Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Gesù ce lo ha indicato più volte, “l’altro da amare, non a parole ma con i fatti, è colui che incontro sulla mia strada e che, con il suo volto e la sua storia, mi interpella”. Papa Francesco lo ripete prima del Regina Caeli, recitato dalla finestra del suo studio nel Palazzo apostolico con i numerosi fedeli che illuminano una Piazza San Pietro senza sole.
Da amare per condividere l’amore di Cristo, che nel Vangelo di Giovanni inserito nella liturgia di questa domenica, chiede ai discepoli: “rimanete nel mio amore” e “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Amate quindi, spiega Francesco, gli anziani anche se creano disagi, i malati anche all’ultimo stadio, i nascituri che vanno sempre accolti.
E’ questo il significato della consegna di Gesù ai discepoli e a coloro che vogliono attuare “stili di vita coerenti per essere la comunità del Risorto”. Perché, chiarisce il Papa “l’amore di Cristo non è un sentimento superficiale, ma un atteggiamento fondamentale del cuore, che si manifesta nel vivere come Lui vuole”.
L’amore si realizza nella vita di ogni giorno, prosegue il Pontefice, “negli atteggiamenti, nelle azioni. Altrimenti è soltanto qualcosa di illusorio”. I comandamenti che Gesù ci chiede si riassumono in uno solo: “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
Come fare, si domanda e ci domanda Papa Francesco, perché questo amore che il Signore risorto ci dona possa essere condiviso dagli altri?
Più volte Gesù ha indicato chi è l’altro da amare, non a parole ma con i fatti. È colui che incontro sulla mia strada e che, con il suo volto e la sua storia, mi interpella; è colui che, con la sua stessa presenza, mi spinge a uscire dai miei interessi e dalle mie sicurezze.
E’ colui, prosegue il Papa, “che attende la mia disponibilità ad ascoltare e a fare un pezzo di strada insieme”. Cominciamo da chi “mi è vicino in famiglia, nella comunità, al lavoro, a scuola… In questo modo, se io rimango unito a Gesù, il suo amore può raggiungere l’altro e attirarlo a sé, alla sua amicizia”.
E questo amore per gli altri, chiarisce ancora Francesco, “non può essere riservato a momenti eccezionali, ma deve diventare la costante della nostra esistenza”.
Ecco perché siamo chiamati a custodire gli anziani come un tesoro prezioso e con amore, anche se creano problemi economici e disagi. Ecco perché ai malati, anche se nell’ultimo stadio, dobbiamo dare tutta l’assistenza possibile. Ecco perché i nascituri vanno sempre accolti; ecco perché, in definitiva, la vita va sempre tutelata e amata dal concepimento al suo naturale tramonto.
Amarci come Gesù ci ama, conclude il Pontefice, non è possibile “se non abbiamo in noi il suo stesso Cuore. L’Eucaristia, alla quale siamo chiamati a partecipare ogni domenica, ha lo scopo di formare in noi il Cuore di Cristo, così che tutta la nostra vita sia guidata dai suoi atteggiamenti generosi”. Maria ci aiuti “a rimanere nell’amore di Gesù e a crescere nell’amore verso tutti, specialmente i più deboli”, perché è questa la nostra vocazione cristiana.
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