La visita di oggi è avvenuta quasi di nascosto perché, come aveva detto nel viaggio da Baku a Roma, voleva essere lì “da solo, come sacerdote, come vescovo e come Papa. Da solo”.
L’argomento della catechesi soppressa il 24 agosto 2016 era “la vicinanza di Gesù” e davvero poteva sembrare una amara coincidenza. Gesù dov’era quando la morte inghiottiva tutti e tutto? Il fatto che il Papa vada oggi ha il merito di provare a colmare almeno un po’ il buco di quella domanda e di riportare il terremoto nelle prime pagine dei Tg e delle nostre coscienze. Per non dimenticare, per fare. Perché non c’è nulla di spirituale che per un uomo non sia anche materiale, corporeo, di carne.
Non c’è preghiera per quanto accorata che non abbia bisogno di mani. Non c’è esortazione per quanto sentita che non abbia bisogno di gambe. Non c’è fraternità per quanto elevata e celebrata che non abbia bisogno di vicinanza.
Speriamo che qualcuno spieghi al Papa che in questo momento ad Amatrice e nelle zone del terremoto lo Stato sta assolutamente distruggendo la società civile. Non nel senso che altre case cadono ma nel senso che per una persona qualsiasi è assolutamente impossibile aiutare anche solo mandando soldi e denaro: ogni iniziativa è bloccata. Tutto deve essere organizzato e incorsettato.
So di gente buonissima e con buonissima volontà che si è beccata delle denunce solo perché vuole aiutare. Tutto deve passare da Errani, non c’è spillo che che riesca a superare l’organizzazione. E quando è così c’è qualcosa che non va perché la società civile – la normale solidarietà tra gente comune – è qualcosa che precede e sostiene lo Stato. Se io vedo per strada una persona stesa per terra devo potermi avvicinare a chiedere come sta e a prestare i primi soccorsi. Se l’unica cosa che posso fare è attendere un’ambulanza significa che siamo entrati nel tracollo.
Qualcuno, ad Amatrice, lo spieghi oggi al Papa. Che l’ordine e l’organizzazione vanno bene, ma che non si impedisca alla gente di aiutare come chiunque farebbe col proprio vicino.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost
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