Papa Francesco, nella catechesi dell’udienza generale dedicata al Natale ha parlato delle sorprese di Dio per Maria e Giuseppe invitando tutti a non sbagliare festa, riempiendosi di regali, pranzi e cene, ma non aiutando “almeno un povero, che assomiglia a Dio, venuto povero a Natale”
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Non mondanizziamo il Natale! Non mettiamo da parte di Festeggiato. Non sarà Natale se cercheremo i bagliori luccicanti del mondo, se ci riempiremo di regali, pranzi e cene ma non aiuteremo almeno un povero, che assomiglia a Dio, perché a Natale Dio è venuto povero. Lasciamoci sorprendere da Gesù in questo Natale”. Papa Francesco, nella catechesi dell’udienza generale intitolata “Natale: le sorprese di Dio”, invita tutti a non “sbagliare festa”, e “preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra”.
Perché la festa che piace a Dio non è quella della macchina pubblicitaria, che, spiega il Pontefice “invita a scambiarsi regali sempre nuovi per farsi sorprese”. Ma è come il primo Natale, pieno di sorprese innanzitutto per Maria “promessa sposa di Giuseppe: arriva l’angelo e le cambia la vita. Da vergine sarà madre”.
Poi per Giuseppe “chiamato a essere padre di un figlio senza generarlo. Un figlio che arriva nel momento meno indicato, cioè quando Maria e Giuseppe erano sposi promessi e secondo la Legge non potevano coabitare”. E sorprende anche Giuseppe, prosegue il Papa, quando per non danneggiare Maria, non la ripudia, “ma pensa di congedarla in segreto, a costo di perdere la propria reputazione”.
Dio in sogno, però, gli cambia ancora i piani, e “gli chiede di prendere con sé Maria”. Infine, nato Gesù, “quando aveva i suoi progetti per la famiglia, ancora in sogno gli vien detto di alzarsi e andare in Egitto. Insomma, Natale porta cambi di vita inaspettati”. E se noi vogliamo viverlo, prosegue Francesco alzando gli occhi, “dobbiamo aprire il cuore ed essere disposti un cambio di vita inaspettato”.
Ma la sorpresa più grande, spiega il Pontefice, arriva la notte di Natale: “l’Altissimo è un piccolo bimbo. La Parola divina è un infante, che letteralmente significa ‘incapace di parlare’. Così la parola divina divenne incapace di parlare”.
Ad accogliere il Salvatore non ci sono le autorità del tempo, o del posto o gli ambasciatori: no, sono dei semplici pastori che, sorpresi dagli angeli mentre lavoravano di notte, accorrono senza indugio. Chi se lo sarebbe aspettato? Natale è celebrare l’inedito di Dio, o meglio, un Dio inedito, che ribalta le nostre logiche e le nostre attese.
Fare Natale, allora, chiarisce Papa Francesco, “è accogliere in terra le sorprese del Cielo. Non si può vivere ‘terra terra’, quando il Cielo ha portato le sue novità nel mondo”. Con il primo Natale inizia un’epoca nuova, “dove la vita non si programma, ma si dona; dove non si vive più per sé, in base ai propri gusti, ma per Dio; e con Dio, perché da Natale Dio è il Dio-con-noi”.
Vivere il Natale è lasciarsi scuotere dalla sua sorprendente novità. Il Natale di Gesù non offre rassicuranti tepori da caminetto, ma il brivido divino che scuote la storia. Natale è la rivincita dell’umiltà sull’arroganza, della semplicità sull’abbondanza, del silenzio sul baccano, della preghiera sul “mio tempo”, di Dio sul mio io.
Fare Natale, continua il Papa nella catechesi natalizia, “è fare come Gesù, venuto per noi bisognosi, e scendere verso chi ha bisogno di noi”.
È fare come Maria: fidarsi, docili a Dio, anche senza capire cosa Egli farà. Fare Natale è fare come Giuseppe: alzarsi per realizzare ciò che Dio vuole, anche se non è secondo i nostri piani.
Natale, ricorda ancora Francesco, è preferire “la voce silenziosa di Dio ai frastuoni del consumismo. Se sapremo stare in silenzio davanti al presepe, Natale sarà anche per noi una sorpresa, non una cosa già vista.
Stare in silenzio davanti al presepe: questo è l’invito, per Natale. Prenditi un po’ di tempo, vai davanti al presepe e stai in silenzio. E sentirai, vedrai la sorpresa”.
Purtroppo, però, è il rammarico di Papa Francesco, “si può sbagliare festa, e preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra”.
Se Natale rimane solo una bella festa tradizionale, dove al centro ci siamo noi e non Lui, sarà un’occasione persa. Per favore, non mondanizziamo il Natale! Non mettiamo da parte il Festeggiato, come allora, quando “venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”.
In questi giorni si corre, sottolinea alla fine il Papa, “forse come mai durante l’anno. Ma così si fa l’opposto di quel che Gesù vuole. Diamo la colpa alle tante cose che riempiono le giornate, al mondo che va veloce”. Eppure Gesù “ha chiesto a noi di non farci trascinare, di vegliare in ogni momento pregando”.
Sarà Natale se, come Giuseppe, daremo spazio al silenzio; se, come Maria, diremo “eccomi” a Dio; se, come Gesù, saremo vicini a chi è solo; se, come i pastori, usciremo dai nostri recinti per stare con Gesù. Sarà Natale, se troveremo la luce nella povera grotta di Betlemme. Non sarà Natale se cercheremo i bagliori luccicanti del mondo, se ci riempiremo di regali, pranzi e cene ma non aiuteremo almeno un povero, che assomiglia a Dio, perché a Natale Dio è venuto povero.
L’augurio finale di Francesco è quello di “un Natale ricco delle sorprese di Gesù! Potranno sembrare sorprese scomode, ma sono i gusti di Dio. Se li sposeremo, faremo a noi stessi una splendida sorpresa. Lasciamoci sorprendere da Gesù in questo Natale”.
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