Papa Francesco in visita alla Cittadella della Carità su via Casilina Vecchia accolto dall’affetto della gente. Tanti momenti di incontro e gioia con le varie realtà della struttura. Toccanti gli abbracci con ospiti e volontari. “Quando il cuore si ferma non c’è vita. E il cuore dell’amicizia deve essere sempre in movimento”: il primo messaggio del Papa
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
È un Venerdì di misericordia e carità, ma anche di festa quello che porta il Papa fuori dal Vaticano, nella storica cittadella della Caritas, in occasione del 40esimo di fondazione. Una visita densa di momenti e incontri, iniziata con un tour di Francesco tra i locali e le realtà all’interno di questa grande struttura su via Casilina Vecchia. Accompagnato dal direttore della Caritas di Roma, don Benoni Ambarus, il Pontefice prega nella cappella “Santa Giacinta”, cuore del complesso, dove l’altare e l’ambone sono state realizzate dal sacerdote martire in Turchia, don Andrea Santoro, assassinato il 5 febbraio del 2006. Ascolta con attenzione la presentazione dell’Ambulatorio odontoiatrico, in cui oltre 40 dentisti volontari seguono gratuitamente più di 350 pazienti e lavorano per ridare ai poveri, spesso minori, il sorriso che la durezza della strada ha cancellato. Altra tappa è l’Emporio di Solidarietà: il primo supermercato gratuito nato in Italia, grazie al quale solo nel 2018 sono stati distribuiti oltre 490 tonnellate di prodotti alimentari, per un valore stimato di 770mila euro.
Sorprendono come se le vedessimo per la prima volta le carezze e gli abbracci del Papa agli ospiti di Casa Santa Giacinta che già da un po’ nella sala mensa, con emozione attendevano il suo ingresso: sono anziani, migranti, bambini che rompendo gli schemi, gli si stringono attorno, lo sommergono di regali e sorrisi, chiedendogli anche qualche selfie, a cui Francesco non si sottrae. Dopo aver salutato tutti i presenti, quasi uno ad uno, il Pontefice pronuncia al microfono un breve saluto e lancia un primo importante messaggio:
Grazie a tutti voi dell’accoglienza. Sono contento di vedervi qui. Grazie tante! Continuate a essere insieme, aiutandoci uno l’altro, perché questo fa bene al cuore. quando il cuore si ferma non c’è vita. E il cuore dell’amicizia deve essere sempre in movimento, perché così c’è la vita. E questo è il segnale della fraternità, dell’amicizia. Grazie per essere qui e pregate per me. E che Dio benedica tutti voi.
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Francesco attraversa il cortile della cittadella invaso da gente dietro le transenne che lo chiama e invoca anche solo una stretta di mano, per arrivare nella Sala Grande ed incontrare finalmente i volontari, gli operatori e gli altri ospiti, circa 220 persone, dell’organismo diocesano che oggi conta 52 opere-segno divise tra mense, ostelli, case famiglia, empori e ben 157 centri di ascolto parrocchiali in rete tra di loro. Anche qui è accerchiato, stretto da quell’affetto che difficilmente riesce a stare composto.
Don Benoni lo saluta a nome di tutti esordendo con un “caro padre Francesco!”. Mentre descrive e spiega gli impegni di Caritas nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, tra le piaghe del prossimo e i solchi profondi della sofferenza umana, auspica che ogni incontro con il povero sia una perenne Eucarestia. Quindi ringrazia Bergoglio per aver sfidato la stanchezza e i fusi orari del recente viaggio in Thailandia e Giappone e per essere lì a ribadire che ogni uomo è caro di Dio, ogni povero è nel cuore del Papa e mai sarà dimenticato: “Accorgersi dei fratelli più piccoli e prendersi cura di loro è un dono da non perdere – dice – A volte basta anche solo un’attenzione minima, uno sguardo affettuoso che li strappi dall’invisibilità”. Per il Papa don Benoni ha un dono: si tratta di un piccolo vangelo di Giovanni, in etiopico antico; un testo consumato, scritto a mano che arriva da Giubuti. E’ il segno – spiega – di un pastore che corre di qua e di là per il mondo per annunciare il Vangelo, consumando le suole delle scarpe in uno stato di intimità itinerante con Gesù, ma anche segno di tanti fratelli che quando hanno una vita rammendata, sono accompagnati dalla stessa intimità itinerante del Signore.
Alle sue parole fanno eco quelle di Ornella, una volontaria Caritas che svolge il suo servizio presso il Centro di ascolto per stranieri di via delle Zoccolette in centro a Roma. A Francesco racconta di come in questi anni sia venuta a contatto con tante persone e tante storie diverse, chi scappa dalla guerra, chi è orfano, chi non ha lavoro, chi emigra per salvare la propria famiglia dalla fame, facendo con ciascuno esperienza di quella umanità che soffre, spera e che ti rimane sulla pelle: “Ecco – esclama – per tutto questo sono felice di essere una volontaria, mi ha insegnato a dire ogni giorno grazie e a smettere di lamentarmi sulle cose che non vanno come vorrei”.
Commuove il Papa la storia di Alessio che dopo aver perso il padre e il fratello è stato costretto anche a chiudere la sua azienda, una piccola casa editrice, fino a sperimentare l’inferno e il freddo della strada finché non ha avuto il coraggio di bussare all’Ostello di via Marsala: qui è rimasto per 13 mesi poi a Pasqua di quest’anno è riuscito finalmente con l’aiuto degli operatori, descritti come modello di testimonianza e di santità, a trovare un lavoro e una casa: “La Caritas, via Marsala, sono stati la Pasqua della mia vita – dice Alessio -. Non so se saprò mai restituire tutti i doni che ho ricevuto da Dio attraverso la Caritas”.
Quella di oggi è stata la quinta visita di un Papa alla Caritas di Roma. A iniziare è stato Giovanni Paolo II alla Mensa di Colle Oppio il 20 dicembre 1992. A distanza di 15 anni, il 4 gennaio 2007, Benedetto XVI ha varcato le soglie della stessa mensa. Il Papa emerito è stato poi nelle strutture Caritas di via Marsala – Ostello, Mensa e Poliambulatorio – il 10 febbraio 2010 in occasione dell’Anno europeo di lotta alla povertà. Sempre a via Marsala, infine, Papa Francesco ha aperto la Porta Santa della carità il 18 dicembre 2015.
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