L’incontro del Papa nella scuola di Harlem che da sempre accoglie ispanici ed immigrati,la scuola “Our Lady Queen of Angels”, accoglie bambini provenienti soprattutto da famiglie povere di immigrati garantendo loro non solo l’apprendimento della lingua, ma anche un’istruzione adeguata per emergere dall’indigenza, attraverso accordi con prestigiose scuole superiori cattoliche.
Il 69% degli studenti frequenta la scuola grazie a borse di studio finanziate dal partenariato con la “Inner-City Istruzione”, organizzazione che sostiene studenti di altre cinque scuole cattoliche di Harlem e del South Bronx.
C’è una bimba di argentina che saluta il Papa donandogli un calice, ci sono quelli che fanno vedere i loro disegni o le foto dei familiari. Qualcuno si mette a giocare a pallone con il Papa. Gli operaio ispanici regalano al Papa un casco da lavoro: “abbiamo costruito la città e abbiamo messo un granello di sabbia per la costruzione degli Stati Uniti” dicono. Poi ci sono gli africani, “cerchiamo il bene comune per tutta la comunità”. Ognuno vuole dire una cosa al Papa, vuole raccontare la sua stroia. Tutti seduti intorno ai loro banchi, con le divise pronti a fare vedere i loro lavori scolastici con il Papa. Due bimbi lo prendo per mano per fargli vedere un poster che hanno disegnato. Il Papa sta con loro come farebbe un nonno con i nipotini. Sono bambini della terza elementare e a loro il Papa fa una lezione sulla cura dell’ambiente. Nella palestra ci sono tante famiglie che sono venute per il Papa. E il Papa “ruba” un po’ di tempo per una lezione di vita.
Molti di voi arrivano da altri paesi, “non è sempre facile doveri spostare e trovare una nuova casa, nuovi vicini, amici; non è per niente facile. All’inizio può essere un po’ faticoso, vero? Tante volte imparare una nuova lingua, adattarsi a una nuova cultura, un nuovo clima. Quante cose bisogna imparare! Non solo i compiti della scuola.”
Quella del Papa è una lezione sulla accoglienza,ma anche sulla capacità di integrazione. “Il bello- dice in spagnolo- è che incontriamo anche nuovi amici, incontriamo persone che ci aprono le porte e ci mostrano la loro tenerezza, la loro amicizia, la loro comprensione, e cercano di aiutarci perché non ci sentiamo estranei. Perché ci sentiamo a casa.”
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Che bello potersi sentire a scuola come una seconda casa, dice, “così si impara a stare in gruppo”.
Ricorda il sogno di Martin Luther King, “che tanti bambini, tante persone avrebbero avuto uguaglianza di opportunità. Sognò che tanti bambini come voi avrebbero avuto accesso all’educazione. Ha sognato che molti uomini e donne come voi avrebbero potuto camminare diritti con la dignità di guadagnarsi la vita E’ bello avere dei sogni e poter lottare per essi.”
Il sogno americano nelle parole di Papa Francesco diventa un diritto. “Un sogno dei vostri genitori ed educatori è che possiate crescere e vivere con gioia, aiutate a contagiare con la gioia tutte le perone che avete vicino anche quando ci sono situazioni difficili.” Non smettete di sognare di poter vere con gioia, dice il Papa, perché dove ci sono gioia e sogni c’sempre Gesù, “invece chi semina tristezza e cattiva desideri ? È il diavolo, che sempre semina tristezza perché non ci vuole gioiosi non vuole che sogniamo. Gesù vuole aiutarci perché questa gioia rimanga tutti i giorni.”
E lascia un compito “non dimenticatevi di pregare per me, perché io possa condividere con tante persone la gioia di Gesù. E preghiamo anche perché molti possano godere di questa gioia che avete voi.” Poi chiede un canto e la comunità africana improvvisa, e subito dopo un nostalgico ispanico rendendo la festa ancora più bella. La recita del Padre Nostro conclude la visita con mille foto e tanti abbracci.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Acistampa (Angela Ambrogetti)
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