Dopo la preghiera dell’Angelus, riferendosi alla guerra nel Paese dell’Europa dell’Est Papa Francesco afferma: “tutto questo è disumano! Anzi, è anche sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana, soprattutto contro la vita umana indifesa, che va rispettata e protetta, non eliminata, e che viene prima di qualsiasi strategia! Non dimentichiamo: è una crudeltà, disumana e sacrilega”
Il Papa ricorda che il 19 marzo, nella solennità di San Giuseppe, è andato a trovare i bambini feriti arrivati all’Ucraina e ricoverati all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù a Roma: “A uno manca un braccio, l’altro è ferito alla testa … Bambini innocenti”. Il Pontefice pensa anche “ai milioni di rifugiati ucraini che devono fuggire lasciando indietro tutto e provo un grande dolore per quanti non hanno nemmeno la possibilità di scappare”.
Tanti nonni, ammalati e poveri, separati dai propri familiari, tanti bambini e persone fragili restano a morire sotto le bombe, senza poter ricevere aiuto e senza trovare sicurezza nemmeno nei rifugi antiaerei. Tutto questo è disumano! Anzi, è anche sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana, soprattutto contro la vita umana indifesa, che va rispettata e protetta, non eliminata, e che viene prima di qualsiasi strategia! Non dimentichiamo: è una crudeltà, disumana e sacrilega. Preghiamo in silenzio per quanti soffrono.
Francesco sottolinea che è consolante sapere che “alla popolazione rimasta sotto le bombe non manca la vicinanza dei Pastori, che in questi giorni tragici stanno vivendo il Vangelo della carità e della fraternità”. Francesco spiega di aver sentito “in questi giorni alcuni di loro al telefono”: “sono vicini al popolo di Dio”. A loro esprime la propria gratitudine per questa testimonianza, per il sostegno offerto “a tanta gente disperata”. Il pensiero di Francesco va anche al nunzio apostolico, monsignor Visvaldas Kulbokas, che dall’inizio della guerra è rimasto a Kiev insieme ai suoi collaboratori: “con la sua presenza mi rende vicino ogni giorno al martoriato popolo ucraino”.
Stiamo vicini a questo popolo martoriato, abbracciamolo con l’affetto, e con l’impegno concreto e con la preghiera. E per favore, non abituiamoci alla guerra e alla violenza, non stanchiamoci di accogliere con generosità, come si sta facendo: non solo ora, nell’emergenza, ma anche nelle settimane e nei mesi che verranno. Perché voi sapete che il primo momento, tutti ce la mettiamo tutta per accogliere, ma poi, l’abitudine ci raffredda un po’ il cuore e ci dimentichiamo. Pensiamo a queste donne, a questi bambini che con il tempo, senza lavoro, separate dai loro mariti saranno cercate dagli avvoltoi della società. Proteggiamoli, per favore.
Mentre tragiche notizie accompagnano questi giorni e ci si sente impotenti dinanzi al male, Papa Francesco rilancia interrogativi che oggi sorgono spontanei: “Si tratta forse di un castigo di Dio? È Lui a mandare una guerra o una pandemia per punirci dei nostri peccati? E perché il Signore non interviene?”.
Occorre stare attenti, avverte Francesco: “Quando il male ci opprime rischiamo di perdere lucidità e, per trovare una risposta facile a quanto non riusciamo a spiegarci, finiamo per incolpare Dio” attribuendoGli “le nostre disgrazie e le sventure del mondo”. “E tante volte – aggiunge il Papa – la brutta e cattiva abitudine delle bestemmie viene da qui”. Ma in realtà Dio “ci lascia sempre liberi”, “non interviene mai imponendosi, solo proponendosi”, “non usa mai violenza e, anzi, soffre per noi e con noi!”. “Da Dio non può mai venire il male” afferma il Papa, perché “‘non ci tratta secondo i nostri peccati’, ma secondo la sua misericordia”.
Ma invece di incolpare Dio, dice Gesù, bisogna guardarsi dentro: è il peccato che produce la morte; sono i nostri egoismi a lacerare le relazioni; sono le nostre scelte sbagliate e violente a scatenare il male. A questo punto il Signore offre la vera soluzione: qual è? La conversione: “Se non vi convertite – dice il Signore –, perirete tutti allo stesso modo”. È un invito pressante, specialmente in questo tempo di Quaresima. Accogliamolo con cuore aperto. Convertiamoci dal male, rinunciamo a quel peccato che ci seduce, apriamoci alla logica del Vangelo: perché, dove regnano l’amore e la fraternità, il male non ha più potere!
Non è un discorso teorico, quello del Papa, che parte dall’insegnamento offerto da Gesù nel Vangelo odierno in cui commenta alcuni fatti di cronaca. E se la conversione è la strada che l’uomo deve imboccare di fronte al peccato, Francesco mostra che Dio conosce, tuttavia, la debolezza dell’uomo. Poiché Gesù “sa che convertirsi non è facile”, “che tante volte ricadiamo negli stessi errori e negli stessi peccati; che ci scoraggiamo e, magari, ci sembra che il nostro impegno nel bene sia inutile in un mondo dove il male pare regnare”, spiega il Papa, “ci incoraggia con una parabola che racconta la pazienza di Dio verso di noi”. È la parabola dell’albero di fichi che non porta frutti, ma che non viene tagliato e al quale viene concesso altro tempo, un’altra possibilità. Un bel nome di Dio sarebbe “il Dio di un’altra possibilità”, prosegue il Pontefice, perchè “sempre ci dà un’altra opportunità”.
Così è la sua misericordia. Così fa il Signore con noi: non ci taglia fuori dal suo amore, non si perde d’animo, non si stanca di ridarci fiducia con tenerezza. Fratelli e sorelle, Dio crede in noi! Dio si fida di noi e ci accompagna con pazienza. La pazienza di Dio con noi. Non si scoraggia, ma ripone sempre speranza in noi. Dio è Padre e ti guarda da padre: come il migliore dei papà, non vede i risultati che non hai ancora raggiunto, ma i frutti che potrai ancora portare; non tiene il conto delle tue mancanze, ma incoraggia le tue possibilità; non si sofferma sul tuo passato, ma scommette con fiducia sul tuo futuro.
Il Papa conclude ribadendo che “Dio ci è vicino”, con misericordia e tenerezza, che lo stile di Dio è la vicinanza. E invita a chiedere a Maria di infonderci speranza e coraggio e di accendere in noi il desiderio della conversione.
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