CITTA’ DEL VATICANO – La chiusura porta sempre alla distruzione, promuovere la cultura dell’incontro. E’ l’esortazione rivolta da Papa Francesco ai membri del Corpo diplomatico presso la Santa Sede, incontrati stamani nella Sala Regia del Palazzo Apostolico per gli auguri di inizio anno. Dalla Siria al Centrafrica, dalla Nigeria all’Iraq, il Pontefice ha toccato nel suo lungo intervento tutte le aree che oggi soffrono a causa della violenza. Quindi, ha ribadito la necessità di combattere la “cultura dello scarto”, di aiutare i più deboli e in particolare i migranti ed ha levato un appello accorato affinché i bambini siano risparmiati dall’orrore dell’aborto, della guerra e della tratta degli esseri umani. Attualmente la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche piene con 180 Stati. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal decano del Corpo diplomatico, Jean-Claude Michel, ambasciatore del Principato di Monaco.
Apertura, incontro, fraternità. Sono i tre perni intorno a cui ha ruotato il discorso di Papa Francesco al Corpo diplomatico, una sorta di “road map” globale per la pace e i diritti umani. Il Pontefice ha subito sottolineato che vanno sostenute le persone più deboli: gli anziani, che troppe volte sono considerati un peso e i giovani, che devono essere aiutati a trovare un lavoro, per non spegnerne l’entusiasmo. Né ha mancato di chiedere politiche di sostegno alla famiglia. Quindi, ha messo l’accento sul tema a lui caro della cultura dell’incontro:
“La chiusura e l’isolamento creano sempre un’atmosfera asfittica e pesante, che prima o poi finisce per intristire e soffocare. Serve, invece, un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli di comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace”.
Lo confermano, ha detto il Papa, “le immagini di distruzione e di morte che abbiamo avuto davanti agli occhi nell’anno appena trascorso”. Il Papa, che ha citato numerosi suoi Predecessori, si è quindi soffermato sulle situazioni più drammatiche nel mondo a partire dalla Siria per la quale ha chiesto ancora una volta la fine del conflitto. Il Pontefice ha, inoltre, ringraziato quanti hanno partecipato alla Giornata di preghiera da Lui indetta per la pace nel Paese:
“Occorre ora una rinnovata volontà politica comune per porre fine al conflitto. In tale prospettiva, auspico che la Conferenza ‘Ginevra 2’, convocata per il 22 gennaio p.v., segni l’inizio del desiderato cammino di pacificazione. Nello stesso tempo, è imprescindibile il pieno rispetto del diritto umanitario. Non si può accettare che venga colpita la popolazione civile inerme, soprattutto i bambini”.
Il Papa ha avuto parole di incoraggiamento per i tanti profughi siriani, elogiando lo sforzo dei Paesi, come Libano e Giordania, che li hanno accolti generosamente. Sempre rimanendo nel Medio Oriente, il Papa ha espresso preoccupazioni per l’acuirsi dei contrasti nel Paese dei Cedri, instabilità che vive anche l’Egitto e l’Iraq. Il Papa ha invece espresso soddisfazione per i progressi compiuti nel dialogo tra l’Iran e il Gruppo 5+1 sulla questione nucleare. Quindi, ha incoraggiato gli sforzi per la pace tra israeliani e palestinesi:
“In questo senso è positivo che siano ripresi i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi e faccio voti affinché le Parti siano determinate ad assumere, con il sostegno della Comunità internazionale, decisioni coraggiose per trovare una soluzione giusta e duratura ad un conflitto la cui fine si rivela sempre più necessaria e urgente”.
Papa Francesco ha poi rivolto il pensiero all’esodo dei cristiani dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Essi, ha osservato, “desiderano continuare a far parte dell’insieme sociale, politico e culturale dei Paesi che hanno contribuito ad edificare”:
“… i cristiani sono chiamati a dare testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. Non bisogna mai desistere dal compiere il bene anche quando è arduo e quando si subiscono atti di intolleranza, se non addirittura di vera e propria persecuzione”.
Con grave preoccupazione, il Papa ha parlato della Repubblica Centrafricana, dove la popolazione soffre a causa di tensioni “che hanno seminato a più riprese distruzione e morte”. Ed ha chiesto con forza “l’interessamento della Comunità internazionale” affinché “contribuisca a far cessare le violenze, a ripristinare lo stato di diritto e a garantire l’accesso degli aiuti umanitari” nel Paese. Da parte sua, ha ribadito, la Chiesa cattolica “continuerà ad assicurare la propria presenza e collaborazione” per aiutare la popolazione e per “ricostruire un clima di riconciliazione e di pace”. Un binomio, questo, ha detto, che è una priorità fondamentale “anche in altre parti del Continente africano”. Ancora, ha parlato della difficile situazione in Nigeria, Mali, Sud Sudan dove si vive una nuova emergenza umanitaria. Il Papa ha così rivolto lo sguardo all’Asia, auspicando il dono della riconciliazione per la Penisola coreana ed ha esortato alla convivenza pacifica nel Continente tra le diverse componenti civili, etniche e religiose:
“Occorre incoraggiare tale reciproco rispetto, soprattutto di fronte ad alcuni preoccupanti segnali di un suo indebolimento, in particolare a crescenti atteggiamenti di chiusura che, facendo leva su motivazioni religiose, tendono a privare i cristiani delle loro libertà e a mettere a rischio la convivenza civile”.
La pace, ha del resto osservato, è ferita dovunque la dignità umana viene negata, prima fra tutte dalla “impossibilità di nutrirsi in modo sufficiente”. Ed ha avvertito che “non possono lasciarci indifferenti i volti di quanti soffrono la fame, soprattutto dei bambini. Oggi, ha poi constatato con amarezza, non sono scartati solo il cibo o i beni, ma vengono scartati “gli stessi esseri umani, “come fossero cose non necessarie”:
“Ad esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto, o quelli che vengono utilizzati come soldati, violentati o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro l’umanità”.
Il Papa ha, così, ricordato la sua visita a Lampedusa, chiedendo accoglienza per i migranti, in particolare per i tanti costretti a fuggire dalle violenze e dalla carestia nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi. Il Papa, Vescovo di Roma, non ha quindi mancato di levare un augurio particolare per l’Italia:
“Auguro al popolo italiano, al quale guardo con affetto, anche per le comuni radici che ci legano, di rinnovare il proprio encomiabile impegno di solidarietà verso i più deboli e gli indifesi e, con lo sforzo sincero e corale di cittadini e istituzioni, di superare le attuali difficoltà, ritrovando il clima di costruttiva creatività sociale che lo ha lungamente caratterizzato”.
Il discorso di Papa Francesco si è concluso con la vicinanza alle vittime del tifone Hayan, nelle Filippine e nel Sud Est asiatico, e con un appello al rispetto del Creato. Anche “l’avido sfruttamento delle risorse ambientali”, è stato il suo monito, rappresenta una ferita alla pace.
Il servizio è di Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana