Debora Donnini-Città del Vaticano
Sono i Comandamenti il cuore del nuovo itinerario di catechesi di Papa Francesco all’udienza generale
, che prende il via oggi. Mercoledì scorso si è, quindi, concluso il ciclo di riflessioni sui sacramenti. Circa quindicimila, stamani, i fedeli presenti in Piazza San Pietro. Dopo il giro in papamobile, il Papa ha portato con sé sul Sagrato una decina di bambini con dei cappellini gialli provenienti da Ponsacco (Pisa).Punto di partenza del suo intervento è stata la domanda del giovane ricco, che chiede a Gesù come ereditare la vita eterna, quella domanda di “vita piena, infinita” che è dentro ogni uomo. Alcuni per arrivarvi si distruggono andando dietro a “cose effimere”. Altri pensano che sia meglio spegnere questo impulso perché pericoloso. Ma – nota il Papa rivolgendosi specialmente ai giovani – “il nostro peggior nemico non sono i problemi concreti, per quanto seri e drammatici: il pericolo più grande della vita è un cattivo spirito di adattamento che non è mitezza o umiltà, ma mediocrità, pusillanimità”. Francesco esorta, quindi, con forza i giovani a non essere mediocri perché un giovane mediocre è senza futuro, “non cresce, non avrà successo”:
Mitezza, forza e niente, niente pusillanimità, niente mediocrità. Il Beato Pier Giorgio Frassati – che era un giovane – diceva che bisogna vivere, non vivacchiare. I mediocri vivacchiano. Vivere con la forza della vita. Bisogna chiedere al Padre celeste per i giovani di oggi il dono della sana inquietudine.
Tanto è vero che quando un giovane sta seduto tutto il giorno i genitori pensano che sia malato e lo portano dal medico. I giovani, invece, devono essere affamati di vita autentica, non accontentarsi di una vita senza bellezza perché – si chiede il Papa – dove potrà andare “l’umanità con giovani quieti, non inquieti”.
Francesco sottolinea poi che Gesù risponde al giovane ricco citando una parte del Decalogo: si tratta di “un processo pedagogico”, perché è chiaro che quell’uomo non ha la vita piena. E il passaggio dalla giovinezza alla maturità avviene proprio quando si iniziano ad “accettare i propri limiti”, si prende coscienza di quello che manca. L’esistenza è preziosa, ma c’è una verità che nella storia degli ultimi secoli l’uomo ha spesso rifiutato, con tragiche conseguenze: “la verità dei suoi limiti”.
Il giovane ricco, quindi, “doveva arrivare sulla soglia di un salto, dove si apre la possibilità di smettere di vivere per se stessi” e la proposta finale che gli fa Gesù non è quella della povertà, ma della ricchezza vera: “avrai un tesoro in cielo”, gli dice.
Ecco la sfida: trovare l’originale della vita, non la copia. Gesù non offre surrogati, ma vita vera, amore vero, ricchezza vera! Come potranno i giovani seguirci nella fede se non ci vedono scegliere l’originale, se ci vedono assuefatti alle mezze misure? È brutto trovare cristiani a mezza misura, cristiani – mi permetto la parola – “nani”; crescono fino ad una certa statura e poi no, cristiani con il cuore rimpicciolito, chiuso. È brutto trovare questo. Ci vuole l’esempio di qualcuno che mi invita a un “oltre”, a un “di più”, a crescere un po’.
Sant’Ignazio lo chiamava il “magis”, il di più. E il Papa intende quindi con queste nuove catechesi prendere le due tavole di Mosè da cristiani “per passare dalle illusioni della giovinezza al tesoro che è nel cielo, camminando dietro di Lui”.
Nei saluti ai pellegrini di lingua italiana, Francesco ha ricordato l’odierna memoria di Sant’Antonio di Padova, Dottore della Chiesa e Patrono dei poveri. “Egli – ha detto – vi insegni la bellezza dell’amore sincero e gratuito; solo amando come Lui amò, nessuno intorno a voi si sentirà emarginato e, allo stesso tempo, voi stessi sarete sempre più forti nelle prove della vita”. Una ricorrenza ricordata anche all’inizio della catechesi, quando il Papa aveva rivolto gli auguri a tutti gli “Antoni”.
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