Avere il coraggio di non chiudersi nelle prove della vita e invece aprirsi agli altri e fare comunità anche in un tempo in cui si punta molto sui diritti individualistici: è l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai membri del Consiglio Nazionale dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, ricevuti in occasione della festa di Santa Lucia, patrona delle persone prive della vista. Il servizio di Sergio Centofanti per la Radio Vaticana:
Santa Lucia, martire a Siracusa nel quarto secolo durante l’Impero di Diocleziano, morta tra le torture – ricorda il Papa – insegna alcuni valori umani “condivisibili da tutti”, credenti e non credenti. E in questo senso, Francesco apprezza il riferimento alla Santa da parte di un’associazione non confessionale che continua a considerare il valore della tradizione: “questo – ha detto – non è scontato”.
Innanzitutto c’è il coraggio di questa giovane donna, “che le veniva da Cristo risorto”. “Tutti – ha sottolineato il Pontefice – abbiamo bisogno di coraggio per affrontare le prove della vita”:
“In particolare le persone cieche e ipovedenti ne hanno bisogno per non chiudersi, per non assumere un atteggiamento vittimistico, ma al contrario aprirsi alla realtà, agli altri, alla società; per imparare a conoscere e valorizzare le capacità che il Signore ha posto in ciascuno, veramente in ciascuno, nessuno escluso! Ma per questo ci vuole coraggio, forza d’animo”.
Un altro valore suggerito da Santa Lucia è “il fatto che lei non era sola, ma faceva parte di una comunità”. “Anche questo aspetto – osserva – trova riscontro sul piano umano”. Un’associazione, infatti “è un valore”, non è “una somma di individui, è molto di più”. E oggi – ha affermato il Papa “c’è molto bisogno di vivere con gioia e impegno la dimensione associativa, perché in questo momento storico è ‘in ribasso’, non è fortemente sentita. Fare gruppo, essere solidali, incontrarsi, condividere le esperienze, mettere in comune le risorse… tutto questo fa parte del patrimonio civile di un popolo”:
“E spesso le persone che convivono con degli svantaggi o delle disabilità possono dire a tutti, con la loro esperienza, che non siamo ‘monadi’, non siamo fatti per essere isolati, ma per relazionarci, per completarci, aiutarci, accompagnarci, sostenerci a vicenda. La presenza delle persone disabili provoca tutti a fare comunità, anzi, ad essere comunità, ad accoglierci a vicenda con i nostri limiti. Perché tutti abbiamo capacità, ma tutti abbiamo anche limiti!”.
Infine, “Lucia ci dice che la vita è fatta per essere donata” e “il valore del dono di sé è universale: è il segreto della vera felicità. L’uomo non si realizza pienamente nell’avere e neppure nel fare; si realizza nell’amare, cioè nel donarsi”:
“Vivere secondo questi valori può comportare anche oggi delle incomprensioni, la fatica di andare a volte controcorrente; ma questo non stupisce: la testimonianza richiede sempre di pagare di persona. Le odierne società che puntano molto sui diritti ‘individualisti’ rischiano di dimenticare la dimensioni della comunità e quella del dono gratuito di sé per gli altri”.
Perciò – ha concluso il Papa – “c’è ancora bisogno di lottare”, con “coraggio e con la gioia di farlo insieme”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana