Come di consueto, il Papa si è intrattenuto con i giornalisti del seguito durante il volo di ritorno a Roma, a conclusione del suo viaggio in Africa. Ecco il testo delle parole di Papa Francesco
Se l’umanità non cambia i bambini continueranno a morire di fame
Rispondendo alla prima domanda di un giornalista keniano sull’incontro con i più poveri durante il suo viaggio, il Papa ha ricordato di aver parlato varie volte fortemente su questo argomento: “Nel primo incontro dei Movimenti popolari, in Vaticano, nel secondo incontro dei Movimenti popolari a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia”, nella “Evangelii Gaudium” e poi ancora nella “Laudato si’”. Ho sentito dire – ha affermato – che “l’80 per cento della ricchezza del mondo è nelle mani del 17 per cento della popolazione”. “E’ un sistema economico dove al centro c’è il denaro, il dio denaro. Io ricordo una volta che ho trovato un grande ambasciatore, parlava francese, lui. E mi ha detto questa frase – non era cattolico – e mi ha detto: ‘Nous sommes tombés dans l’idolatrie de l’argent’. E se le cose continuano così, il mondo continuerà così. Lei mi domandava cosa ho provato ascoltando le testimonianze dei giovani e a Kangemi, e io ho parlato anche chiaro di diritti … Ho sentito dolore. E io penso come la gente non se ne accorge … Un grande dolore. Ieri per esempio, sono andato all’ospedale infantile: l’unico pediatrico di Bangui o del Paese! E in terapia intensiva non hanno gli strumenti per l’ossigeno. C’erano tanti bambini malnutriti: tanti. Lì. E la dottoressa mi ha detto: ‘Ma, questi, nella maggioranza moriranno perché hanno la malaria, forte, e sono malnutriti’. Il Signore – ma non voglio fare un’omelia, eh? – ma il Signore rimproverava sempre il popolo, il popolo d’Israele, ma è parola che noi accettiamo e adoriamo, perché è Parola di Dio, l’idolatria. E l’idolatria è quando un uomo o una donna perdono la carta d’identità di essere figlio di Dio e preferisce cercarsi un dio a propria misura. Questo è il principio. Di lì, se l’umanità non cambia, continueranno le miserie, le tragedie, le guerre, i bambini che muoiono di fame, l’ingiustizia … Cosa pensa questa percentuale che ha in mano l’80 per cento della ricchezza del mondo? E questo non è comunismo, eh?, questa è verità. E la verità, eh?, non è facile vederla. Io la ringrazio di aver fatto questa domanda, perché è la vita …”.
L’Africa ci sorprende!
Un altro giornalista del Kenya ha chiesto quale sia stato per il Papa il momento più memorabile in questo viaggio in Africa e se tornerà presto in questo Continente e quale sarà la sua prossima meta.
“Se le cose vanno bene – ha risposto il Papa – credo che il prossimo viaggio sarà in Messico. Ancora le date non sono precise. Secondo: tornerò in Africa? Ma, non so: io sono anziano … I viaggi sono pesanti …”. E ha proseguito: “Quella folla, quella gioia, quella capacità di festeggiare, di far festa con lo stomaco vuoto … Ma per me l’Africa è stata una sorpresa. Io ho pensato: ‘Dio ci sorprende, ma anche l’Africa ci sorprende!’. E … tanti momenti! Ma, la folla: la folla! Si sentono visitati. Hanno un senso dell’accoglienza molto grande. Io ho visto, nelle tre Nazioni, che avevano questo senso dell’accoglienza, perché erano felici di sentirsi visitati. Poi, ogni Paese ha la sua identità. Il Kenya è un po’ più moderno, sviluppato; l’Uganda ha l’identità dei martiri: il popolo ugandese, sia cattolico che anglicano, venera i martiri. Io sono stato nei due santuari, quello anglicano, prima, poi quello cattolico; e la memoria dei martiri è la sua carta di identità. Il coraggio di dare la vita per un ideale. E la Repubblica Centrafricana ha la voglia di pace, di riconciliazione, di perdono … Loro normalmente hanno vissuto fino a quattro anni fa, cattolici, protestanti, islamici, come fratelli; ieri sono andato dagli evangelici che lavorano tanto bene e poi sono venuto a Messa, la sera; oggi sono andato in moschea, ho pregato in moschea, anche l’imam è salito sulla papamobile per fare il giro nel piccolo stadio … piccoli gesti che faccio … è quello che vogliono”, “vogliono la pace”, “cercano la pace, tra loro, la riconciliazione: niente odio”.
Stampa sia libera ma professionale nel denunciare la corruzione
Rispondendo ad una domanda su Vatileaks e sull’importanza della stampa libera e laica nello sradicamento della questa corruzione, Papa Francesco ha detto: “La stampa libera, laica e anche confessionale, ma professionale, dirò, eh? Perché la professionalità della stampa può essere laica o confessionale: l’importante è che siano professionisti, davvero; che le notizie non vengano manipolate! Questo per me è importante, perché la denuncia delle ingiustizie, delle corruzioni, è un bel lavoro: ‘Lì c’è corruzione!’. E poi, il responsabile deve fare qualcosa, esprimere un giudizio … Ma la stampa professionale deve dire tutto, senza cadere nei tre peccati più comuni: la disinformazione – dire la metà e non dire l’altra metà -, la calunnia – la stampa non professionale, quando non c’è professionalità, sporca l’altro con verità o senza verità – e la diffamazione, che è dire cose che tolgono la fama di una persona con cose che in questo momento non fanno male a niente, forse cose del passato … E questi sono i tre difetti che attentano alla professionalità della stampa. Ma abbiamo bisogno di professionalità, il giusto: la cosa è così, la cosa è così, la cosa è così. E sulla corruzione, vedere bene i dati e dirli, sì: c’è corruzione qui, per questo, per questo, per questo … Poi, un giornalista che sia un professionista vero, se sbaglia chiede scusa: eh, credevo, ma poi mi sono accorto di no; e così le cose vanno benissimo. Eh, è molto importante!”.
Un errore le nomine di mons. Balda e Chaouqui
L’inviata di Tv2000, ha chiesto al Papa se sia stato un errore la nomina di mons. Vallejo Balda e della Chaoqui alla Cosea.
“Io credo che sia stato fatto un errore – ha risposto il Papa – Mons. Vallejo Balda è entrato per la carica che aveva e che l’ha avuta fino adesso. Lui era segretario della Prefettura degli Affari economici: lui è entrato. E poi, come è entrata lei, non sono sicuro ma credo di non sbagliare se dico – ma non sono sicuro – che sia stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali. E così hanno lavorato; quando è finito il lavoro i membri di quella commissione che si chiamava Cosea sono rimasti in alcuni posti, in Vaticano. Vallejo Balda, lo stesso. E la signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano perché è entrata per la Commissione e poi non è rimasta. Alcuni dicono che si è arrabbiata di questo, ma i giudici ci diranno la verità sulle intenzioni, come l’hanno fatto … Per me non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno perché propriamente hanno fatto vedere il lavoro che si è incominciato con la Commissione di Cardinali – il C9 – di cercare la corruzione e cose che non vanno. E qui voglio dire una cosa: niente Vallejo Balda e Chaouqui ma tutti, tutto. E poi torno, se lei vuole. La parola “corruzione” – l’ha detto uno dei due kenyani – tredici giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II, in quella Via Crucis, l’allora cardinale Ratzinger che guidava la Via Crucis, ha parlato delle “sporcizie della Chiesa”: ma lui ha denunciato quello! Il primo! Poi muore nell’ottava di Pasqua – questo è il Venerdì Santo – muore Papa Giovanni Paolo, è diventato Papa. Ma nella Messa “pro eligendo pontifice” – lui era decano – lui ha parlato dello stesso, e noi lo abbiamo eletto per questa libertà di dire le cose. E’ da quel tempo che c’è nell’aria del Vaticano che lì c’è corruzione: c’è corruzione. Su questo giudizio, io ho dato ai giudici le accuse concrete: perché quello che importa, per la difesa, è la formulazione delle accuse. Io non le ho lette, le accuse concrete, tecniche; io avrei voluto che questo finisse prima dell’8 dicembre, per l’Anno della Misericordia. Ma credo che non si potrà fare, perché io vorrei che tutti gli avvocati che difendono abbiano il tempo per difendere, che ci sia la libertà di difesa, tutta, no? E’ così. E come sono scelti, è tutta la storia. Ma la corruzione viene da lontano …”.
“Ma Lei cosa come intende procedere – ha replicato la giornalista – perché questi episodi possano non più verificarsi?”. “Ma io – ha risposto il Papa – ringrazio Dio che non ci sia Lucrezia Borgia! [ridono] Ma, non so, continuare con i cardinali, con la commissione a pulire. Eh? Grazie”.
Il fondamentalismo è una malattia che c’è in tutte le religioni
La responsabile della televisione cattolica francese Kto ha parlato del fondamentalismo religioso che minaccia il pianeta intero. Ha chiesto al Papa se di fronte a questo pericolo pensi che i dignitari religiosi debbano intervenire di più in campo politico.
“Se vuol dire fare politica no – ha risposto il Papa – Faccia il prete, il pastore, l’imam, il rabbino: questa è la sua vocazione. Ma si fa una politica indiretta, con la predica dei valori, dei valori veri, e uno dei valori più grandi è la fratellanza tra noi. Siamo tutti figli di Dio, abbiamo lo stesso Padre. E in questo senso, si deve fare una politica di unità, di riconciliazione … una parola che non mi piace, ma devo usarla: di ‘tolleranza’; ma non solo tolleranza: convivenza, amicizia! E’ così. Il fondamentalismo è una malattia che c’è in tutte le religioni. Noi cattolici ne abbiamo alcuni: non alcuni, tanti, eh?, che si credono con la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri con la calunnia, con la diffamazione e fanno male: fanno male. E questo lo dico perché è la mia Chiesa: anche noi, tutti! E si deve combattere. Il fondamentalismo religioso non è religioso. Perché? Perché manca Dio. E’ idolatrico, come è idolatrico il denaro. Fare politica nel senso di convincere questa gente che ha questa tendenza, è una politica che dobbiamo fare noi leader religiosi. Ma il fondamentalismo che finisce sempre in una tragedia o in reati, è una cosa cattiva ma viene in tutte le religioni un pezzetto”
Si parla dei profilattici contro l’aids e non si vedono le grandi ingiustizie
Un giornalista ha fatto una domanda sull’aids che sta devastando l’Africa. “Noi sappiamo – ha detto – che la prevenzione è fondamentale. Sappiamo anche che il profilattico non è l’unico mezzo per fermare l’epidemia. Sappiamo che però è una parte importante della risposta. Non è forse tempo di alleggerire le posizioni della Chiesa a questo proposito? Di consentire l’uso del profilattico al fine di prevenire ulteriori contagi?”.
“La domanda – ha risposto Papa Francesco – mi sembra troppo piccola e mi sembra anche una domanda parziale. Si, è uno dei metodi” – ha proseguito – e la morale della Chiesa si trova in questo punto – ha detto – “davanti a una perplessità. E’ il quinto o è il sesto comandamento? Difendere la vita o che il rapporto sessuale sia aperto alla vita? Ma questo non è il problema. Il problema è più grande. Questa domanda mi fa pensare a quella che hanno fatto a Gesù, una volta: ‘Dimmi, Maestro, è lecito guarire di sabato?’. E’ obbligatorio guarire! Questa domanda se è lecito guarire così … ma la malnutrizione, lo sfruttamento delle persone, il lavoro schiavo, la mancanza di acqua potabile: quelli sono i problemi. Non parliamo se si può usare tale cerotto o tale altro per una piccola ferita. La grande ferita è l’ingiustizia sociale, l’ingiustizia dell’ambiente, l’ingiustizia che ho detto, dello sfruttamento e la malnutrizione. Quello è. A me non piace scendere a riflessioni così casistiche, quando la gente muore per mancanza di acqua e di fame, di habitat … Quando tutti saranno guariti o quando non ci saranno queste malattie tragiche che causa l’uomo, sia per ingiustizia sociale, sia per guadagnare più soldi: pensa al traffico delle armi; quando non ci saranno questi problemi, credo che si potrà fare una domanda: ‘E’ lecito guarire di sabato?’. Perché si continuano a fabbricare armi e trafficare le armi? Le guerre sono il motivo di mortalità più grande … Io direi di non pensare se è lecito o non è lecito guarire il sabato; io dirò all’umanità: fate giustizia, e quando tutti saranno guariti, quando non ci sarà ingiustizia in questo mondo, possiamo parlare del sabato”.
La guerra è un affare
Un giornalista della “Repubblica” ha fatto una domanda sulla crisi tra Russia e Turchia e su quale sia la posizione del Vaticano. E poi ha chiesto se abbia pensato di andare per i 101 anni dell’anniversario degli eventi in Armenia, che ci saranno in aprile, il prossimo anno, così come aveva fatto lo scorso anno in Turchia …
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“L’anno scorso – ha risposto il Papa – io ho promesso ai tre Patriarchi di andare: la promessa c’è. Non so se si potrà fare, questo, ma la promessa c’è. Poi, le guerre: le guerre vengono per ambizione, le guerre – parlo delle guerre non per difendersi giustamente da un aggressore ingiusto – ma le guerre: le guerre sono una industria! Nella storia abbiamo visto tante volte che un Paese, il bilancio non va bene: ‘Ma, facciamo una guerra’, e finisce lo sbilancio. La guerra è un affare: un affare di armi. I terroristi, loro fanno le armi? Sì forse una piccolina. Chi dà loro per fare la guerra? C’è lì tutta una rete di interessi … dove ci sono i soldi, dietro, o il potere. Il potere imperiale o il potere congiunturale … Ma noi, da anni stiamo in guerra e ogni volta di più: i pezzi sono meno pezzi e più grandi, no? Cosa penso io? Ma, il Vaticano non so cosa pensa, ma cosa penso io? Che le guerre sono un peccato e sono contro l’umanità, distruggono l’umanità, sono la causa di sfruttamenti, di traffico di persone, ma tante cose … Si deve fermare. Alle Nazioni Unite, due volte ho detto questa parola, sia qui in Kenya che a New York: ‘Che il vostro lavoro non sia un nominalismo dichiarazionista, che sia effettivo: che si faccia la pace!’. Fanno tante cose: qui in Africa ho visto come lavorano i caschi blu … Ma questo non è sufficiente. Le guerre non sono di Dio. Dio è il Dio della pace. Dio ha fatto il mondo, ha fatto tutto bello, tutto bello e poi, secondo il racconto biblico, un fratello ammazza un altro: la prima guerra. La prima guerra mondiale: tra fratelli.
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di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana foto: Reuters
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