Giada Aquilino – Città del Vaticano
In ogni persona umana “c’è l’impronta di Dio, sorgente della vita”. Lo ricorda il Papa all’Angelus nell’odierna domenica in cui si celebra la festa della Natività di Giovanni Battista Proprio ripercorrendo gli eventi legati al concepimento e alla nascita del Santo, Francesco riflette sul senso della vita e della fede, osservando come “nella generazione di un figlio i genitori agiscono come collaboratori di Dio”.
Una missione veramente sublime che fa di ogni famiglia un santuario della vita e risveglia – ogni nascita di un figlio – la gioia, lo stupore, la gratitudine.
Nascita, evento che illumina
Il Pontefice ricorda come la nascita di San Giovanni Battista sia “l’evento che illumina” la vita degli anziani genitori, Elisabetta e Zaccaria, che quasi non “l’aspettavano più”. L’uomo è addirittura incredulo “perché le leggi naturali non lo consentivano”, “erano anziani”, e “di conseguenza il Signore lo rese muto per tutto il tempo della gestazione”.
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Ma Dio non dipende dalle nostre logiche e dalle nostre limitate capacità umane. Bisogna imparare a fidarsi e a tacere di fronte al mistero di Dio e a contemplare in umiltà e silenzio la sua opera, che si rivela nella storia e che tante volte supera la nostra immaginazione.
Dio ha fatto grazia
Elisabetta, come ricorda il Vangelo di Luca, sceglie il nome, che significa “Dio ha fatto grazia”. Giovanni, infatti, come “dono gratuito e ormai inatteso”, è “araldo, testimone della grazia di Dio per i poveri che aspettano con umile fede la sua salvezza”. Zaccaria conferma “inaspettatamente” la scelta di quel nome, riacquistando la parola. D’altra parte, sottolinea Francesco, tutto l’avvenimento della nascita di Giovanni Battista è circondato “da un gioioso senso di stupore, di sorpresa e di gratitudine”.
Gioia, stupore, sorpresa e gratitudine
Il popolo fedele di Dio intuisce “che è accaduto qualcosa di grande, anche se umile e nascosto” ed “è capace di vivere la fede con gioia, con senso di stupore, di sorpresa e di gratitudine”. Il Papa invita a chiederci allora se la nostra sia una “fede gioiosa” o “sempre uguale”, “piana”, se ci facciamo prendere da un “senso dello stupore” vedendo le opere del Signore o sentendo parlare “dell’evangelizzazione o della vita di un Santo” o, ancora, vedendo “tanta gente buona”: l’esortazione è cioè a domandarci se sentiamo “la grazia dentro o niente si muove” nel nostro cuore, non ascoltando “le consolazioni dello Spirito”.
Domandiamoci, ognuno di noi, in un esame di coscienza: “Come è la mia fede? E’ gioiosa? E’ aperta alle sorprese di Dio, perché Dio è il Dio delle sorprese? Ho assaggiato nell’anima quel senso dello stupore che fa la presenza di Dio, quel senso di gratitudine?”. Pensiamo a queste parole, che sono stati d’animo della fede: gioia, senso di stupore, senso di sorpresa e gratitudine.
La Beatificazione della Chiquitunga
Subito dopo la recita della preghiera mariana, in una Piazza San Pietro gremita da 20 mila fedeli, Francesco ricorda come ieri ad Asunción, in Paraguay, sia stata proclamata Beata Maria Felicia di Gesù Sacramentato, al secolo Maria Felicia Guggiari Echeverría, familiarmente chiamata la “Chiquitunga”. Vissuta nella prima metà del ventesimo secolo, aderì “con entusiasmo” all’Azione Cattolica e si prese cura di anziani, malati e carcerati, consacrandosi al Signore. Morì a 34 anni, accettando “con serenità” la malattia.
La testimonianza di questa giovane Beata è un invito per tutti i giovani, specialmente quelli paraguaiani, a vivere la vita con generosità, mansuetudine e gioia. E salutiamo la Chiquitunga con un applauso, e tutto il popolo paraguaiano!