Vivere “in unione con Gesù e con atteggiamento di amore e di servizio” verso il prossimo. Questa l’esortazione di Papa Francesco al Regina Coeli in piazza San Pietro, nella quinta domenica di Pasqua.
Riflettendo sull’odierno Vangelo di Giovanni, in cui Gesù si presenta come “la vera vite e ci invita a rimanere uniti a Lui per portare molto frutto”, il Pontefice evidenzia come il segreto della vita cristiana sia proprio il “rimanere” uniti a Cristo.
Si tratta di rimanere con il Signore per trovare il coraggio di uscire da noi stessi, dalle nostre comodità, dai nostri spazi ristretti e protetti, per inoltrarci nel mare aperto delle necessità degli altri e dare ampio respiro alla nostra testimonianza cristiana nel mondo. Questo coraggio di uscire da sé e inoltrarci nelle necessità degli altri nasce dalla fede nel Signore Risorto e dalla certezza che il suo Spirito accompagna la nostra storia.
Uno dei frutti più maturi che scaturisce dalla comunione con Cristo – spiega Francesco – è “l’impegno di carità verso il prossimo”, amando i fratelli “con abnegazione di sé”, “fino alle ultime conseguenze”, proprio come fece Gesù.
Il dinamismo della carità del credente non è frutto di strategie, non nasce da sollecitazioni esterne, da istanze sociali o ideologiche, ma dall’incontro con Gesù e dal rimanere in Gesù. Egli per noi è la vite dalla quale assorbiamo la linfa, cioè la “vita” per portare nella società un modo diverso di vivere e di spendersi, che mette al primo posto gli ultimi.
Quando si è “intimi” con il Signore, proprio come la vite e i tralci, “si è capaci – spiega il Papa – di portare frutti di vita nuova, di misericordia, di giustizia e di pace, derivanti dalla Risurrezione del Signore”. È quanto hanno fatto i Santi, che – aggiunge, richiamando l’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate – “hanno vissuto in pienezza la vita cristiana e la testimonianza della carità”.
Per essere santi “non è necessario essere vescovi, sacerdoti o religiosi. […] Tutti noi, tutti, siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova”. Tutti noi siamo chiamati ad essere santi; dobbiamo essere santi con questa ricchezza che noi riceviamo dal Signore risorto. Ogni attività – il lavoro e il riposo, la vita familiare e sociale, l’esercizio delle responsabilità politiche, culturali ed economiche – ogni attività, sia piccola sia grande, se vissuta in unione con Gesù e con atteggiamento di amore e di servizio, è occasione per vivere in pienezza il Battesimo e la santità evangelica.
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Nei saluti finali, Francesco ricorda tra l’altro come ieri a Cracovia sia stata proclamata Beata Anna Chrzanowska, fedele laica: dedicò la sua vita a curare gli ammalati “nei quali vedeva il volto di Gesù sofferente” conclude il Pontefice, pregando affinché sia imitato l’esempio di questa “apostola degli infermi”.
Giada Aquilino – Città del Vaticano
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Ha ragione!
Spesso Papa Francesco non è capito da molti europei perché fa riferimento alla sua esperienza sudamericana: i cattolici della tradizione, perciò, sentonno il Papa quasi come "ostile" verso di loro perché non ne capiscono il linguaggio e i progressisti rimangono frustrati perché vedono che, nonostante le "aperture", egli rimane fedelissimo alla Tradizione.
Il fatto è che mentre in Sudamerica i cattolici più “bravi” di tutti, quelli che pregano tanto e offrono tanti soldi alla Chiesa, sono spesso anche quelli che, pur in presenza di ingiustizie sociali ENORMI, non muovono un dito per i poveri, in Europa va di MODA il cristiano che parla di povertà e, magari, fa del volontariato, ma non verso tutti. Questo cristiano alla moda, ad esempio, spesso non muove un dito quando si tratta di difendere la vita dei bambini non ancora nati.
La carità non è di destra né di sinistra, non solo perché si colloca a un livello diverso, ma anche perché le fazioni politiche sono di fatto contro la carità.
Per questo per capire questo Papa e lo stesso Vangelo, occorre liberarsi dalle ideologie.