Il giornalista che scrive la notizia, si sbaglia e nel medesimo articolo la racconta più volte. Forse non l’ha fatto apposta. Io credo sia la reazione normale. Si può scrivere una notizia così solo in due modi. Scrivi il titolo e poi: non ho parole. Fine dell’articolo. Oppure ripeti la notizia. Perché non ce la fai a capirla. È unta. Scivolosa. La nostra grammatica interiore non ha parole, e un buon articolo è solo quello che unisce la grammatica esteriore a quella interiore. Ma qui c’è troppa melma, non sai dove afferrare.
Alla fine, quel qualcosa di umano per riuscire a scrivere, lo trovo nei poliziotti. Ci sono persone che lavorano con le mani nello schifo della nostra umanità, rovistano nei nostri cuori neri e non si fermano finché non arrivano al nome. Finché non arrivano al volto e trovano il lato buono di questa notizia. Qual è? Non è una cosa, non è un pensiero, è un chi, è un bambino di 11 anni. Si sta liberando di tutto, dice l’articolo. Ecco come la prendo questa notizia: con le braccia e gli occhi di un bambino. Ci aspetta lui in fondo alla pagina.
La cosa buona di questa notizia sono le persone che hanno liberato il bimbo e che cercheranno di curarne le terribili ferite. Sì, in Italia, a Napoli, non ci sono solo pedofili. Ci sono anche tante persone che hanno competenze, mezzi, cuore ed esperienza per aiutare le famiglie, i bambini, gli adulti, vittime dirette e indirette di quel mostro a cento teste che è la pedofilia. Denunciamo. Parliamo. Andiamo nei centri anti abuso. Confidiamoci. Senza vergogna. Se siamo vittime, non dobbiamo rimanere soli, isolati. Parlare è liberarsi. Affidarsi è salvarsi. Non siamo soli.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlSussidiario.net
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