In Pakistan non sono nuove le notizie che ogni giorno giungono sul rapimento di minori da parte dei musulmani. Episodi simili, sono stati registrati nel 2008, quando, due sorelle, Saba Younas, di 13 anni e Anila di 10. rapite da tre musulmani, sono state costrette a convertirsi all’Islam, la vicenda ha coinvolto, loro malgrado. Secondo il racconto dello zio, Khalid Raheel, i sequestratori avevano presentato un’istanza alla locale Corte distrettuale in cui si affermava che “entrambe le ragazze si sono convertite all’Islam in seguito al matrimonio con due musulmani”. Per l’Islam se una donna sposa un musulmano, per diretta conseguenza abbraccia anche la fede religiosa del marito. L’avvocato di famiglia aveva rigettato la domanda dei tre uomini, sottolineando la “minore età delle sorelle” e, di conseguenza, l’impossibilità di “cambiare fede o procedere a regolari nozze senza l’autorizzazione di un tutore o dei genitori”. Nel corso del dibattimento il giudice ha chiesto di poter vedere le due ragazze, ma i tre musulmani hanno opposto un netto rifiuto. Le ragazze indù e cristiane sono molto ambite dai musulmani, i quali con atti di violenza le strappano al tessuto familiare per trapiantarle nella nuova cultura. Il fenomeno dei sequestri e dei matrimoni forzati assume una valenza sempre più preoccupante, in particolare nella zona meridionale del Punjab e nella parte interna della provincia di Sindh. P. Haroon James, sacerdote e attivista di Lahore, parla di “pratica diffusa nella regione” nei confronti di giovane donne poi ridotte allo stato di “schiavitù”. Le persone sembrano sempre più “prive di speranza” e per questo la Chiesa interviene “chiedendo giustizia per le famiglie”. Episodi simili avvengono all’ordine del giorno e si intensificano nelle zone dove la libertà religiosa è negata. L’ultima storia in ordine cronologico è quella che vede coinvolta una ragazzina minorenne pakistana originaria di Lahore (nel Punjab), per la quale la famiglia è scesa in piazza chiedendo giustizia alle autorità civili. La giovane 16enne Samaria Nadeem (Masih), è stata sequestrata, mentre si stava recando a scuola, e in seguito costretta a sposare un ricco proprietario terriero.
Racconta la giornalista Jibran Khan: Le forze dell’ordine e la magistratura, sebbene interpellate, non sono finora intervenute per restituire la giovane ai genitori. Nel frattempo, accanto ai parenti si è schierata la Chiesa cattolica locale, che condanna la “pratica diffusa” di sequestri di giovani cristiane e indù costrette a sposare musulmani e poi ridotte “in stato di schiavitù”. La famiglia ha subito sporto denuncia alla polizia per il sequestro di persona (Fascicolo 14/14, in base al comma 365 B del Codice penale), riferendo che Samariya è stata prelevata con la forza e costretta a sposare l’uomo. Tuttavia, gli agenti non hanno promosso alcuna azione legale a causa dell’influenza esercitata dal ricco musulmano nella zona. La giovane, sotto shock e con segni di violenze, non è riuscita nemmeno a parlare con gli investigatori. Fonti della polizia, dietro anonimato, confermano però che la ragazza è stata “rapita” e costretta “con la forza” a sposarsi; nella vicenda è coinvolto anche un leader religioso islamico, che ha dichiarato agli agenti che “non è reato sequestrare e convertire non musulmani”. Società civile e attivisti per i diritti umani lanciano appelli al Primo Ministro del Punjab, perché prenda provvedimenti e agisca in modo da restituire Samariya ai propri genitori e assicurare i colpevoli alla giustizia.
Il fenomeno dei sequestri e dei matrimoni forzati assume una valenza sempre più preoccupante, in particolare nella zona meridionale del Punjab e nella parte interna della provincia di Sindh. P. Haroon James, sacerdote e attivista di Lahore, parla di “pratica diffusa nella regione” nei confronti di giovane donne poi ridotte allo stato di “schiavitù”. Le persone sembrano sempre più “prive di speranza” e per questo la Chiesa interviene “chiedendo giustizia per lei e la famiglia”. “Nonostante sia stata fatta una regolare denuncia – conclude il sacerdote – le autorità non hanno mosso un dito per proteggere un soggetto debole”. Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l’islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l’Indonesia. Circa l’80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Le violenze contro le minoranze etniche o religiose si verificano in tutto il territorio nazionale, ma negli ultimi anni si è registrata una vera e propria escalation e che ha investito soprattutto i musulmani sciiti e i cristiani. Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere comunità – come avvenuto a Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore del marzo scorso – o abusi contro singoli individui, spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia. di Ornella Felici