13 i nuovi cardinali creati questo pomeriggio da Papa Francesco nel sesto Concistoro del suo pontificato, improntato alla vocazione missionaria della Chiesa. Otto su 13 porporati infatti appartengono a ordini religiosi missionari . Dieci gli elettori e tre gli ultraottantenni che portano il collegio cardinalizio a 228 cardinali.Solenne la cerimonia alla presenza di delegazioni dai cinque continenti
Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
“Chiediamo la grazia di un cuore compassionevole, per essere testimoni di Colui che ci ha guardato con misericordia”. E’ il “requisito essenziale” della compassione, ricevuta da Dio e da donare ai fratelli, che Francesco imprime nel cuore dei tredici nuovi cardinali creati questo pomeriggio nella Basilica di San Pietro sfavillante di paramenti purpurei.
Sono testimoni della fede, ma soprattutto sono uomini di missione, di frontiera, di dialogo e di annuncio. Così il Papa li ha voluti richiamandoli a Roma dall’Asia, dall’Africa, dall’Europa e dall’America Latina. Oggi, ad un mese dall’annuncio, giurano fedeltà e obbedienza al successore di Pietro, per il bene del popolo di Dio. Berretta, anello, bolla sono questi i simboli del loro servizio e soprattutto di una responsabilità da vivere “con fortezza” e fino all’ “effusione del sangue” come recita la formula della loro creazione.
E tutta la gratitudine e la riconoscenza per questa scelta di “collaboratori cum Petro e sub Petro“, sono espresse al Papa dal cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, che prende la parola a nome di tutti nell’abbraccio di tanti tra amici, familiari e fedeli venuti per onorarli. “Questo è un pò il Concistoro dei religiosi” afferma, ricordando quanti dei nuovi porporati fanno parte di ordini impegnati nell’annuncio del Vangelo nel mondo e quanto questa giornata si collochi provvidenzialmente nel mese missionario straordinario. Nelle sue parole soprattutto la certezza di un servizio da voler svolgere per la Chiesa e i fratelli:
“Lei, Santo Padre, con la sua instancabile opera, ci ha più volte invitato ad essere cuna ‘Chiesa in uscita’, ad andare alle periferie esistenziali, a camminare sulla strada del dialogo ecumenico ed interreligioso. Desideriamo adoperarci, assieme a Vostra Santità, ad avviare processi e non ad occupare spazi, a costruire un mondo nuovo dove possano regnare la fraternità, la pace e la convivenza comune. Chiediamo a Nostro Signore che ci doni uno sguardo e un cuore compassionevoli.”
Ed è proprio questo il cuore dell’omelia che Francesco rivolge loro – commentando la Lettura appena proclamata – è la “compassione”, “scritta da sempre nel cuore di Dio”- perchè il suo è un cuore di Padre – e non “spuntata ad un certo punto nella storia della salvezza”:
Nei Vangeli vediamo molte volte Gesù che sente compassione per le persone sofferenti. E più leggiamo, più contempliamo, e più comprendiamo che la compassione del Signore non è un atteggiamento occasionale, sporadico, ma è costante, anzi, sembra essere l’atteggiamento del suo cuore, nel quale si è incarnata la misericordia di Dio.
Gesù è la “mano tesa di Dio sulla carne malata”, Gesù “va a cercare le persone scartate”: è così quando guarisce il lebbroso o quando salva il paralitico bloccato nella piscina di Betzatà. E’ così nella Bibbia dove nel dialogo tra Dio e Mosè c’è tutto l’amore “impregnato di compassione” per il popolo. “Ciò che è divino è compassionevole” rimarca il Papa, “mentre purtroppo sembra che ciò che è umano ne sia tanto privo, tanto lontano”. Succede anche ai discepoli di mostrarsi spesso “senza compassione”, fa notare Francesco, è un “atteggiamento comune a noi umani” anche quando siamo religiosi o addetti al culto. “Ce ne laviamo le mani”:
Il ruolo che occupiamo non basta a farci essere compassionevoli, come dimostra il comportamento del sacerdote e del levita che, vedendo un uomo moribondo sul ciglio della strada, passarono oltre dall’altra parte (cfr Lc 10,31-32). Dentro di sé avranno detto: “Non tocca a me”. Sempre c’è qualche pretesto, qualche giustificazione per guardare da un’altra parte; e quando un uomo di Chiesa diventa un funzionario, questa è l’uscita più amara. Ci sono sempre delle giustificazioni, a volte sono anche codificate e danno luogo a degli “scarti istituzionali”, come nel caso dei lebbrosi: “Certo, devono stare fuori, è giusto così”. E così si pensava, e così si pensa. Da questo atteggiamento molto, troppo umano, derivano anche strutture di non-compassione.
La compassione non è facoltativa è essenziale
E allora c’è da chiedersi, e Francesco lo fa interpellando direttamente i nuovi cardinali: “Siamo coscienti, noi per primi, di essere stati oggetto della compassione di Dio?”; di essere da “sempre preceduti e accompagnati dalla sua misericordia?”; di essere ” figli di compassione?”. Maria lo è stata sempre. E non si tratta di una “cosa facoltativa” riflette il Papa e nemmeno di un “consiglio evangelico”:
No. Si tratta di un requisito essenziale. Se io non mi sento oggetto della compassione di Do, non comprendo il suo amore. Non è una realtà che si possa spiegare. O la sento o non la sento. E se non la sento, come posso comunicarla, testimoniarla, donarla? Anzi, non potrò fare questo. Concretamente: ho compassione per quel fratello, per quel vescovo, quel prete?… Oppure sempre distruggo con il mio atteggiamento di condanna, di indifferenza, di guardare da un’alta parte, in realtà per lavarmene le mani?
No all’indifferenza, dunque e no allo scarto. La capacità di essere leali anche al ministero cardinalizio dipende da questa consapevolezza viva:
La disponibilità di un Porporato a dare il proprio sangue – significata dal colore rosso dell’abito – è sicura quando è radicata in questa coscienza di aver ricevuto compassione e nella capacità di avere compassione. Diversamente, non si può essere leali. Tanti comportamenti sleali di uomini di Chiesa dipendono dalla mancanza di questo senso della compassione ricevuta, e dall’abitudine di guardare da un’altra parte, dall’abitudine dell’indifferenza.
La preghiera conclusiva del Papa per tutti i nuovi porporati è dunque quella di invocazione della grazia di un “cuore compassionevole” perchè insieme possano essere “testimoni di Colui che ci ha guardato con misericordia, ci ha eletti, ci ha consacrati e ci ha inviati a portare a tutti il suo Vangelo di salvezza”.
Al termine dell’omelia la cerimonia del Concistoro entra nel vivo. Il Papa pronuncia la formula di creazione di questi ” intrepidi testimoni di Cristo” e li chiama ad uno ad uno; quindi in risposta ciascuno dei nuovi cardinali a sua volta, recitato il Credo, giura fedeltà e obbedienza “per ora e per sempre” al Vangelo, al Papa a ai suoi successori. Segue l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello cardinalizio e l’assegnazione del Titolo o Diaconia seguito dall’abbraccio di pace.
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