Contare di nuovo “sulla propria dignità” è una “benedizione” di Gesù Cristo in questo “periodo di Pasqua”, che si è concretizzata “attraverso AsiaNews che ha portato alla luce il mio caso” e le persone che “mi hanno sostenuto a livello finanziario e morale”. “Prego che quanti, come me, sono stati vittime di false accuse di blasfemia nel Paese siano sostenuti da persone simili ai filantropi che mi hanno aiutato. Oggi possono guadagnarmi da vivere e sostenere la mia famiglia”. È quanto racconta il 20enne cristiano Philips Masih, originario di Daudnagar (Faisalabad, nel Punjab), incriminato lo scorso anno in base alla “legge nera” e che oggi, a distanza di tempo, può festeggiare l’inaugurazione del suo nuovo negozio di componenti elettrici. Un traguardo raggiunto grazie all’assistenza di un benefattore, un “uomo di Dio” straniero che intende restare anonimo, attraverso l’associazione umanitaria “Dignity First”. Il fatto risale al 13 aprile 2013 ed è avvenuto nell’area di Daudnagar, teatro nel luglio 2010 di un gravissimo episodio di violenze anti-cristiane (due pastori protestanti – Rashid Emmanuel e Sajid Emmanuel – a processo per blasfemia, sono stati assassinati all’esterno del tribunale da un commando islamista). In questo caso, invece, la vittima è stata incriminata con false accuse da un vicino musulmano (Muhammad Jameel), per aver rimosso una locandina dalle mura di casa, sulla quale era impresso l’invito a una conferenza di esperti islamici. Nel corso dell’inchiesta sono inoltre emersi precedenti dissapori di natura economica fra Philips Masih e Muhammad Jameel, che spiegano il pretesto della blasfemia utilizzato per colpire il giovane cristiano. Tuttavia, la testimonianza di alcuni abitanti e l’intervento decisivo di leader religiosi islamici – fra cui Muhammad Rehan, membro del Comitato per il dialogo interreligioso e il muftì Muhammad Zia Madni – hanno portato al decadimento di ogni accusa. In seguito alla vicenda, per motivi di sicurezza Philips e la famiglia hanno dovuto abbandonare la zona e restare in un luogo sicuro per oltre tre mesi. Nel frattempo, l’attività commerciale del giovane cristiano è fallita ed egli è rimasto senza lavoro.
L’agenzia AsiaNews ha raccontato la vicenda del giovane cristiano, che ha catturato l’attenzione di un benefattore all’estero il quale ha voluto assisterlo con l’ausilio “sul campo” di un’associazione pro-diritti umani. L’uomo, che oggi segue e sostiene altre sei persone con vicende analoghe, ha inviato per sei volte contributi sotto forma di cibo e generi alimentari; decisivo anche il contributo finanziario, che ha permesso a Philips di riaprire la sua attività commerciale, inaugurata con una festa lo scorso 27 aprile e un investimento economico di 2mila dollari. Saira Liaquat, madre del giovane, sottolinea la grande “fede in Gesù Cristo” e chiede una benedizione speciale “per AsiaNews e il benefattore” che ha permesso la riapertura dell’attività del figlio. Gulnaz Yousaf, presidentessa di Dignity First, commenta: “È magnifico vedere una vittima dell’odio religioso, riprendere la propria attività commerciale grazie al contributo di uomini generosi”. La donna non manca di sferrare una critica al governo di Islamabad, incapace di contenere i fattori che fomentano lo scontro interconfessionale e dare “mano libera” agli estremisti. di Shafique Khokhar