Abbiamo cercato di leggere la realtà, di cogliere i segni di questi nostri tempi. Sono le parole che Papa Francesco rivolge ai presenti in piazza San Pietro prima dell’Angelus di questa domenica riferendosi ai lavori del Sinodo dei giovani appena concluso. Un discernimento comunitario, fatto alla luce della Parola di Dio e dello Spirito Santo. La speranza di Dio – ha continuato il Santo Padre – non è un miraggio, come certe pubblicità dove tutti sono sani e belli, ma è una promessa per la gente reale, con pregi e difetti, potenzialità e fragilità. Come tutti noi. La speranza di Dio è per gente come tutti noi.
Cari fratelli e sorelle,
questa mattina, nella Basilica di San Pietro, abbiamo celebrato la Messa di chiusura dell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata ai giovani. La prima Lettura, del profeta Geremia (31,7-9), era particolarmente intonata a questo momento, perché è una parola di speranza che Dio dà al suo popolo. Una parola di consolazione, fondata sul fatto che Dio è padre per il suo popolo, lo ama e lo cura come un figlio (cfr v. 9); gli apre davanti un orizzonte di futuro, una strada agibile, praticabile, sulla quale potranno camminare anche «il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente» (v. 8), cioè le persone in difficoltà.
Questa Parola di Dio esprime bene l’esperienza che abbiamo vissuto nelle settimane del Sinodo: è stato un tempo di consolazione e di speranza, proprio attraverso il lavoro impegnativo e anche faticoso.
Lo è stato anzitutto come momento di ascolto: ascoltare infatti richiede tempo, attenzione, apertura della mente e del cuore. Ma questo impegno si trasformava ogni giorno in consolazione, soprattutto perché avevamo in mezzo a noi la presenza vivace e stimolante dei giovani, con le loro storie e i loro contributi. Attraverso le testimonianze dei Padri sinodali, la realtà multiforme delle nuove generazioni è entrata nel Sinodo, per così dire, da tutte le parti: da ogni continente e da tante diverse situazioni umane e sociali.
Con questo atteggiamento fondamentale di ascolto, abbiamo cercato di leggere la realtà, di cogliere i segni di questi nostri tempi. Un discernimento comunitario, fatto alla luce della Parola di Dio e dello Spirito Santo. Questo è uno dei doni più belli che il Signore fa alla Chiesa Cattolica, cioè quello di raccogliere voci e volti dalle realtà più varie e così poter tentare un’interpretazione che tenga conto della ricchezza e della complessità dei fenomeni, sempre alla luce del Vangelo. Così, in questi giorni, ci siamo confrontati su come camminare insieme attraverso tante sfide, quali il mondo digitale, il fenomeno delle migrazioni, il senso del corpo e della sessualità, il dramma delle guerre e della violenza.
I frutti di questo lavoro stanno già “fermentando”, come fa il succo dell’uva nelle botti dopo la vendemmia.
Il Sinodo dei giovani è stato una buona vendemmia, e promette del buon vino. Ma vorrei dire che il primo frutto di questa Assemblea sinodale dovrebbe stare proprio nell’esempio di un metodo che si è cercato di seguire, fin dalla fase preparatoria. Uno stile sinodale che non ha come obiettivo principale la stesura di un documento, che pure è prezioso e utile. Più del documento però è importante che si diffonda un modo di essere e lavorare insieme, giovani e anziani, nell’ascolto e nel discernimento, per giungere a scelte pastorali rispondenti alla realtà.
Invochiamo per questo l’intercessione della Vergine Maria. A lei, che è la Madre della Chiesa, affidiamo il ringraziamento a Dio per il dono di questa Assemblea sinodale. E lei ci aiuti ora a portare avanti quanto sperimentato, senza paura, nella vita ordinaria delle comunità. Lo Spirito Santo faccia crescere, con la sua sapiente fantasia, i frutti del nostro lavoro, per continuare a camminare insieme con i giovani del mondo intero.
Cari fratelli e sorelle,
esprimo la mia vicinanza alla città di Pittsburgh, negli Stati Uniti d’America, e in particolare alla comunità ebraica, colpita ieri da un terribile attentato nella sinagoga. L’Altissimo accolga i defunti nella sua pace, conforti le loro famiglie e sostenga i feriti. Tutti, in realtà, siamo feriti da questo disumano atto di violenza. Il Signore ci aiuti a spegnere i focolai di odio che si sviluppano nelle nostre società, rafforzando il senso di umanità, il rispetto della vita, i valori morali e civili, e il santo timore di Dio, che è Amore e Padre di tutti.
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Ieri, a Morales, in Guatemala, sono stati proclamati Beati José Tullio Maruzzo, religioso dei Frati Minori, e Luis Obdulio Arroyo Navarro, uccisi in odio alla fede nel secolo scorso, durante la persecuzione contro la Chiesa, impegnata a promuovere la giustizia e la pace. Lodiamo il Signore e affidiamo alla loro intercessione la Chiesa guatemalteca, e tutti i fratelli e le sorelle che purtroppo ancora oggi, in varie parti del mondo, sono perseguitati perché testimoni del Vangelo. Ai due Beati un applauso, tutti!
Saluto con affetto voi, cari pellegrini dell’Italia e di vari Paesi, in particolare i giovani provenienti da Maribor (Slovenia), la Fondazione spagnola “Centro Académico Romano” e i parrocchiani di San Siro Vescovo in Canobbio (Svizzera). Saluto i volontari del Santuario San Giovanni XXIII di Sotto il Monte, a 60 anni dall’elezione dell’amato Papa bergamasco; come pure i fedeli di Cesena e di Thiene, i ministranti e i ragazzi dell’Azione Cattolica della diocesi di Padova.
Oggi si celebra la festa del Señor de los Milagros, molto sentita a Lima e in tutto il Perù; rivolgo un grato pensiero al popolo peruviano e alla comunità peruviana di Roma. Domenica scorsa eravate qui con l’icona del Señor de los Milagros, e io non mi sono accorto. Tanti auguri nel giorno della festa! E saluto con affetto la comunità venezuelana in Italia, qui radunata con l’immagine di Nostra Signora di Chiquinquirá, la Chinita.
A tutti voi auguro una buona domenica e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!
servizio di Daniele Venturi
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