Michele Raviart – Città del Vaticano
Lo Spirito Santo è una “calamità, perché non si stanca mai di essere creativo”, dice il Papa con un sorriso in aula Paolo VI ai circa settecento partecipanti al Convegno internazionale promosso dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e la Società di Vita Apostolica, in corso a Roma. “È creativo”, “è curioso”, “è l’autore della diversità, ma allo stesso tempo, il creatore dell’unità”, spiega. “Lui fa l’unità del Corpo di Cristo, l’unità della consacrazione”.
Il Papa, in un discorso pronunciato a braccio, invoca proprio lo Spirito Santo come guida per aiutare i consacrati a trovare i “criteri autentici” per non perdersi in questo mondo “nella nebbia della mondanità, nelle provocazioni e nello spirito di guerra”. Criteri che, come aveva detto il Papa a San Giovanni Rotondo il 17 marzo scorso, sono preghiera, povertà e pazienza: le tre “colonne” della vita consacrata.
Pregare, dice Papa Francesco, “è tornare sempre alla prima chiamata”, all’incontro con il Signore, che ha invitato il consacrato a lasciare tutto – famiglia, carriera – per stargli vicino. “Ogni preghiera è tornare a quello”, al “sorriso dei primi passi”.
La preghiera, nella vita consacrata, è l’aria che ci fa respirare quella chiamata, rinnovare quella chiamata. Senza quest’aria non potremmo essere buoni consacrati. Ma, saremmo forse buone persone, cristiani, cattolici che lavorano in tante opere della Chiesa, ma la consacrazione tu devi rinnovarla continuamente lì, nella preghiera, in un incontro con il Signore.
Non importa quanti e quali siano gli impegni e i problemi, lo spazio per la preghiera va sempre trovato, ribadisce il Papa ricordando l’esempio di Madre Teresa, indaffarata tutto il giorno, ma a cui nessuno toglieva “le due ore di preghiera davanti al Santissimo”.
La povertà come diceva S.Ignazio, è invece “la madre, il muro di contenzione della vita consacrata” e “difende dallo spirito della mondanità”. Lo spirito di povertà non è negoziabile, spiega il Papa, perché il rischio è di passare dalla “consacrazione religiosa” alla “mondanità religiosa”. Un percorso di “tre scalini”:
Primo: i soldi, cioè la mancanza di povertà. Secondo: la vanità, che va dall’estremo di farsi il pavone a piccole cose di vanità. E terzo: la superbia, l’orgoglio. E da lì, a tutti i vizi. Ma il primo scalino è l’attaccamento alle ricchezze, l’attaccamento ai soldi. Custodendo quello, gli altri non vengono. E dico alle ricchezze, non solo ai soldi.
Per pazienza, spiega il Papa, si intende “quello che ha avuto Gesù per arrivare fino alla fine della sua vita”, la condizione in cui dopo l’ultima cena, va nell’Orto degli Ulivi. “Senza pazienza si capiscono le guerre interne di una congregazione”, “i carrierismi nei capitoli generali” e, prosegue Francesco, alcune decisioni prese davanti a problemi della vita comunitaria come la perdita delle vocazioni.
Il Papa cita l’esempio di due Province maschili di due congregazioni diverse che, in un Paese “troppo secolarizzato” hanno chiuso l’ammissione al noviziato, condannando di fatto il futuro della Congregazione in quei luoghi. “Ars bene moriendi”, la chiama il Papa, “l’atteggiamento per morire bene”.
Manca la pazienza e finiamo con l’“ars bene moriendi”. Manca la pazienza e non vengono le vocazioni? Vendiamo e ci attacchiamo ai soldi per qualsiasi cosa possa succedere in futuro. Questo è un segnale, un segnale che si è vicini alla morte: quando una Congregazione incomincia ad attaccarsi ai soldi. Non ha la pazienza e cade nella seconda “p”, nella “p” della mancanza di povertà.
“State attenti su queste tre “p”, preghiera, povertà e pazienza”, conclude il Papa, che invita a seguire queste “opzioni radicali” sia in senso personale che in senso comunitario e di scommettere su queste. L’ augurio è quello di continuare a studiare, a e essere fecondi nella vita religiosa.
“Mai si sa per quali cammini va la mia fecondità, ma se tu preghi, sei tu sei povero, se tu sei paziente, stai sicuro che sarai fecondo”. Come? Il Signore te lo farà vedere “dall’altra parte”; ma è la ricetta per essere fecondo. Sarai padre, sarai madre: la fecondità. E’ quello che auguro alla vita religiosa, di essere fecondi.
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