Michele Raviart – Città del Vaticano
Salgono e scendono dalle impalcature che, sul grande parco installato sulla Collina dell’Incontro del Parco Edoardo VII di Lisbona, formano un immaginario Calvario, i giovani della Gmg. Di stazione in stazione portano in alto la croce di Cristo. Cadono e si rialzano, come nel cantiere della vita, ma non sono soli: Gesù cammina con loro. Lo ricorda Papa Francesco, ed esorta gli 800 mila ragazzi presenti a dirlo tutti:“Gesù cammina per me”, perché “nessuno ha più amore di chi dà la vita”, per i suoi amici e per gli altri.
Gesù camminò per tutta la sua vita, curando malati, assistendo i poveri, insegnando e predicando, ma è la via del Calvario quella che rimane profondamente incisa nel cuore di ciascuno. Il suo cammino “è Dio che esce da sé stesso per camminare tra di noi”, ribadisce il Papa, “e questo la fa per amore”. La stessa croce che accompagna ogni Gmg, spiega, è l’icona di questo cammino. È “il senso più grande dell’amore più grande”, quello “con il quale Gesù vuole abbracciare la nostra vita”. La croce è una cosa dolorosa, ma in cui si vede la bellezza dell’amore, sottolinea il Papa, che ricorda quanto gli disse una persona molto credente: “Signore, per la tua ineffabile agonia posso credere nell’amore”.
Gesù cammina anche con Caleb, 29 anni dagli Stati Uniti, che ha testimoniato la sua lotta contro la depressione, l’autolesionismo e la tossicodipendenza fino quando l’incontro con Lui gli ha permesso di prendere il controllo della sua vita senza ricadere nelle vecchie abitudini e di fargli incontrare sua moglie. Cammina con Esther, 34 enne spagnola, in sedia a rotelle dopo un incidente stradale e che decise con l’attuale marito Nacho di interrompere la gravidanza e che ora, dopo che il Signore è venuta a cercarla con il Suo amore grande e inspiegabile, è madre della piccola Elisabeth. E cammina con João, portoghese di 23 anni, vittima di bullismo e di problemi di salute mentale dopo il lockdown e la pandemia, che grazie alla fede è stato aiutato ad ogni caduta.
Ad ogni stazione, 50 ragazzi provenienti da 21 Paesi del mondo, accompagnati da un coro di 62 elementi e 30 strumentisti, hanno rievocato il martirio di Cristo, declinandolo insieme alle paure e alle fragilità che i ragazzi sentono nel mondo di oggi. Sentono che viene tolto loro il futuro, “gli viene detto che la vita è piena di opportunità, ma è difficile vedere dove siano quelle opportunità quando i soldi non sono sufficienti, quando non si riesce a trovare lavoro e quando l’accesso all’istruzione spesso è praticamente impossibile”. Lo lamentano loro stessi nelle meditazioni scritte dal padre gesuita Nuno Tovar de Lemos, che ha elaborato le risposte di un sondaggio tra 20 giovani Paesi del mondo su quelle che sono le loro preoccupazioni più grandi. Guerre, attentati, sparatorie di massa, persecuzioni religiose per le minoranze flagellano un mondo le cui risorse vengono sfruttate in maniera incontrollata e in cui le persone muoiono di fame – mentre altri si ammalano per aver mangiato troppo – o fuggono da situazioni disumane. Violenze nei matrimoni e nelle relazioni, abusi sui minori, bullismo, abusi di potere, bullismo, ansia, depressione spesso si accompagnano alle vite dei ragazzi, in “famiglie dove si scagliano parole pesanti come macigni” e mancanza di considerazione per gli anziani. C’è poi una difficoltà di amare e un’incapacità di agire per raggiungere un modello imposto ed egocentrico di felicità, in cui ci si realizza solo nell’attesa del sorriso perfetto per un selfie e per l’attenzione artificiale di un “like” altrui, oltre alla paura di cadere nella dipendenza dalla droga, dalla pornografia, dall’alcol. “Non riusciamo a prendere decisioni, né vediamo la direzione verso cui la storia potrebbe continuare”, testimoniano: “vediamo solo il percorso bloccato da grandi ostacoli davanti a noi”.
L’invito del Papa però è quello a non avere paura, perché Gesù cammina verso la croce e muore sulla croce affinchè la nostra anima possa sorridere. “Tutti nella vita, abbiamo pianto e piangiamo ancora”, aveva detto poco prima, chiedendo ai ragazzi cosa li facesse piangere nella vita”. È quello i dove Gesù è con noi, “e ci accompagna nell’oscurità che ci porta al pianto”. Egli cammina e aspetta con il suo amore, con la sua tenerezza, “per darci consolazione, per asciugare con la sua tenerezza le nostre lacrime nascoste”. Aspetta di vedere “le finestre aperte delle nostre anime”: “Che brutto – dice Francesco – le anime chiuse che seminano dentro e sorridono dentro”. Cristo “vuole colmare le nostre paure con la sua consolazione”. Lo fa e aspetta di spingerci ad abbracciare “il rischio di amare”. Un rischio che, assicura il Papa, vale sempre la pena correre.
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