Domanda di un giovane che ha chiesto al Papa perchè in un’intervista ha detto che non vede la televisione
Risposta del Papa:
Sì, da metà dell’anno ’90: ho sentito una notte che questo non mi faceva bene, mi alienava, mi portava fuori di me e ho deciso di non guardarla.
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Quando volevo guardare un bel film, andavo al centro televisivo dell’arcivescovado e lo guardavo lì: ma soltanto quel film… Ma la televisione mi alienava e mi portava fuori da me: non mi aiutava. E’ vero, io sono dell’età della pietra! Sono antico.
E noi adesso – io capisco che il tempo sia cambiato – viviamo nel tempo dell’immagine. E questo è molto importante. E nel tempo dell’immagine si deve fare lo stesso che si faceva nel tempo dei libri: scegliere le cose che mi fanno bene! Da qui due cose. Prima: la responsabilità dei centri televisivi di fare programmi che fanno bene, che fanno bene ai valori, che costruiscano la società, che ci portino avanti, non che ci portino giù. E poi fare programmi che ci aiutino affinché i valori, i veri valori, divengano più forti e ci preparino per la vita. Questa è responsabilità dei centri televisivi. Secondo: sapere scegliere i programmi. Una responsabilità nostra! Se io vedo che un programma non mi fa bene, mi butta giù i valori, mi fa diventare volgare, anche nella volgarità, anche nelle sporcizie, io devo cambiare canale. Come si faceva nella mia età della pietra: quando un libro era buono, tu lo leggevi; quando un libro ti faceva male, lo buttavi. E poi c’è un terzo punto: il punto della cattiva fantasia, di quella fantasia che uccide l’anima. Se tu che sei giovani, vivi attaccato al computer e diventi schiavo del computer, tu perdi la libertà! E se tu nel computer cerchi i programmi sporchi, tu perdi la dignità!
Vedere la televisione, usare il computer, ma per le cose belle, le cose grandi, le cose che ci fanno crescere. Questo è buono! Grazie!
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Altra domanda di un giovane: Caro Santo Padre, io sto qui, in questo centro di San Giovanni Paolo II e volevo chiederle se lei è riuscito a sentire anche la gioia e l’amore che tutti questi giovani di Bosnia ed Erzegovina hanno verso la sua persona?
Risposta del Papa:
Per dirti la verità, quando trovo i giovani sento la gioia e l’amore che hanno. Non solo per me, ma per gli ideali, per la vita. Vogliono crescere! Ma voi avete una singolarità: voi siete la prima – credo – generazione dopo la guerra. Voi siete fiori di una primavera, come ha detto mons. Semren: fiori di una primavera che vuol andare avanti e non tornare alla distruzione, alle cose che ci fanno nemici gli uni gli altri. Io trovo in voi questa voglia e questo entusiasmo. E questo è nuovo per me. Io vedo che voi non volete distruzione: voi non volete farvi nemici l’uno dell’altro. Volete camminare insieme, come ha detto Nadežda. E questo è grande! Io vedo in questa generazione, anche in voi, in voi tutti – ne sono sicuro! Guardate dentro di voi … – avete la stessa esperienza di Darko. Non siamo loro ed io, siamo “noi”. Noi vogliamo essere “noi”, per non distruggere la patria, per non distruggere il Paese. Tu sei musulmano, tu sei ebrei, tu sei ortodosso, tu sei cattolico… Ma siamo “noi”. Questo è fare la pace! E questo è proprio della vostra generazione e della vostra gioia.
Voi avete una vocazione grande, una vocazione grande: mai costruire muri! Soltanto ponti. E questa è la gioia che trovo in voi. Grazie!
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Terza domanda di una giovane: Io anche sono qui come volontaria in questo Centro, Santo Padre. Cosa ci può dire, qual è il suo messaggio per la pace per tutti noi giovani?
Risposta del Papa:
Un po’, in questa risposta, mi ripeto nelle cose che ho detto prima. Tutti parlano della pace. Alcuni potenti della terra parlano e dicono belle cose sulla pace, ma sotto vendono le armi! Da voi io aspetto onestà, ma onestà fra quello che pensate, quello che sentite e quello che fate: le tre cose insieme. Il contrario si chiama ipocrisia! Anni fa io ho visto un film su questa città, non ricordo il nome, ma la versione tedesca – quella che ho visto – era “Die Brücke” (“Il Ponte”). Non so come si chiama nella vostra lingua… E ho visto lì come il ponte sempre unisce. Quando il ponte non si usa per andare uno verso l’altro, ma è un ponte vietato, diventa la rovina di una città, la rovina di una esistenza. Per questo da voi, da questa prima generazione del dopoguerra, mi aspetto onestà e non ipocrisia, unione, fare i ponti, ma lasciare che si possa andare da una parte all’altra: questa è fratellanza. Non costruite muri ma ponti.
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Parole del Papa dopo lo scambio dei doni con i giovani
Si è vero “Mirvama”… Voi, i fiori di primavera del dopoguerra, fate la pace; lavorate per la pace. Tutti insieme.
Tutti insieme! Che questo sia un Paese di pace!
“Mir vama”: questo ricordatelo bene!
Che il Signore vi benedica. Io di cuore vi benedico e chiedo al Signore che vi benedica tutti. E, per favore, pregate per me.
Queste colombe sono un segnale di pace, la pace che ci porterà gioia.
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Saluto finale del Papa dal terrazzo del Centro:
Buonasera a tutti voi! “Mir Vama”: è questo il compito che io vi lascio. Fare la pace, tutti insieme!
Queste colombe sono un segnale di pace, la pace che ci porterà gioia. E la pace si fa fra tutti, fra tutti: musulmani, ebrei, ortodossi, cattolici ed altre religioni. Tutti siamo fratelli! Tutti adoriamo un Unico Dio!
Mai, mai separazione fra noi! Fratellanza e unione.
Adesso mi congedo e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Che il Signore vi benedica!
“Mir Vama!”.
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Questo il testo del discorso che il Papa ha consegnato ai vescovi
Cari giovani,
ho desiderato tanto questo incontro con voi giovani di Bosnia ed Erzegovina e dei Paesi vicini. A ciascuno rivolgo un caro saluto. Trovandomi qui in questo “Centro” dedicato a san Giovanni Paolo II, non posso dimenticare quanto egli ha fatto per i giovani, incontrandoli e incoraggiandoli in ogni parte del mondo. Alla sua intercessione affido ognuno di voi, come anche tutte le iniziative che la Chiesa cattolica ha intrapreso nella vostra terra per testimoniare la sua vicinanza e la sua fiducia nei giovani. Noi tutti camminiamo insieme!
Conosco i dubbi e le speranze che portate nel cuore. Ce li hanno ricordati il Vescovo Mons. Marko Semren e i vostri rappresentanti, Darko e Nadežda. In particolare, condivido l’auspicio che alle nuove generazioni siano assicurate reali prospettive per un futuro dignitoso nel Paese, evitando così il triste fenomeno dell’esodo. A tale riguardo le Istituzioni sono chiamate a mettere in atto opportune e coraggiose strategie per favorire i giovani nella realizzazione delle loro legittime aspirazioni; in questo modo essi saranno in grado di contribuire fattivamente all’edificazione e alla crescita del Paese. La Chiesa, da parte sua, può dare il suo apporto con adeguati progetti pastorali, focalizzati sulla formazione della coscienza civica e morale della gioventù, aiutandola così ad essere protagonista della vita sociale. Questo impegno della Chiesa è già in atto, specialmente attraverso la preziosa opera delle scuole cattoliche, giustamente aperte non solo agli studenti cattolici, ma anche a quelli di altre confessioni cristiane e altre religioni. Tuttavia, la Chiesa deve sentirsi chiamata ad osare sempre di più, partendo dal Vangelo e spinta dallo Spirito Santo che trasforma le persone, la società e la Chiesa stessa.
Anche a voi giovani spetta un compito decisivo nell’affrontare le sfide di questo nostro tempo, che sono certamente sfide materiali, ma prima ancora riguardano la visione dell’uomo. Infatti, insieme con i problemi economici, con la difficoltà di trovare lavoro e la conseguente incertezza per il futuro, si avverte la crisi dei valori morali e lo smarrimento del senso della vita. Di fronte a questa situazione critica, qualcuno potrebbe cedere alla tentazione della fuga, dell’evasione, chiudendosi in un atteggiamento di isolamento egoista, rifugiandosi nell’alcol, nella droga, nelle ideologie che predicano l’odio e la violenza. Sono realtà che conosco bene perché purtroppo sono presenti anche nella città di Buenos Aires, da cui provengo. Per questo vi incoraggio a non lasciarvi abbattere dalle difficoltà, ma a far emergere senza paura la forza che viene dal vostro essere persone e cristiani, dal vostro essere semi di una società più giusta, fraterna, accogliente e pacifica. Voi giovani, insieme a Cristo, siete la forza della Chiesa e della società. Se vi lasciate plasmare da Lui, se vi aprite al dialogo con Lui nella preghiera, con la lettura e la meditazione del Vangelo, diventerete profeti e testimoni di speranza!
A questa missione siete chiamati: salvare la speranza alla quale vi spinge la vostra stessa realtà di persone aperte alla vita; la speranza che avete di superare l’attuale situazione, di preparare per il futuro un clima sociale e umano più degno di quello attuale; la speranza di vivere in un mondo più fraterno, più giusto e pacifico, più sincero, più a misura d’uomo. Vi auguro di prendere sempre più coscienza che siete figli di questa terra, che vi ha generato e che chiede di essere amata e aiutata a riedificarsi, a crescere spiritualmente e socialmente, anche grazie all’indispensabile contributo delle vostre idee e della vostra opera. Per vincere ogni traccia di pessimismo ci vuole il coraggio di spendersi con gioia e dedizione nella costruzione di una società accogliente, rispettosa di tutte le diversità, orientata alla civiltà dell’amore. Di questo stile di vita voi avete un grande testimone molto vicino: il beato Ivan Merz. San Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato a Banja Luka. Sia sempre vostro protettore e vostro esempio!
La fede cristiana ci insegna che siamo chiamati a un destino eterno, ad essere figli di Dio e fratelli in Cristo (cfr 1 Gv 3,1), ad essere creatori di fraternità per amore a Cristo. Mi rallegro per l’impegno nel dialogo ecumenico e interreligioso intrapreso da voi giovani cattolici e ortodossi, con il coinvolgimento anche del mondo giovanile musulmano. In questa importante attività svolge un ruolo significativo questo “Centro Giovanile San Giovanni Paolo II”, con iniziative di conoscenza reciproca e di solidarietà, per favorire la convivenza pacifica tra le diverse appartenenze etniche e religiose. Vi incoraggio a proseguire con fiducia questa opera, impegnandovi nei progetti comuni, con gesti concreti di vicinanza e di aiuto ai più poveri e bisognosi.
Cari giovani, la vostra presenza festosa, la vostra sete di verità e di ideali alti sono segni di speranza! La giovinezza non è passività, ma sforzo tenace per raggiungere mete importanti, anche se costa; non è chiudere gli occhi alla difficoltà, ma rifiutare i compromessi e la mediocrità; non è evasione o fuga, ma impegno di solidarietà con tutti, particolarmente con i più deboli. La Chiesa conta e vuole contare su di voi, che siete generosi e capaci dei migliori slanci e dei più nobili sacrifici. Per questo i vostri Pastori, e io con loro, vi chiediamo di non isolarvi, ma di essere sempre uniti tra di voi, per godere la bellezza della fraternità ed essere più efficaci nella vostra azione.
Dal vostro modo di amarvi e di impegnarvi tutti possano vedere che siete cristiani: i giovani cristiani della Bosnia ed Erzegovina! Senza paura; senza fuggire dalla realtà; aperti a Cristo e ai fratelli. Siete parte viva del grande Popolo che è la Chiesa: il Popolo universale, in cui tutte le nazioni e le culture possono ricevere la benedizione di Dio e trovare la via della pace. In questo Popolo ognuno di voi è chiamato a seguire Cristo e dare la vita per Dio e per i fratelli, nella strada che il Signore vi indicherà, anzi, che vi indica! Già oggi, adesso, il Signore vi chiama: volete rispondergli? Non abbiate paura. Non siamo soli! Siamo sempre con il Padre celeste, con Gesù nostro Fratello e Signore, con lo Spirito Santo; e abbiamo la Chiesa e Maria per madre. La Madonna vi protegga e vi dia sempre la gioia e il coraggio di testimoniare il Vangelo.
Vi benedico tutti, e vi chiedo per favore di pregare per me.
A cura di Redazione Papaboys fonti: Radio Vaticana / livetwitting di Alessandro Ginotta
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