R. – Lo scopo fondamentale, certamente è la visita, la preghiera davanti alla Sindone, che richiama quel mistero della Passione e morte del Signore, nella sua crudezza, ma anche nella sua speranza: l’amore più grande che viene donato al mondo attraverso il sacrificio di Cristo.
D. – Sul telo sindonico è impresso il volto di Cristo. Quali volti ‘imprimono’ la città di Torino?
R. – Sono certamente volti di povertà. Le povertà sono crescenti. Il ceto medio, praticamente, sta scivolando verso forme di povertà, che una volta erano tipiche solo di una certa parte della città. Noi abbiamo i nostri centri di ascolto Caritas che sono subissati di richieste e anche di pacchi spesa, che ricordano gli anni ’50. C’è, quindi, una situazione difficile. C’è anche, però, tanta voglia di reagire. C’è tanta gente che si impegna sia per loro, per queste persone, ma anche per dare un futuro, una speranza a questa città, dal punto di vista del lavoro e anche dal punto di vista del welfare. Un welfare, però, che non sia solo di sussistenza, ma di accompagnamento, per far in modo che poi, di fatto, chi si trova in difficoltà diventi a sua volta protagonista del suo cammino di rinascita e di cambiamento. Ci sono volti di persone serene e cariche di fiducia, di speranza, che portano agli altri questa speranza.
D. – Per molti di questi volti il Vangelo e la visita di Papa Francesco possono portare ad un autentico cambio di orizzonte…
R. – Certamente un cambio molto forte, un’iniezione di speranza, un’iniezione di vita, un’iniezione di impegno concreto anche da parte di tutti: sia di quelli che si offrono nel volontariato, e con grande generosità, ma anche di quelli che sono soggetti a queste povertà, che non devono sentirsi oggetto di cura e quindi adagiarsi, ma devono, invece, reagire. Vanno aiutati, ma devono reagire, reagire con forza, e trovare il modo per dare alla propria vita un’impronta nuova. Io penso che la Sindone sia un grande segno di speranza, perché giustamente Papa Francesco ha detto che il volto sindonico ci guarda. Quel volto ti guarda, e ti guarda per dire: ‘Quale amore ti ho dato e come ho saputo vincere il male con il bene; come ho saputo sconfiggere la violenza, le difficoltà, credendo fermamente, con fiducia, nel Padre e nella forza dell’amore’. Quindi il messaggio è veramente forte. Infatti, vedo che i tantissimi che vengono, anche di altre religioni, restano veramente commossi. E molti pellegrini, tra l’altro, vanno subito a confessarsi, quasi a volere in qualche modo rinnovare profondamente anche la propria vita.
D. – La Sindone cambia Torino, i torinesi, ma anche tante persone che vengono nel capoluogo piemontese…
R. – Ma certo, c’è un’attenzione particolare sia dell’Italia, delle diocesi italiane, dei gruppi italiani ed esteri, ma anche dei musulmani, di altre religioni, dei non credenti. E’ un afflusso continuo di gente, che poi quando arriva davanti alla Sindone, nel silenzio, nella preghiera che accompagna questo momento, vive una commozione intensissima. Io credo che tanta gente si commuova. Non si tratta solo di emozione, è qualcosa che penetra veramente nel cuore. E’ un messaggio, infatti, che sappiamo è il centro del Vangelo, l’amore più grande che ci ha dato Gesù Cristo: la sua passione, la sua morte che, però, è preludio della Resurrezione. Quindi, c’è la gioia di poter raggiungere come lui la pienezza della vita e di risorgere ad una vita nuova.
D. – Il Santo Padre chiede sempre di pregare per lui. Cosa chiede la diocesi di Torino al Papa?
R. – Chiediamo di mantenere questo affetto profondo che ha con la terra piemontese. Le sue radici sono qui e lui lo ha sempre manifestato e lo ha dimostrato in tanti modi. Questa visita vuole confermare questo particolare affetto. Nello stesso tempo, però, Torino deve essere in grado di dare al Papa una risposta positiva, soprattutto accogliendo fino in fondo – come abbiamo cercato di fare in questi mesi – e vivendo lo spirito nuovo dell’”Evangelii Gaudium”. Abbiamo cercato di mettere al centro della preparazione questo riferimento alla sua lettera apostolica, che ha entusiasmato e anche reso molto più pregnante e forte la nostra pastorale.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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