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Pakistan: Asia Bibi accusata di blasfemia in carcere malata

Asia Bibi è molto malata. La donna pakistana cattolica, madre di cinque figli, condannata a morte per blasfemia, è da cinque anni in carcere. Da diverso tempo accusa febbre alta e forti emicranie. Per una revisione della sentenza, si stanno moltiplicando le iniziative internazionali, che chiedono anche una modifica della legge sulla blasfemia, diventata in Pakistan un’arma di persecuzione delle minoranze. Tuttavia, le difficoltà in un Paese al 95% islamico sembrano insormontabili. Giancarlo La Vella, per la Radio Vaticana,  ne ha parlato con Mobeen Shahid, docente di Pensiero e religione islamica alla Pontificia Università Lateranense e fondatore dell’Associazione internazionale “Pakistani cristiani in Italia”:

R. – Asia Bibi non sta male solo da ora, ma già da qualche anno, non avendo avuto grandi possibilità di vedere la sua famiglia. Non solo non riesce a vedere i suoi familiari, ha anche paura di essere uccisa da una delle sue compagne di cella. Per questo, fisicamente la donna è molto debole e su di lei influisce negativamente anche il suo isolamento.

D. – E’ importante che il movimento internazionale per la salvezza di Asia Bibi continui a chiedere la scarcerazione della donna?
R. – Sì, ma il fatto triste è che un’Alta Corte confermi una condanna a morte basata su false accuse. Purtroppo, la situazione della persecuzione dei cristiani è un fatto quotidiano.

D. – In Pakistan, c’è molto timore di difendere Asia Bibi anche da parte di chi è convinto della sua innocenza. C’è qualche speranza che la sentenza di condanna a morte venga annullata?
R. – Devo dire che le possibilità che possa essere cancellata sono maggiori. Però, nello stesso momento, non è detto che sia così semplice per i giudici stessi, in quanto la Corte suprema è a Islamabad e proprio a Islamabad si trova il parlamento dove sono presenti i gruppi fondamentalisti religiosi e sono proprio loro che cercano di mantenere l’atteggiamento fanatico a livello popolare. Sarà quindi difficile per il giudice che dovrà trattare il caso guardarsi da questa aggressione dei gruppi religiosi e anche lasciare libera Asia Bibi e farla rimanere in Pakistan, in condizioni di sicurezza. Infatti, è sufficiente l’accusa rivoltale perché qualcuno si senta in diritto di ucciderla. Nessuno andrà a cercare le prove. Uno dei politici e religiosi di Peshawar aveva anche promesso un premio per chi riuscisse a uccidere Asia Bibi, per cui lei ha anche una “fatwa” dichiarata contro di sé nel momento in cui dovesse essere liberata, nel caso in cui ciò dovesse accadere. Non è semplice proteggerla in Pakistan.

D. – In questa situazione, a rischiare la vita non è solo Asia Bibi ma anche quei pochi che la appoggiano, tra cui l’avvocato difensore che ha ricevuto molte minacce. Che clima si respira da questo punto di vista nel Paese?
R. – Tutti i cristiani, ogni giorno, vivono con la paura che qualsiasi amico o qualsiasi vicino li possano accusare di blasfemia e in questa ottica anche il cittadino musulmano del Pakistan più equilibrato, che potesse anche provare a difendere il vicino accusato falsamente di blasfemia, ha paura, in quanto l’atteggiamento generale è quello di non ascoltare nessuno, nel senso che la promozione dell’educazione al rispetto altrui è sostanzialmente ferma. Viceversa, l’educazione al fondamentalismo ha prodotto i mujaheddin e i taleban e l’attuale condizione fanatica sociale. E’ quindi sempre l’educazione che potrà produrre questo cambiamento, scardinando la legge stessa, perché il potere della legge sta nel suo abuso.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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