in aiuto di questi piccoli. Avevo letto degli scempi sui neonati, li avrei anche potuti immaginare. Ma vederli è un’altra cosa. Ti immergi nell’inferno, stai male, soffri e dall’inferno vorresti scappare via. Le fiamme bruciano, i fumi asfissianti rubano il respiro. Il cuore batte all’impazzata, la rabbia monta, l’ impotenza di agire ti arrovella.

«È possibile?», ti chiedi. È possibile che un uomo, creato a immagine di Dio, possa stuprare, violentare, rovinare un bambino di pochi anni o di pochi giorni? Trovare piacere mentre una bambina spaventatissima, piange, invoca, chiede aiuto? Possibile che milioni di persone perbene, con i loro silenzi non sempre complici, permettano tutto questo? Don Fortunato è convinto che la prima cosa da fare sia informare. È vero. La conoscenza innanzitutto. Ma non un’ informazione sporadica, distratta, asettica. Occorre portare alla luce le storie di questi bambini prigionieri. Occorre che gli adulti che vogliono farlo, possano vedere con i propri occhi le spietate assurdità compiute dai pedofili su bambini.




Il web è diventato uno dei nemici più crudeli di questi innocenti indifesi. In questo mare navigano, si cercano, si camuffano, si coalizzano i pedofili. Con i bambini stuprati fanno affari milionari. Le loro foto, i loro pianti, le loro grida soffocate vengono venduti, guardati, scambiati come fossero fumetti. A don Fortunato il grazie di tutte le persone perbene. Questo prete siciliano ha acceso una luce in una foresta buia e fitta. Ci ha dato la mappa di un campo minato che miete vittime ogni giorno. Con i suoi meravigliosi collaboratori è diventato pescatore di siti pedopornografici e collaboratore della Polizia postale. I pedofili di tutto il mondo lo odiano. Da essi si deve difendere. Ma noi dobbiamo osare di più. Per amore dei bambini dobbiamo spingerci oltre. Tutti, tutti, tutti dobbiamo ascoltare con le nostre orecchie il pianto disperato dei bambini violentati. Tutti, tutti, tutti, dobbiamo avere la possibilità di vedere con i nostri occhi quelle scene spaventose.

La gente deve sapere per poter inorridire, scandalizzarsi, rabbrividire. Perché il cuore dell’uomo, in grado di spingersi fino al cielo, è anche capace di precipitare negli abissi più profondi. La gente deve scendere nell’ inferno, toccare con mano, sentire il fetore del male, il desiderio del bene. Tutti, tutti, tutti dobbiamo sentirci responsabili. Occorre che di pedofilia, di pedopornografia si parli, si scriva e si discuta sempre di più. Occorre che la società civile, facendo appello alla propria umanità, spinga con forza governi e parlamenti ad essere più attenti, legiferare con più severità, più fermezza, su questo dramma dalle dimensioni immani. Occorre che tutti noi ci facciamo custodi, sentinelle, mamme, papà di tutti i bambini del mondo. Soprattutto di quelli che con più probabilità possono cadere tra gli artigli diabolici dei pedofili, nostri fratelli senza cuore.

 




di Padre Maurizio Patriciello, parroco della Chiesa del Parco Verde a Caivano

 
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