Categorie: Sancta Sedes

Papa Francesco a La Nación: Faccio ciò che devo fare. Le resistenze? È bene che emergano

Dio è buono con me, mi dà una sana dose d’incoscienza. Sto facendo quello che devo fare». Papa Francesco ha concesso una lunga intervista ad Elisabetta Piqué, corrispondente da Roma del quotidiano «La Nación» e autrice del libro «Francesco, vita e rivoluzione». Per 50 minuti, nel suo appartamento a Santa Marta, Bergoglio ha risposto a molte domande. Ecco una sintesi dei contenuti.

Il Sinodo sulla famiglia
«Il processo sinodale non è un processo parlamentare, ma uno spazio protetto perché lo Spirito Santo lavori. E necessita di due qualità chiare: coraggio per parlare e umiltà per ascoltare. Questo è avvenuto molto bene». È vero che «ci sono» posizioni diverse, «ma in un piano di ricerca della verità». «Lei mi può domandare: “Ci sono però alcuni che sono molto ostinati nelle loro posizioni?”. Sì, qualcuno ci sarà. Ma questo non mi preoccupa, bisogna pregare perché lo Spirito li converta, se ci sono stati alcuni di questi casi. Quello che si è avvertito è stata una ricerca fraterna di come affrontare i problemi pastorali della famiglia». I giovani, ha ricordato Francesco, «non si sposano». E poi «quando vengono per sposarsi, mentre già convivono, crediamo che con tre conferenze li prepariamo per il matrimonio. Ma questo non basta perché per la grande maggioranza non sono coscienti di ciò che significa impegnarsi per tutta la vita. Benedetto XVI lo ha ripetuto due volte negli ultimi anni, che bisogna tenere in conto per la nullità matrimoniale la fede che aveva la persona al momento del matrimonio…». Francesco ha quindi raccontato di una coppia di conviventi che qualche giorno fa gli hanno dato la notizia che si sarebbero sposati e alla domanda se si stavano preparando bene hanno parlato solo del vestito, della chiesa, della festa, delle bomboniere. «Con questo voglio dire che per molte persone, sposarsi è un fatto sociale. E l’aspetto religioso non emerge. Come la Chiesa aiuta in questa circostanza? Se non sono preparati, chiude le porte? È un problema serio…»

I riferimenti ai gay e la relazione intermedia del Sinodo
«Il Sinodo è stato un processo e così come l’opinione di un padre sinodale, era di un padre sinodale, la prima bozza era una prima bozza, dove si raccoglieva tutto. Nessuno ha parlato di matrimonio omosessuale nel Sinodo. Quello di cui abbiamo parlato è come una famiglia che ha un figlio o una figlia omosessuale, come lo educa, come lo cresce, come si aiuta questa famiglia ad andare avanti in questa situazione un po’ inedita. Dunque al Sinodo si è parlato della famiglia e delle persone omosessuali in relazione alle loro famiglie, perché è una realtà che incontriamo nei confessionali».

Cambia la «dottrina tradizionale»?
«Sempre ci sono timori, però perché non leggono le cose, o leggono una notizia in un giornale, un articolo, e non leggono quello che ha deciso il Sinodo, quello che si è pubblicato. Che cosa vale del Sinodo? La relazione post-sinodale, il messaggio post-sinodale, e il discorso del Papa… Io non ho paura di proseguire con questo cammino che è il cammino della sinodalità, è il cammino che Dio ci chiede. Il Papa è il garante, sta qui per questo».

I divorziati risposati
«Che facciamo con loro, che porta si può aprire? C’è un’inquietudine pastorale: allora gli andiamo a dare la comunione? Non è una soluzione dargli la comunione. Questo soltanto non è la soluzione, la soluzione è l’integrazione. Non sono scomunicati. Ma non possono essere padrini di battesimo, non possono leggere le letture a messa, non possono distribuire la comunione, non possono insegnare il catechismo, non possono fare sette cose, ho l’elenco lì. Se racconto questo, sembrerebbero scomunicati di fatto! Allora, aprire un po’ di più le porte. Perché non possono essere padrini? “No, guarda, che testimonianza vanno a dare al figlioccio?”. La testimonianza di un uomo e una donna che dicano: “Guarda, caro, io mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto, ma credo che il Signore mi ami, voglio seguire Dio, il peccato non mi ha vinto, vado avanti”. Ma che testimonianza cristiana è questa? O se arriva uno di questi truffatori politici che abbiamo, corrotti, a fare da padrino ed è regolarmente sposato per la Chiesa, lei lo accetta? E che testimonianza va a dare al figlioccio? Testimonianza di corruzione?».

La proposta Kasper
Il cardinale Kasper «ha fatto delle ipotesi». Che cosa è successo? «Alcuni teologi si sono spaventati davanti a queste ipotesi, e hanno preferito nascondere la testa. E hanno detto: mai la comunione eucaristica, sì quella spirituale. Ma ditemi: non bisogna essere in grazia di Dio per ricevere la comunione spirituale?».

I cattolici che lasciano
Rispondendo alla domanda sul recente sondaggio di Pew sul fatto che in America Latina i cattolici diminuiscono, il Papa spiega: «Mi domando, quali sono le cose, dentro la Chiesa, che fanno sì che i fedeli non si sentano soddisfatti? È la mancanza di vicinanza e il clericalismo. La prossimità è la chiamata oggi per il cattolico, per uscire e farci prossimi alla gente, ai suoi problemi, alla sua realtà».

Il disorientamento di alcuni
«Uno mi ha detto una volta: “Sì, il discernimento fa bene, ma abbiamo bisogno di cose più chiare”. Gli ho risposto: “Guardi, io ho scritto un’enciclica a quattro mani, e un’esortazione apostolica, di continuo faccio dichiarazioni e omelie, e questo è magistero. Questo sta lì, è ciò che penso, non ciò che i media dicono che io pensi. Vada lì, e lo trova ed è ben chiaro. L’Evangelii gaudium è molto chiara».

Le resistenze sempre più evidenti
«La parola l’ha usata lei. La resistenza ora diventa evidente, ma per me è un buon segno, che emerga, che non si dicano le cose di nascosto quando uno non è d’accordo. È sano discutere le cose, è molto sano… Ritengo le resistenze come punti di vista diversi, non come una cosa sporca. Hanno a che vedere con le decisioni che prendo, questo sì. È chiaro che ci sono decisioni che toccano alcuni aspetti economici, altre più pastorali… Non sono preoccupato, mi sembra tutto normale, sarebbe anormale che non ci fossero punti di vista divergenti. Sarebbe anormale che non emergesse nulla».

La vera riforma
Francesco nell’intervista afferma che la riforma della Curia procede, ma che «il processo è lento» e non ci si deve aspettare che sia completata nel 2015. «La riforma spirituale è quella che in questo momento mi preoccupa di più».

Laici alla guida dei dicasteri
«Può essere, non lo so», risponde il Papa, a proposito dell’ipotesi di nominare una coppia di sposi alla guida dei nuovi dicasteri accorpati che si occuperanno dei laici e della famiglia. «A capo dei dicasteri o come segretari ci saranno le persone più adatte, che siano uomini, donne o coppie di sposi… A capo di un dicastero come le congregazioni, ci sarà sempre un cardinale. Conviene che sia così per la stessa vicinanza con il Papa come collaboratore in quel settore. Però i segretari del dicastero non devono di per sé essere vescovi».

«Jorge, rimani come sei»
«Prima di venire qui, mi stavo ritirando. Quando sarei tornato a Buenos Aires, ero rimasto d’accordo con il nunzio di cominciare a fare la terna per la successione perché alla fine del 2013 arrivasse il nuovo arcivescovo. Avevo la testa fissa ai confessionali della chiesa dove sarei dovuto andare a confessare. Avevo anche il progetto di passare due o tre giorni alla settimana nel santuario di Luján, e il resto a Buenos Aires, perché Luján è significativo per me e le confessioni a Luján sono una grazia. Quando sono arrivato qui, ho dovuto iniziare tutto da capo. E una cosa mi sono detto fino dal primo momento: “Jorge, non cambiare, continua a essere lo stesso, perché cambiare alla tua età significa essere ridicolo”. Per questo ho mantenuto quello che facevo a Buenos Aires, con gli errori che questo può presupporre. Ma preferisco essere così come sono. Evidentemente questo ha prodotto qualche cambio nel protocollo…».

La salute del Papa
«Ho i miei acciacchi, e alla mia età gli acciacchi si sentono. Ma sto nelle mani di Dio e fino ad ora ho potuto tenere un ritmo di lavoro più o meno buono».

La sostituzione del cardinale Burke
Rispondendo alla domanda sulle motivazioni della sostituzione del  cardinale conservatore statunitense Raymond Leo Burke, che ha lasciato la Segnatura apostolica per diventare patrono dell’Ordine di Malta, e sulle speculazioni che hanno legato questa nomina alle posizioni espresse dallo stesso Burke all’ultimo Sinodo, il Papa ha risposto: «Il cardinale Burke un giorno mi ha chiesto che cosa avrebbe fatto, dato che non era stato ancora confermato nel suo incarico… Gli ho detto: “Mi dia un po’ di tempo, perché si sta pensando a una ristrutturazione degli organismi giuridici nel C9” e gli spiegai che ancora non c’era niente di fatto e che si stava pensando. Poi è arrivata la questione dell’Ordine di Malta e lì mancava un americano vivace, che si potesse muovere in quell’ambito, e mi è venuto in mente lui per quel compito. L’ho proposto a lui molto prima del Sinodo. E gli ho detto: “Questo avverrà dopo il Sinodo, perché voglio che lei partecipi come capo dicastero…”. Mi ha ringraziato molto, e lo ha accettato… è un uomo che si muove molto, che viaggia e lì avrà lavoro. Dunque non è vero che l’ho sostituito per come si è comportato al Sinodo».

Il cambio del comandante degli svizzeri
«Due mesi dopo la mia elezione era scaduto il suo mandato di cinque anni… Non mi sembrava giusto prendere una decisione in quel momento e prorogai il mandato “donec aliter provideatur”, cioè fino a che non si disponga diversamente». Francesco spiega di essere stato in visita al quartier generale, di aver trascorso lì una serata e anche di essersi fermato a cena. «Ho conosciuto le persone e mi è sembrato più sano un rinnovamento… nessuno è eterno. Ho parlato con lui a luglio, rimanendo d’accordo che alla fine dell’anno avrebbe lasciato». È un «cambio normale, non c’è niente di strano, non c’è alcun suo peccato né alcuna sua colpa». Lui è «una persona eccellente, un cattolico molto buono che ha un’eccellente famiglia». Alla domanda se il cambio è avvenuto perché il comandante era troppo severo, risponde: «No, certamente no». E quanto al suo grande appartamento: «L’anno scorso si è fatta una ristrutturazione degli appartamenti, quello suo è certamente spazioso perché ha quattro figli».

Non ricevo più politici argentini in udienza privata
In vista delle elezioni in Argentina, «per non interferire» con questo processo, «non ricevo più i politici in udienza privata».

Di Andrea Tornielli per Vatican Insider, supplemento de La Stampa

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