Emettere una sentenza contro un crimine e comminare un pena a chi l’ha commesso non è responsabilità che si che possa esercitare senza un quadro di valori di riferimento. E il valore dei valori è il cristianesimo, che ha conferito all’uomo una dignità altissima, quella di figlio di Dio.
Papa Francesco afferma questa visione al cospetto dei membri del Consiglio superiore della magistratura italiana (Csm) agganciandola alla realtà attuale, quella di un contesto di globalizzazione che investe e condiziona anche l’amministrazione della giustizia, portando “con sé – dice il Papa – anche aspetti di possibile confusione e disorientamento, ad esempio…
“…quando diventa veicolo per introdurre usanze, concezioni, persino norme, estranee ad un tessuto sociale con conseguente deterioramento delle radici culturali di realtà che vanno invece rispettate; e ciò per effetto di tendenze appartenenti ad altre culture, economicamente sviluppate ma eticamente indebolite. Tante volte io ho parlato delle colonizzazioni ideologiche quando mi riferisco a questo problema.
Di fronte a quelle che definisce “scosse profonde” patite dalle “radici culturali”, Francesco invita il mondo della magistratura a contribuire con le altre forze istituzionali a dare “stabilità” e a “rendere più solide le basi dell’umana convivenza”, attingendo alla tradizione cristiana e al suo fondamento dell’amore di Dio e del prossimo. Basi, sostiene, in grado di fare da “argine efficace” anche contro “l’espansione della criminalità, nelle sue espressioni economiche e finanziarie, e la piaga della corruzione, da cui sono affette anche le democrazie più evolute”:
“È necessario intervenire non solo nel momento repressivo, ma anche in quello educativo, rivolto in modo particolare alle nuove generazioni, offrendo un’antropologia – che non sia relativista – ed un modello di vita in grado di rispondere alle alte e profonde ispirazioni dell’animo umano. A tale scopo le istituzioni sono chiamate a recuperare una strategia di lungo respiro, orientata alla promozione della persona umana e della pacifica convivenza”.
Francesco ricorda poi il valore intrinsecamente universale di una sentenza, per cui se è vero – riconosce – che un giudice è chiamato a intervenire in presenza di una violazione della regola, “è anche vero – asserisce – che la riaffermazione della regola non è solo un atto rivolto alla singola persona, ma supera sempre il caso individuale per interessare la comunità nel suo insieme:
“Giustamente, poi, in questo tempo si pone un accento particolare sul tema dei diritti umani, che costituiscono il nucleo fondamentale del riconoscimento della dignità essenziale dell’uomo. Questo va fatto senza abusare di tale categoria volendo farvi rientrare pratiche e comportamenti che, invece di promuovere e garantire la dignità umana, in realtà la minacciano o addirittura la violano. La giustizia non si fa in astratto, ma considerando sempre l’uomo nel suo valore reale, come essere creato a immagine di Dio e chiamato a realizzarne, qui in terra, la somiglianza”.
L’ultimo pensiero del Papa è per la figura di Vittorio Bachelet, che fu a capo del Csm e venne ucciso 35 anni fa dalle Brigate Rosse. “La sua testimonianza di uomo, di cristiano e di giurista – chiosa Francesco – continui ad animare il vostro impegno al servizio della giustizia e del bene comune”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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