Una lettera scritta a tutti i detenuti della Casa circondariale di Latina, ma da considerare da ciascuno di essi come “personale”. Il Papa infatti spiega che in tanti, da quel carcere, gli hanno scritto “sfoghi” e “confidenze” – per lui “motivo di grande conforto” – e si scusa per non aver “risposto prima”, perché “purtroppo non è sempre facile fare tutto ciò che si desidera fare”. Ora indirizza le sue parole a quei detenuti, nell’occasione della venuta di Gesù, “che non desidera altro – spiega il Pontefice – che nascere nel presepe del cuore di ognuno di noi”.
Augurando buon Natale, il Papa auspica “che le ore, i giorni, i mesi e gli anni passati o che state trascorrendo in codesta Casa circondariale di Latina vengano visti e vissuti – scrive il Santo Padre – non come tempo perso o come una temporanea punizione ma come un’ulteriore occasione di autentica crescita per trovare la pace del cuore e la forza per rinascere tornando a vivere la speranza nel Signore che non delude mai”. Papa Francesco si rallegra perché molti di quei detenuti “stanno seguendo un cammino di fede con il cappellano”, don Nicola Cupaiolo, e con quanti sono loro vicini, “non solo per dovere d’ufficio – specifica il Pontefice – ma per una disponibilità interiore a consideravi sinceramente sorelle e fratelli”. Esorta tutti quindi “a continuare questo cammino con perseveranza”, ringraziando le persone che aiutano i carcerati in tale percorso.
Il Papa accompagna la lettera con il dono di un nuovo Messale, “affinché scopriate nella Santa Messa – afferma – la traccia del cammino quotidiano con il Signore che è il medico efficace delle vostre ferite, amico fedele di ogni giorno e il nutrimento necessario per sostenere quel cammino di salvezza e di liberazione che nemmeno le sbarre del carcere possono impedire”. Il Papa prega dunque per loro, chiedendo al Signore di consolarli “con la sua pace e la sua dolce presenza”, per i loro cari e per tutto il personale della Casa circondariale.
Il cappellano dell’Istituto di pena di Latina, don Nicola Cupaiolo, racconta al microfono di Davide Dionisi l’emozione dei detenuti per la lettera di Papa Francesco:
R. – L’emozione dei detenuti la domenica non è facile da raccogliere perché ci sono solo quelli che vengono a Messa, gli altri non si raggiungono così facilmente. Però è chiaro che la notizia è già circolata. Ne riparleremo mercoledì, quando il vescovo mons. Crociata andrà a trovare i carcerati. Era già in programma e allora in quella circostanza la valorizzeremo, ovviamente.
D. – Che realtà è quella di Latina?
R. – E’ una realtà tutto sommato tranquilla. Io sono lì solo da due mesi, quindi non conosco ancora molto, però si può lavorare abbastanza bene, c’è un bel gruppo di volontari, soprattutto la Caritas, anche la polizia penitenziaria è disponibile. C’è dunque una buona collaborazione.
D. – Quale contributo può dare il cappellano per abbattere barriere e pregiudizi?
R. – Il cappellano è chiamato a un compito non tanto semplice perché anzitutto bisognerebbe cercare di risolvere un po’ i “problemi” umani che riguardano l’uomo. Il dramma più grande è quando queste persone arrivano e non hanno proprio niente da mettersi addosso, niente di tutto, nemmeno soldi. Quindi quello è un po’ drammatico. Poi, pian piano, arrivano le visite dei parenti, o altre cose, però i primi giorni sono veramente duri. Allora si rivolgono solitamente o a me o alla Caritas per avere un pezzo di sapone o un asciugamano, cose primarie. Quindi noi come cappellani dobbiamo pensare prima ‘al corpo’ e poi successivamente ‘allo spirito’. Noi siamo disponibili a ricevere e ad ascoltare sempre i detenuti: in queste circostanze dobbiamo essere particolarmente propensi a favorire un discorso umano. Per questo c’è bisogno anche un po’ di fondi che, per fortuna, persone di buona volontà ci danno, perché ci chiedono di tutto e non sempre la Caritas ha ciò che serve e bisogna ricorrere a fare qualche acquisto di cose estremamente necessarie per farli stare un po’ meglio, almeno i primi giorni.
D. – Che cosa avete preparato in vista del Santo Natale?
R. – Per il Natale abbiamo preso un’iniziativa di cui anche il Papa è venuto a conoscenza. Io ho fatto venire dall’Umbria più di 100 presepi in terra cotta che i detenuti hanno assemblato e alcuni li hanno anche colorati e li abbiamo mandati a tutte le parrocchie della diocesi con una lettera di un detenuto. Questa lettera è arrivata pure al Papa e il Pontefice ha risposto proprio a quella lettera lì, che era stata mandata in occasione della consegna di questi presepi. Poi, per il resto, è chiaro, c’è la preparazione della Novena, che soprattutto le donne fanno, con gli uomini è un po’ più difficile. Con la preghiera ci si prepara e anche con atteggiamenti costruttivi.
D. – Che cosa rappresenta il messaggio del Santo Padre e, in particolare, quello di Papa Francesco, in un carcere?
R. – Rappresenta un invito molto bello, che io adesso commenterò a loro, soprattutto quell’espressione che a me è piaciuta tanto, quella di valorizzare bene il tempo che trascorrono. La lettera parla appunto di questa occasione del tempo che non deve essere buttato via, ma deve essere utilizzato per crescere, per cambiare cammino, utilizzando bene tutte le opportunità che vengono concesse. Quindi questo è un incoraggiamento in fondo positivo e anche molto bello da parte del Papa nei loro confronti. E’ un invito alla speranza, a costruire un futuro nuovo. Lui dice proprio queste parole: “Auspico che le ore, i giorni, i mesi e gli anni passati o che state trascorrendo in codesta Casa circondariale di Latina vengano visti e vissuti non come tempo perso o come una temporanea punizione ma come un’ulteriore occasione di autentica crescita”. Queste sono parole molto significative.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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