La parola di Gesù è il seme che fa crescere le piante che portano i frutti. E’ il Vangelo, un piccolo libro semplice, alla portata di tutti che produce vita nuova.
Se la Parola è il seme, noi siamo il terreno – ha ricordato Francesco. Gesù spera che noi possiamo portare frutto abbondante, siamo chiamati anche noi a seminare senza stancarci.
Papa Francesco porta l’esempio dei genitori che portano con impegno e fatica l’insegnamento ai figli, scontrandosi contro la mentalità del mondo. Il seme buono resta e pian piano attecchirà.
Le parole di Papa Francesco prima della preghiera mariana
Cari fratelli e sorelle, buongiorno, buona domenica!
Nel Vangelo di oggi Gesù ripete ai suoi discepoli, per ben tre volte: «Non abbiate paura» (Mt 10,26.28.31). Poco prima ha parlato loro delle persecuzioni che dovranno subire per il Vangelo, una realtà ancora attuale: la Chiesa, infatti, fin dalle origini ha conosciuto, insieme alle gioie – e ne aveva tante! –, tante persecuzioni.
Sembra paradossale: l’annuncio del Regno di Dio è un messaggio di pace e di giustizia, fondato sulla carità fraterna e sul perdono, eppure riscontra opposizioni, violenze, persecuzioni. Gesù però dice di non temere: non perché nel mondo andrà tutto bene, no, ma perché per il Padre siamo preziosi e nulla di ciò che è buono andrà perduto.
Ci dice quindi di non farci bloccare dalla paura, ma di temere piuttosto un’altra cosa, una sola. Qual è la cosa che Gesù ci dice che dobbiamo temere?
Lo scopriamo attraverso un’immagine che Gesù utilizza oggi: l’immagine della “Geenna” (cfr v. 28). La valle della “Geenna” era un luogo che gli abitanti di Gerusalemme conoscevano bene: era la grande discarica dei rifiuti della città. Gesù ne parla per dire che la vera paura da avere è quella di buttare via la propria vita. Gesù dice: “Sì, abbiate paura di questo”. Come a dire: non bisogna tanto temere di subire incomprensioni e critiche, di perdere prestigio e vantaggi economici per restare fedeli al Vangelo, ma di sprecare l’esistenza a inseguire cose di poco conto, che non riempiono di senso la vita.
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E questo è importanteper noi. Anche oggi, infatti, si può essere derisi o discriminati se non si seguono certi modelli alla moda, che però mettono spesso al centro realtà di secondo piano: per esempio, seguire le cose anziché le persone, le prestazioni anziché le relazioni. Facciamo qualche esempio. Penso a dei genitori, che hanno bisogno di lavorare per mantenere la famiglia, ma non possono vivere solo per il lavoro: hanno bisogno del tempo necessario per stare con i figli.
Penso anche a un sacerdote o a una suora: devono impegnarsi nel loro servizio, ma senza dimenticare di dedicare tempo a stare con Gesù, altrimenti cadono nella mondanità spirituale e perdono il senso di ciò che sono.
E ancora, penso a un giovane o a una giovane, che hanno mille impegni e passioni: la scuola, lo sport, vari interessi, i telefonini e i social, ma hanno bisogno di incontrare le persone e realizzare dei sogni grandi, senza perdere tempo in cose che passano e non lasciano il segno.
Tutto ciò, fratelli e sorelle, comporta qualche rinuncia di fronte agli idoli dell’efficienza e del consumismo, ma è necessario per non andare a perdersi nelle cose, che poi vengono buttate via, come si faceva allora nella Geenna. E nelle Geenne di oggi, invece, spesso finiscono le persone: pensiamo agli ultimi, spesso trattati come materiale di scarto e oggetti indesiderati. Rimanere fedeli a ciò che conta costa; costa andare controcorrente, costa liberarsi dai condizionamenti del pensare comune, costa essere messi da parte da chi “segue l’onda”. Ma non importa, dice Gesù: ciò che conta è non buttare via il bene più grande, la vita. Solo questo deve spaventarci.
Chiediamoci allora: io, di che cosa ho paura? Di non avere quello che mi piace? Di non raggiungere i traguardi che la società impone? Del giudizio degli altri? Oppure di non piacere al Signore e di non mettere al primo posto il suo Vangelo? Maria, sempre Vergine, sapiente Madre, ci aiuti ad essere saggi e coraggiosi nelle scelte che facciamo.
Saluti dopo la preghiera dell’Angelus
Ancora la preghiera di Papa Francesco per la pace nella martoriata ucraina, come ogni domenica, con la speranza di uno stop alla guerra.
Dopo la preghiera mariana dell’Angelus, il Papa ha voluto ricordare “che ottanta anni fa, il 19 luglio del ’43, alcuni quartieri di Roma, specialmente San Lorenzo, furono bombardati”. Il tragico anniversario è l’occasione, ancora una volta, per rinnovare il ‘no’ alla guerra e alla perdita di memoria storica.
“Abbiamo perso la memoria?”
Questa la preghiera di Francesco che ricorda anche la sollecita vicinanza alle vittime mostrata all’epoca dal Pontefice che visitò le rovine, i morti e i feriti, circondato dai romani che lo applaudivano gridando pace.
E il Papa venerabile Pio II volle recarsi in mezzo al popolo sconvolto…
Solo nel quartiere romano di San Lorenzo ci furono 717 morti e 4 mila feriti, ma per la città il bilancio è stato ben più grave: 3 mila morti e 11 mila feriti tra i quartieri Tiburtino, Prenestino, Casilino, Labicano, Tuscolano e Nomentano bombardati anch’essi. Come testimoniato sul sito del Museo Storico della Liberazione di via Tasso, 10mila furono le case distrutte e 40mila i cittadini che rimasero senza tetto. Questo è stato il primo bombardamento su Roma, sul quartiere San Lorenzo, il 19 luglio 1943.
4 mila bombe, il primo bombardamento fino alla Liberazione
Nel momento del bombardamento, Mussolini era stato a Feltre per incontrare Hitler e proporgli l’uscita dalla guerra. Ma Hitler lo insultava minacciosamente. Erano le 11.03. Da 6000 metri di altezza sulla verticale dello scalo merci San Lorenzo, le fortezze volanti americane sganciavano le prime bombe. L’obiettivo era lo scalo di San Lorenzo e altri punti strategici. Dopo un primo passaggio, i bombardieri ricevevano l’ordine di lanciare mirando strettamente alle nubi di polvere, al fumo e agli incendi, ma la zona coperta da polveri e fumi si allargava sempre di più, ad ogni ondata, e inevitabilmente i grappoli di bombe finirono a 500 metri di distanza dallo scalo. Veniva così investito in pieno il quartiere e centrato il piazzale del Verano. Alla fine, saranno sganciate su Roma 4 mila bombe (circa 1060 tonnellate). Dopo quel primo bombardamento ne seguirono altri 51 fino alla Liberazione di Roma.