Tra i vari laboratori evidenziamo “alla ricerca di Pezzettino”, una fiaba che verrà narrata ai piccoli dove il protagonista è un quadratino colorato di nome Pezzettino e dove i personaggi sono composti da tutti i gai colori dell’arcobaleno. La scheda del libro presenta tutti i geni del perfetto corredo cromosomico della teoria del gender: “Alla fine del suo cammino Pezzettino arriva a comprendere che lui è così come si vede, che certamente dovrà crescere, ma che è bello essere anche come si è in questo momento. […] Il racconto si conclude, infatti, con un liberatorio: ‘Io sono me stesso!’. Questo albo illustrato è un libro che comincia a far capire al bambino che la risorsa più grande dell’uomo è proprio quella di essere uno diverso dall’altro”.
Uno etero, l’atro omosessuale, quell’altro bisessuale, un altro ancora transessuale. L’identità dell’uomo – è proprio il caso di dirlo – è stata fatta a pezzettini (tutti colorati però).La mossa dei gay siculi è manifesta in quanto a scopi: è più facile vergare la superficie immacolata della mente e dell’anima dei bambini con i segni distintivi dell’ideologia del genere piuttosto che incidere a duri colpi di scalpello le personalità già formate dei loro genitori. Ma al di là di questo ciò che colpisce è il tono tragicamente farsesco che assume la neonata – in tutti sensi – iniziativa “Palermo Pride Bimbi”. Quale orgoglio (pride) hanno da sbandierare gli infanti? Quale vessillo color arcobaleno dovrebbero sventolare sopra le loro testoline? Oppure non è vero proprio l’opposto: che si usino i bambini in modo strumentale per diffondere il dogma omosessuale? Come impedire poi che nell’immaginazione del normo-etero sig. Rossi non si sovrappongano le scene del Gay Pride – tutte paillettes, nudità e baci omoerotici – a quella che vede un bimbetto seduto all’asilo ad ascoltare una fiaba con il ciucio in bocca? Non si percepisce a pelle che, come minimo, c’è qualcosa che stona? Che c’è una sorta di violenza psicologica a danno dei pupi?
Il “Palermo Pride Bimbi” in fin dei conti non fa che inventare variazioni sul tema dettato dall’Unar quando pubblicò i famigerati libercoli “Educare alla diversità” e dall’ONU sezione Europea quando redasse l’altrettanto famigerato “Standard per l’educazione sessuale in Europa”. Unire alle solite pappette dosi massicce di veleno omo-patico. Far succhiare agli infanti il latte della mamma chiamata Diversità. Nascondere tra le Barbie infermiera e la Barbie pattinatrice anche la Barbie-operata. Far balbettare agli infanti non solo i nostalgici ed usuali bisillabi “papà” e “mamma”, ma anche il più recente e facile monosillabo “gay”. Il percorso di iniziazione all’orrore è diventato un gioco da bambini. di Tommaso Scandroglio
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onestamente non so se essere daccordo o meno, tuttavia mi ha colpito una frase dell'articolo: Oppure non è vero proprio l’opposto: che si usino i bambini in modo strumentale per diffondere il dogma omosessuale. Si potrebbe dire lo stesso della chiesa, che usa il battesimo per diffondere il proprio dogma. certo che comunque l'articolo pone spunti per riflettere e spunti per omofobi.