“Noi non siamo profeti di sventura”: Gesù vuole persone che propagano la speranza con il loro modo di amare. All’udienza generale, Papa Francesco prosegue il ciclo di riflessioni sulla speranza cristiana soffermandosi stamani sui “missionari di speranza oggi”. E un grande testimone di speranza è stato senz’altro San Francesco d’Assisi, che la Chiesa festeggia oggi, così come lo sono i cristiani perseguitati in Medio Oriente.
L’essenza dell’annuncio cristiano è l’opposto dell’essere profeti di sventura, spiega, è invece un annuncio di “Gesù, morto per amore e che Dio ha risuscitato al mattino di Pasqua”. Il Vangelo sarebbe, infatti, solo un libro consolatorio se si fermasse alla sepoltura di Gesù. Invece “Gesù risorge” e non solo per sé stesso, ma perché la sua risurrezione sia partecipata ad ogni essere umano. La risurrezione di Gesù, quindi, “ci trasforma”.
Annunciatori della Risurrezione, dunque, non si è “solamente a parole, ma con i fatti e la testimonianza di vita”. Gesù, infatti, non vuole “discepoli capaci solo di ripetere formule imparate a memoria” ma “testimoni” che “propagano la speranza con il loro modo di accogliere, di sorridere” e soprattutto di amare. La forza della Risurrezione rende, infatti, i cristiani capaci di amare anche quando l’amore pare aver smarrito le sue ragioni. E quel “di più dell’esistenza cristiana non si spiega semplicemente “con la forza d’animo”, la nostra speranza non è solo ottimismo, afferma. “Noi – prosegue – siamo persone con un pezzo di cielo in più sopra la testa”.
I cristiani sono quindi chiamati ad aprire “spazi di salvezza”, essere “cellule di rigenerazione capaci di restituire linfa a ciò che sembrava perduto per sempre”, a saper parlare del sole quando tutto è nuvoloso. E quindi, il vero cristiano – ribadisce il Papa all’udienza generale – non è lamentoso o arrabbiato ma convinto che “nessun male è infinito, nessuna notte è senza termine, nessun uomo è definitivamente sbagliato” e “nessun odio invincibile dall’amore”.
Si tratta di una speranza a volte pagata a caro prezzo dai discepoli, sottolinea Francesco, riferendosi ai tanti cristiani perseguitati, ad esempio in “Medio Oriente che danno testimonianza di speranza e anche offrono la vita per questa testimonianza. E questi sono veri cristiani, eh! Questi portano il cielo nel cuore, guardano oltre, sempre oltre”.
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I martiri di ogni tempo raccontano, quindi, che l’ingiustizia non è l’ultima parola nella vita. Chi ha un “perché vivere” resiste più degli altri “nei tempi di sventura”. I cristiani, però, non sono facili e accomodanti: la loro mitezza non deve essere confusa con un senso di insicurezza e remissività. Caduti si rialzano sempre perché “il cristiano è un missionario di speranza”.
di Debora Donnini per la Radio Vaticana