Tutte le famiglie cristiane di un villaggio del distretto di Sahiwal, provincia del Punjab, in Pakistan, sono state costrette ad abbandonare le proprie case e a fuggire. Un episodio persecutorio che è conseguenza di un legame contrastato tra un cristiano e una giovane musulmana, del tutto volontario e per la legge civile regolare.
La coppia vive nel distretto di Khanewal, lontano dal piccolo centro dove risiedono alcuni parenti dello sposo e dove l’uomo aveva incontrato la futura moglie. Tuttavia, quando si è diffusa la notizia del matrimonio tra Shahab Masih e la ventenne Rukhsana Kausar, i musulmani locali hanno intimato alla piccola comunità locale di battezzati di restituire la sposa e il padre della ragazza ha denunciato alla polizia Shahab e due suoi congiunti per il rapimento della figlia.
L’atteggiamento ostile dei vicini ha alla fine costretto le nove famiglie cristiane residenti, 25 persone in tutto, a cercare rifugio altrove.
È il caso è il terzo del genere in poche settimane nel Punjab, con i precedenti che si sono verificati nei distretti di Sargodha e Narowal. Una casistica che solleva nuova preoccupazione tra i cristiani che ancora una volta non riescono a ottenere giustizia. Non ha avuto alcun risultato la denuncia avanzata a loro volta dai cristiani per le minacce che li hanno costretti ad abbandonare case e attività, nonostante il sostegno di gruppi locali per i diritti delle minoranze. La polizia ha ammesso di non volere procedere con indagini che potrebbero portare a ulteriori tensioni.
Trattamento diverso hanno abitualmente i casi di uomini musulmani che rapiscono donne cristiane e di altre minoranze per costringerle al matrimonio dopo la conversione forzata. Questi eventi, segnalati a centinaia ogni anno, vengono abitualmente legalizzati da giuristi islamici, con la proibizione per le famiglie d’origine di avvicinarsi alla figlia ormai parte della famiglia del marito, e non perseguiti per legge.
Una delle molte facce della discriminazione e dell’intimidazione che colpiscono le sparse comunità di battezzati nel Paese, spesso usando lo strumento della “legge antiblasfemia”.
È attesa nei prossimi giorni, dopo un primo rinvio, l’incriminazione del proprietario della fornace di mattoni e di altre tre persone accusati di essere istigatori dell’aggressione che ha portato al linciaggio e al rogo di una giovane coppia cristiana il 4 novembre dopo che la donna era stata accusata di avere bruciato pagine del Corano. Sono una cinquantina i fermati per lo stesso incidente e centinaia i ricercati in un caso che nel Paese ha sollevato una inusuale attenzione mediatica.
Di Stefano Vecchia per Avvenire