Quando Cristo domandò un giorno ai suoi discepoli: “Anche voi volente andarvene?” e Pietro rispose a nome dei Dodici: “Da chi andremo? Tu solo ha parole di vita eterna”, quel giorno gli Apostoli – sottolinea a un certo punto del discorso il Papa – dimostrarono un fatto evidente: che “la proposta di Gesù li aveva convinti”. Invece molte Chiese locali del 21.mo secolo, spopolate di giovani, lo sono, obietta Francesco, perché “oggi la nostra proposta di Gesù è poco convincente”.
Conversione, comunione, missione
Quella che sviluppa il Papa è una lucida autocritica, preceduta da una serie di positive constatazioni sulla Chiesa del Portogallo: è guidata da un “episcopato fraterno”, “ascoltata” dalla “maggior parte della popolazione e delle istituzioni nazionali, anche se non sempre è seguita la sua voce”, radicata “nella preghiera e nella carità”. Una Chiesa che nel 2013 ha messo in moto un processo di rinnovamento, specie nel campo della pastorale, chiedendo ai suoi membri essenzialmente tre cose, ricordate nel suo indirizzo di saluto dal cardinale patriarca di Lisbona, Manuel Clemente: conversione, comunione e missione.
Il vestito della Prima comunione
Nell’accogliere questi fermenti “con grande soddisfazione”, Francesco tocca qualche nervo scoperto che evidenzia gli ostacoli che rallentano la realizzazione di questi propositi – anche se la portata delle sue considerazioni supera evidentemente i confini della Chiesa del Portogallo. Come cartina di tornasole sull’efficacia dei modelli pastorali, il Papa prende lo “sbandamento” che colpisce molti giovani oggi. “Chiediamoci: la gioventù lascia perché ha deciso così? O decide così perché non è interessata all’offerta ricevuta? Non è interessata all’offerta perché essa non dà risposte ai problemi e alle questioni che oggi la turbano?”. E aggiunge con un tocco di ironia: non sarà semplicemente perché i giovani hanno da tempo smesso di indossare il “vestito della Prima comunione”, mentre la comunità cristiana insiste “su cosa debbano indossare?”.
Cristo vivo nei cristiani
Esperienza, non solo “cultura”
In sostanza, ribadisce il Papa, “il catechista e tutta la comunità sono invitati a passare dal modello scolare al modello catecumenale: non solo conoscenza intellettuale, ma un incontro personale con Gesù Cristo, vissuto nelle dinamiche di formazione vocazionale, secondo la quale Dio chiama e l’uomo risponde”. Non può essere, soggiunge, cha “abbiamo tanti giovani disoccupati e il Regno dei Cieli manca di operai e servitori…”.
Sentirsi a casa nella Chiesa
Più in generale, il Papa esorta i vescovi “a perseverare nell’impegno di una evangelizzazione costante e metodica”, senza perdersi d’animo per situazioni che – nota – “provocano perplessità e causano amarezza”. Ad esempio, per la “stagnazione di alcune parrocchie” e la situazione di altre “centrate e chiuse sul ‘loro’ parroco” – al quale peraltro “la scarsità di sacerdoti” impone, dice, “l’apertura a una logica di comunione più dinamica ed ecclesiale”. O per la vita di “alcuni sacerdoti che, tentati dall’attivismo pastorale, non coltivano la preghiera e la profondità spirituale, essenziale per l’evangelizzazione”. O, appunto, per il gran numero di giovani che abbandona “la pratica cristiana, dopo il Sacramento della Cresima, per il vuoto nell’offerta parrocchiale di formazione cristiana giovanile post-Cresima”. Quello che più sta a cuore al Papa è che tutto parta dalla “conversione personale e pastorale di pastori e fedeli” perché tutti possano dire con verità e gioia: ‘La Chiesa è la nostra casa’”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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