Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi “che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame” il Vangelo ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbandonati. Sono le parole del Papa, ieri all’Angelus, in cui il Pontefice ha rivolto un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa affinché si accolga “una famiglia di profughi”.
Un intervento “coraggioso” che “non rimarrà inascoltato”, secondo l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Le parole del Papa “incoraggiano la comunità cristiana di Roma a perseverare nel percorrere con generosità la strada dell’accoglienza e dell’ospitalità”, ha sottolineato il cardinale vicario Agostino Vallini. Ancora un “maggiore coinvolgimento di tutte le parrocchie” ha assicurato l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori. “Una buona idea, umile, realistica e molto confortante”, ha commentato in un tweet il cardinale Philippe Barbarin. arcivescovo di Lione, aggiungendo che “una famiglia in ogni parrocchia si può”. Un’esortazione a riflettere e agire, secondo Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio che in questi giorni a Tirana sta tenendo l’Incontro Internazionale delle religioni per la pace. L’intervista è della nostra inviata Francesca Sabatinelli:
R. – L’Europa si deve ripensare, aprendosi ai rifugiati. Non sono così tanti, non è una invasione. E’ una realtà di cui noi abbiamo bisogno e che viene ad arricchire la nostra stessa realtà. Non abbiamo fatto mai un ragionamento su questo: abbiamo considerato sempre l’immigrazione e i rifugiati un’emergenza che “in due mesi passa”. Non c’è stata una preparazione in tal senso. Penso che ora bisogna fare veramente un ragionamento sul lungo periodo. E’ una grande occasione per ridire che cos’è l’Europa: un Continente che non vive e non può vivere per se stesso, che sta invecchiando nella paura. Abbiamo dato troppo spazio ai populismi e poco spazio alle voci vere, che sono quelle della gente. E quando la gente ha sentito la voce di Papa Francesco o ha visto l’orientamento della cancelliera Merkel allora si è mossa. La gente ha bisogno di incoraggiamento e noi parliamo per questo. Secondo me c’è un’anima buona, accogliente, quando la gente vede i bambini. Noi europei siamo così, ma non possiamo nasconderci dietro ai muri.
D. – Professor Riccardi, qual è la proposta della Comunità di Sant’Egidio, anche sulla scia delle parole del Papa all’Angelus, con cui ha invitato le parrocchie, le diocesi ad aprire le porte alle famiglie di profughi?
R. – Qui la domanda è: “Cosa abbiamo fatto”? Non molto! In questo senso ha ragione anche il cardinale Schönborn: gli episcopati europei sono andati un po’ per conto loro e direi che, in questo senso, il Papa ci richiama a una linea coerente; lui dice: “in tutte le parrocchie”. E’ un invito a tutta la Chiesa cattolica ed è un invito ai cristiani. Io credo che, a questo punto, dobbiamo fare i conti con noi stessi. E’ l’occasione per ripensare quello che significa Europa: cosa significa Europa rispetto al mondo e rispetto al Mediterraneo? Noi abbiamo proposto l’uso dello strumento della “sponsorship” e cioè che una famiglia italiana e una famiglia europea possa accogliere una famiglia siriana, una famiglia di rifugiati che è già arrivata in Europa ed evitare il terribile passaggio attraverso il Mediterraneo o la strada ardua dei Balcani. La “sponsorship” c’era e non si è capito perché sia poi scomparsa. Noi abbiamo seminato lungo le nostre frontiere ‘cavalletti di frisia’ e poi dopo piangiamo sul bambino curdo ritrovato morto su una spiaggia turca. Ma quel bambino curdo, quella vita poteva essere salvata se ci fosse stato lo strumento della “sponsorship”.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)