Dopo la Conferenza internazionale sulla pace ad Al Azhar, il Papa ha incontrato al Cairo il presidente egiziano Al Sisi, i membri del Governo e del Parlamento, gli ambasciatori e i membri del Corpo Diplomatico. Il presidente Al Sisi, nel suo discorso, ha espresso con forza la sua gratitudine per la missione di pace del Papa.
Ha ricordato che l’Egitto vuole rimanere terra di accoglienza e di pace. Ha condannato il terrorismo sottolineando che le forze del male pretendono di parlare in nome dell’islam, mentre mai l’islam ha predicato l’uccisione di innocenti. Estirpare il terrorismo – ha detto Al Sisi – richiede più coordinamento internazionale, anche per prosciugare i finanziamenti dei terroristi, c’è bisogno di una strategia globale per scardinare le infrastrutture del terrorismo. Quella dei terroristi è una ideologia mendace. Infine ha auspicato l’avvento di una nuova era di pace misericordia e tolleranza.
Il Papa, nel suo discorso, ha detto di essere lieto di trovarsi in Egitto, “terra di antichissima e nobile civiltà, le cui vestigia possiamo ammirare ancora oggi e che, nella loro maestosità, sembrano voler sfidare i secoli. Questa terra rappresenta molto per la storia dell’umanità e per la Tradizione della Chiesa, non solo per il suo prestigioso passato storico – dei faraoni, copto e musulmano –, ma anche perché tanti Patriarchi vissero in Egitto o lo attraversarono. Infatti, esso è menzionato un gran numero di volte nelle Sacre Scritture. In questa terra Dio si è fatto sentire, «ha rivelato il suo nome a Mosè» e sul monte Sinai ha affidato al suo popolo e all’umanità i Comandamenti divini. Sul suolo egiziano trovò rifugio e ospitalità la Santa Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe”.
“L’ospitalità data con generosità più di duemila anni fa – ha osservato Papa Francesco – rimane nella memoria collettiva dell’umanità ed è fonte di abbondanti benedizioni che ancora si estendono. L’Egitto, quindi, è una terra che, in un certo senso, sentiamo tutti come nostra! E come dite voi: “Misr um al dugna / L’Egitto è la madre dell’universo”. Anche oggi vi trovano accoglienza milioni di rifugiati provenienti da diversi Paesi, tra cui Sudan, Eritrea, Siria e Iraq, rifugiati che con lodevole impegno si cerca di integrare nella società egiziana”.
“Questo destino e questo compito dell’Egitto – ha sottolineato ancora il Papa – costituiscono anche il motivo che ha portato il popolo a sollecitare un Egitto dove non manchino a nessuno il pane, la libertà e la giustizia sociale. Certamente questo obiettivo diventerà una realtà se tutti insieme avranno la volontà di trasformare le parole in azioni, le valide aspirazioni in impegno, le leggi scritte in legge applicate, valorizzando la genialità innata di questo popolo”.
“L’Egitto, quindi – ha proseguito – ha un compito singolare: rafforzare e consolidare anche la pace regionale, pur essendo, sul proprio suolo, ferito da violenze cieche. Tali violenze fanno soffrire ingiustamente tante famiglie – alcune delle quali sono qui presenti – che piangono i loro figli e figlie”.
Papa Francesco ha rivolto poi il suo pensiero “a tutte le persone che, negli ultimi anni, hanno dato la vita per salvaguardare la loro Patria: i giovani, i membri delle forze armate e della polizia, i cittadini copti e tutti gli ignoti caduti a causa di diverse azioni terroristiche. Penso anche alle uccisioni e alle minacce che hanno determinato un esodo di cristiani dal Sinai settentrionale. Esprimo riconoscenza alle Autorità civili e religiose e a quanti hanno dato accoglienza e assistenza a queste persone tanto provate. Penso altresì a coloro che sono stati colpiti negli attentati alle chiese Copte, sia nel dicembre scorso sia più recentemente a Tanta e ad Alessandria. Ai loro familiari e a tutto l’Egitto vanno il mio più sentito cordoglio e la mia preghiera al Signore affinché dia pronta guarigione ai feriti”.
Il Pontefice ha poi incoraggiato “l’audacia degli sforzi per la realizzazione di numerosi progetti nazionali, come anche le tante iniziative che sono state prese in favore della pace nel Paese e al di fuori di esso, in ordine all’auspicato sviluppo, nella prosperità e nella pace, che il popolo desidera e merita. Lo sviluppo, la prosperità e la pace sono beni irrinunciabili che meritano ogni sacrificio. Sono anche obiettivi che richiedono lavoro serio, impegno convinto, metodologia adeguata e, soprattutto, rispetto incondizionato dei diritti inalienabili dell’uomo, quali l’uguaglianza tra tutti i cittadini, la libertà religiosa e di espressione, senza distinzione alcuna . Obiettivi che esigono una speciale attenzione al ruolo della donna, dei giovani, dei più poveri e dei malati. In realtà, lo sviluppo vero si misura dalla sollecitudine che si dedica all’uomo – cuore di ogni sviluppo –, alla sua educazione, alla sua salute e alla sua dignità; infatti la grandezza di qualsiasi nazione si rivela nella cura che essa dedica realmente ai più deboli della società: le donne, i bambini, gli anziani, i malati, i disabili, le minoranze, affinché nessuna persona e nessun gruppo sociale rimangano esclusi o lasciati ai margini”.
“Di fronte a uno scenario mondiale delicato e complesso, che fa pensare a quella che ho chiamato una ‘guerra mondiale a pezzi’, occorre affermare che non si può costruire la civiltà senza ripudiare ogni ideologia del male, della violenza e ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l’altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio
Il Papa ha sottolineato che “abbiamo tutti il dovere di insegnare alle nuove generazioni che Dio, il Creatore del cielo e della terra, non ha bisogno di essere protetto dagli uomini, anzi è Lui che protegge gli uomini; Egli non vuole mai la morte dei suoi figli ma la loro vita e la loro felicità; Egli non può né chiedere né giustificare la violenza, anzi la detesta e la rigetta. Il vero Dio chiama all’amore incondizionato, al perdono gratuito, alla misericordia, al rispetto assoluto di ogni vita, alla fraternità tra i suoi figli, credenti e non credenti”.
“Abbiamo il dovere – ha proseguito – di affermare insieme che la storia non perdona quanti proclamano la giustizia e praticano l’ingiustizia; non perdona quanti parlano dell’eguaglianza e scartano i diversi. Abbiamo il dovere di smascherare i venditori di illusioni circa l’aldilà, che predicano l’odio per rubare ai semplici la loro vita presente e il loro diritto di vivere con dignità, trasformandoli in legna da ardere e privandoli della capacità di scegliere con libertà e di credere con responsabilità”.
Il Papa ha aggiunto a braccio: “Signor presidente, lei, alcuni minuti fa mi ha detto che Dio è il Dio della libertà: e questo è vero”. E ha ripreso: “Abbiamo il dovere di smontare le idee omicide e le ideologie estremiste, affermando l’incompatibilità tra la vera fede e la violenza, tra Dio e gli atti di morte. La storia invece onora i costruttori di pace, che, con coraggio e senza violenza, lottano per un mondo migliore: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9)”.
“L’Egitto, che al tempo di Giuseppe salvò gli altri popoli dalla carestia (cfr Gen 47,57) – ha sottolineato – è quindi chiamato anche oggi a salvare questa cara regione dalla carestia dell’amore e della fraternità; è chiamato a condannare e a sconfiggere ogni violenza e ogni terrorismo; è chiamato a donare il grano della pace a tutti i cuori affamati di convivenza pacifica, di lavoro dignitoso, di educazione umana. L’Egitto, che nello stesso tempo costruisce la pace e combatte il terrorismo, è chiamato a dare prova che “AL DIN LILLAH WA AL WATÀN LILGIAMIA’ / La fede è per Dio, la Patria è per tutti”, come recita il motto della Rivoluzione del 23 luglio 1952, dimostrando che si può credere e vivere in armonia con gli altri, condividendo con loro i valori umani fondamentali e rispettando la libertà e la fede di tutti. Il peculiare ruolo dell’Egitto è necessario per poter affermare che questa regione, culla delle tre grandi religioni, può, anzi deve risvegliarsi dalla lunga notte di tribolazione per tornare a irradiare i supremi valori della giustizia e della fraternità, che sono il fondamento solido e la via obbligatoria per la pace. Dalle nazioni grandi non si può attendere poco!”.
Il Papa ha ricordato che “quest’anno si celebrerà il 70° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica Araba dell’Egitto, uno dei primi Paesi Arabi a stabilire tali rapporti diplomatici. Essi sono sempre stati caratterizzati dall’amicizia, dalla stima e dalla collaborazione reciproca. Auspico che questa mia visita possa consolidarli e rafforzarli”.
“La pace è dono di Dio – ha detto il Papa – ma è anche lavoro dell’uomo. È un bene da costruire e da proteggere, nel rispetto del principio che afferma la forza della legge e non la legge della forza. Pace per questo amato Paese! Pace per tutta questa regione, in particolare per Palestina e Israele, per la Siria, per la Libia, per lo Yemen, per l’Iraq, per il Sud Sudan; pace a tutti gli uomini di buona volontà!”.
Il Papa rivolge “un affettuoso saluto e un paterno abbraccio a tutti i cittadini egiziani”. Saluta quindi “i figli e i fratelli cristiani che vivono in questo Paese: i copti ortodossi, i greco-bizantini, gli armeno-ortodossi, i protestanti e i cattolici. San Marco, l’evangelizzatore di questa terra, vi protegga e ci aiuti a costruire e a raggiungere l’unità, tanto desiderata dal Nostro Signore (cfr Gv 17,20-23). La vostra presenza in questa Patria – ha rilevato – non è né nuova né casuale, ma storica e inseparabile dalla storia dell’Egitto. Siete parte integrante di questo Paese e avete sviluppato nel corso dei secoli una sorta di rapporto unico, una particolare simbiosi, che può essere presa come esempio da altre Nazioni. Voi avete dimostrato e dimostrate che si può vivere insieme, nel rispetto reciproco e nel confronto leale, trovando nella differenza una fonte di ricchezza e mai un motivo di scontro.
Il Papa ha così concluso: “Grazie per la calorosa accoglienza. Chiedo a Dio Onnipotente e Unico di colmare tutti i cittadini egiziani con le Sue Benedizioni divine. Egli conceda all’Egitto pace e prosperità, progresso e giustizia e benedica tutti i suoi figli! “Benedetto sia l’Egitto mio popolo”, dice il Signore nel Libro di Isaia (19,25). Shukran wa tahìah misr! / Grazie e viva l’Egitto!”.
di Redazione Paaboys fonte: Radio Vaticana
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