Delphine Allaire – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“Quando penso agli imprenditori, la prima parola che mi viene in mente è bene comune. Gli imprenditori sono protagonisti dello sviluppo e del benessere. Voi siete un motore essenziale della ricchezza, della prosperità e della felicità pubblica”, ha assicurato Francesco agli imprenditori francesi, riuniti a Longchamp da ieri 28 agosto a oggi, rilevando la scarsa attenzione alla loro figura da parte dei media che “parlano poco delle difficoltà e del dolore degli imprenditori che chiudono le loro aziende e falliscono senza colpa”. Nel messaggio, letto dall’arcivescovo di Nanterre, monsignor Matthieu Rougé, il Papa cita il Libro di Giobbe, che insegna che il successo “non è direttamente sinonimo di virtù e bontà” e che la sfortuna “non è sinonimo di colpa”, colpendo “anche i giusti”.
La Chiesa, invece, comprende la sofferenza del buon imprenditore, lo accoglie, lo accompagna e lo ringrazia, indica Francesco, ricordando come “fin dall’inizio la Chiesa ha accolto in mezzo a sé i mercanti, i precursori degli imprenditori moderni”. “Nella Bibbia e nei Vangeli – continua – si parla spesso di denaro e di commercio, e tra i racconti più belli della storia della salvezza ci sono anche storie che parlano di economia: di dracme, di talenti, di possidenti, di amministratori e di perle preziose”. Il Papa cita il padre del figliol prodigo nel Vangelo di Luca, presentato come un uomo ricco, forse un proprietario terriero, e poi, ancora, il Buon Samaritano “che poteva essere un mercante”. Secondo Francesco, il modo per partecipare al bene comune oggi è creare posti di lavoro, soprattutto per i giovani. “Date fiducia ai giovani – è l’esortazione del Pontefice – ogni nuovo posto di lavoro creato è ricchezza condivisa, che non finisce nelle banche per generare interessi finanziari, ma viene investita perché nuove persone possano lavorare e rendere più dignitosa la loro vita”.
“Il lavoro è legittimamente importante”, prosegue il Papa, “se è vero che il lavoro nobilita l’uomo, è ancora più vero che è l’uomo a nobilitare il lavoro. Siamo noi, non le macchine, il vero valore del lavoro”. Il Papa sottolinea poi i pericoli del non lavorare più per un imprenditore. “Allora diventa uno speculatore o vive di rendita”.
“Il buon imprenditore, come il buon pastore del Vangelo, a differenza del mercenario, conosce i suoi operai perché conosce il loro lavoro”, prosegue il messaggio, con la preoccupazione del Papa per la possibile perdita di contatto dell’imprenditore con il lavoro della sua azienda, e quindi con i suoi operai, che diventano così “invisibili”, deplora, citando l’economista francese Pierre-Yves Gomez. Francesco sollecita gli imprenditori a non dimenticare mai come è nata la loro vocazione: “Un giorno siete stati affascinati dall’odore dell’officina, dalla gioia di toccare con mano i vostri prodotti, dalla soddisfazione di vedere che i vostri servizi sono utili. E in questo siete come Giuseppe, come Gesù che ha trascorso parte della sua vita lavorando come artigiano: ‘il Verbo si fece falegname’, conosceva l’odore del legno”. “Senza nuovi imprenditori – è l’avvertimento – la nostra terra non reggerà l’impatto del capitalismo. Finora avete fatto qualcosa, alcuni di voi hanno fatto molto: ma non è abbastanza” conclude Francesco, che esorta in questo “tempo molto urgente” a fare di più: “I bambini vi ringrazieranno, e io anche”.
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