Adriana Masotti – Città del Vaticano
Un momento difficile da dimenticare quello vissuto stamattina dai seminaristi e dai sacerdoti studenti nei Pontifici Collegi ecclesiastici a Roma. All’incontro con il Papa in Aula Paolo VI si sono preparati a lungo con canti, preghiere e letture, e quando Francesco ha fatto il suo ingresso l’accoglienza è stata davvero festosa. Dopo il saluto del card. Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero, è iniziato il dialogo con Francesco che ha risposto a 5 domande tutte centrate sulla formazione e sulla spiritualità sacerdotale. Molte le indicazioni e gli spunti di riflessione proposti dal Papa, ma molte anche le sue battute scherzose e le risate.
Sacerdoti sempre in cammino e in ascolto
A leggere la prima domanda è un seminarista francese in rappresentanza degli europei: chiede al Papa come tenere insieme il ministero presbiterale con l’umiltà del sentirsi discepoli e missionari. Il sacerdote – risponde il Papa – deve essere un uomo sempre in cammino, un uomo in ascolto e mai solo: avere l’umiltà di essere accompagnati.
Fondamentale è fare discernimento
Fondamentale importanza ha poi il discernimento per capire come andare avanti, ciò che va e ciò che non va. E questo Francesco lo spiega rispondendo alla seconda domanda letta da un seminarista africano proveniente dal Sudan. Due le condizioni per un vero discernimento: che si faccia nella preghiera, davanti a Dio, e che si faccia confrontandosi con un altro, una guida capace di ascoltare e di dare degli orientamenti. Quando non c’è discernimento nella vita sacerdotale – ha insistito il Papa – c’è rigidità e casistica. C’è l’incapacità di andare avanti. Tutto diventa chiuso, lo Spirito Santo non lavora. Il Papa raccomanda ai sacerdoti di prendere lo Spirito Santo come compagno di cammino e dice che spesso si ha paura dello Spirito Santo, che lo si vuole ingabbiare. Non basta essere buoni, ma vivere come se lo Spirito Santo non ci fosse.
Formazione umana del presbitero
Un sacerdote messicano, a nome di quanti sono giunti dall’America Latina, chiede poi al Papa come si può salvaguardare l’equilibrio integrale del sacerdote lungo tutto il suo percorso di vita. E il Papa sottolinea l’importanza della formazione umana del presbitero. Bisogna essere persone normali – dice – umane, capaci di gioire con gli altri, di farsi qualche risata, di ascoltare in silenzio un malato, di consolare facendo una carezza. Bisogna essere padri, essere fecondi, dare vita agli altri. Sacerdoti padri, conclude, non funzionari del sacro o impiegati di Dio.
La spiritualità del sacerdote diocesano
Dagli Stati Uniti un diacono gli chiede quali sono i tratti della spiritualità del sacerdote diocesano, che quindi non si rifà agli insegnamenti di un fondatore o di un altro. Il Papa risponde con una parola: “diocesanità”. E ciò significa che il sacerdote deve curare il rapporto con il proprio vescovo, anche se fosse un tipo difficile, con i suoi fratelli presbiteri e con la gente della sua parrocchia che sono i suoi figli. Se lavorerete su questi tre fronti – afferma Francesco – diventerete santi.
Curare la formazione umana
A rivolgere al Papa l’ultima domanda sulla formazione permanente è un sacerdote delle Filippine. Il Papa raccomanda di curare la propria formazione: umana, pastorale, spirituale, comunitaria. E dice che la formazione permanente nasce dalla coscienza della propria debolezza. Importante è conoscere i propri limiti. Poi, immersi nella cultura contemporanea, chiedersi come si vive la comunicazione virtuale, come si usa il proprio cellulare, prepararsi ad affrontare le tentazioni sulla castità – che verranno, dice il Papa – e poi guardarsi dalla superbia, dall’attrattiva dei soldi, del potere e delle comodità.