Un gruppo di estremisti islamici, hanno raggiunto nel posto di lavoro il giovane Ahsaan per percuoterlo gravemente, in quanto la sua famiglia aveva ospitato in casa un’incontro di preghiera. Purtroppo dopo il gravissimo episodio, la famiglia di Ahsaan, a causa delle persecuzioni scatenate contro di loro, è stata costretta a spostarsi in un altro paese. Il Pakistan, rimane tra le nazioni più ostili alle minoranze religiose. I cristiani in terra pakistana, sono appena il 2 per cento. Affrontano con coraggio le ostilità da parte dei fondamentalisti. Le accusa di blasfemia, gli attentati alle Chiese, i rapimenti e le violenze sono all’ordine del giorno. I media ignorano la gravissima condizione dei cristiani in Pakistan. Non sono mancati gli atti intimidatori alle strutture abitative: molti villaggi sono stati dati alle fiamme, le ragazze rapite hanno dovuto contrarre in maniera forzata il matrimonio, così come le conversioni forzate, delineano lo scenario in cui vivono i nostri fratelli di fede. Persino gli avvocati, gli operatori delle ONG, che sostengono le vittime sono presi di mira, subendo attentati. Il giudice Shahbaz Bhatti, dell’ Higt Court Justice Iqbal Bhatti, in Lahore, è stato ucciso per aver difeso le minoranze e denunciato le continue persecuzioni contro i cristiani. Per favore –chiedono i credenti dal Pakistan-, ricordateci per tutti questi motivi nelle preghiere! Per comprendere la
condizione in cui vivono i cristiani in Pakistan, riporto la testimonianza di Shahbaz Bhatti, il ministro pachistano per le Minoranze religiose ucciso da un commando di fondamentalisti islamici. E’
“punito” perché cercava di modificare la Legge sulla blasfemia che in 25 anni di applicazione, è costata la vita a centinaia di cristiani. Il testo è tratto da
“Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza“. “Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune». Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia.
Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri. Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione. Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi». I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna”. di Ornella Felici