Ponte naturale tra due continenti, la Turchia ed il suo laborioso e generoso popolo oggi hanno un ruolo fondamentale nel concerto delle nazioni. Nel suo primo discorso diretto alle autorità del Paese, Francesco elogia il percorso di dialogo consolidatosi negli anni tra i suoi predecessori e le autorità turche, un cammino che non deve mancare però di valorizzare sia gli aspetti in comune sia le differenze. Invita poi apertamente a costruire una pace solida “fondata sul rispetto dei fondamentali diritti e doveri legati alla dignità dell’uomo”. Perché è così che si superano “pregiudizi e i falsi timori” per lasciare spazio “alla stima, all’incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di tutti”:
“A tal fine, è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione –, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l’intesa. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace”.
Francesco parla della guerra, e di come da troppi anni insanguini il Medio Oriente, di quella violenza che si consuma a pochi chilometri da dove lancia il suo messaggio. Queste guerre fratricide, dice, “sembrano nascere l’una dall’altra, come se l’unica risposta possibile alla guerra e alla violenza dovesse essere sempre nuova guerra e altra violenza”:
“Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente a causa della mancanza di pace? Non possiamo rassegnarci alla continuazione dei conflitti come se non fosse possibile un cambiamento in meglio della situazione! Con l’aiuto di Dio, possiamo e dobbiamo sempre rinnovare il coraggio della pace! Questo atteggiamento conduce ad utilizzare con lealtà, pazienza e determinazione tutti i mezzi della trattativa, e a raggiungere così concreti obiettivi di pace e di sviluppo sostenibile”.
Il dialogo interreligioso e interculturale, dice il Papa rivolgendosi direttamente al presidente Erdogan, sono due elementi fondamentali del cammino verso la pace, “così da bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo, che umilia gravemente la dignità di tutti gli uomini e strumentalizza la religione”:
“Occorre contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale”.
Di questo hanno bisogno popoli e stati del Medio Oriente. E’ ripudiando guerra e violenza, perseguendo il dialogo, il diritto e la giustizia che si può “invertire la tendenza” e proseguire con successo nel processo di pacificazione:
“Fino ad oggi, infatti, siamo purtroppo ancora testimoni di gravi conflitti. In Siria e in Iraq, in particolar modo, la violenza terroristica non accenna a placarsi. Si registra la violazione delle più elementari leggi umanitarie nei confronti dei prigionieri e di interi gruppi etnici; si sono verificate e ancora avvengono gravi persecuzioni ai danni di gruppi minoritari, specialmente – ma non solo -, i cristiani e gli yazidi: centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e la loro patria per poter salvare la propria vita e rimanere fedeli al proprio credo”.
Francesco riconosce l’impegno di Ankara nell’accoglienza ai profughi che si sono riversati numerosi dalle zone di conflitto. La comunità internazionale, dice, ha “l’obbligo morale di aiutarla nel prendersi cura” di queste persone:
“Insieme alla necessaria assistenza umanitaria, non si può rimanere indifferenti di fronte a ciò che ha provocato queste tragedie. Nel ribadire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto, sempre però nel rispetto del diritto internazionale, voglio anche ricordare che non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare”.
Il Papa invita le autorità ad un “forte impegno comune, basato sulla fiducia reciproca, che renda possibile una pace duratura” e consenta di destinare risorse e non armamenti alle vere lotte degne dell’uomo, quelle contro la fame e le malattie, e poi “per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia del creato, in soccorso di tante forme di povertà e marginalità” del mondo moderno.
La Turchia, è la conclusione, per la sua storia, per la posizione geografica, per il ruolo nella regione, ha una grande responsabilità, e quindi “le sue scelte e il suo esempio possiedono una speciale valenza e possono essere di notevole aiuto nel favorire un incontro di civiltà e nell’individuare vie praticabili di pace e di autentico progresso”.
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A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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