Gabriella Ceraso – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“Che cosa dobbiamo fare?” È l’interrogativo centrale del Vangelo della Liturgia di oggi, terza domenica di Avvento: lo ripetono le folle e poi i pubblicani e ancora i soldati toccati dalla predicazione di Giovanni Battista che annuncia che il Signore è vicino. E’ una domanda legata al senso della nostra vita. Una domanda – afferma Papa Francesco all’Angelus – che non dovremmo aver paura di ripetere anche noi al Signore specie in questo Tempo di Avvento. E spiega i termini di questo interrogarsi.
Non si tratta di un “dovere” – chiarisce il Papa – ma dell’ “entusiasmo” del “cuore toccato” dalla venuta del Signore. Come quando aspettiamo una persona cara con impazienza – afferma – e ci diamo da fare per accoglierla come si deve, pulendo la casa, preparando il pranzo migliore o magari un regalo:
Così è con il Signore, la gioia per la sua venuta ci fa dire: che cosa dobbiamo fare? Ma Dio eleva questa domanda al livello più alto: cosa fare della mia vita? A cosa io sono chiamato? Che cosa mi realizza?
IL VIDEO DELL’ANGELUS
Questo significa, come ci ricorda il Vangelo, che la vita “ha un compito per noi”, la vita non è “senza senso, non è affidata al caso”:
È un dono che il Signore ci consegna dicendoci: scopri chi sei, e datti da fare per realizzare il sogno che è la tua vita! Ciascuno di noi – non dimentichiamolo – è una missione da realizzare. Allora, non abbiamo paura di chiedere al Signore: che cosa devo fare? Ripetiamogli spesso questa domanda.
Ripetiamo dunque, col cuore trafitto dalla notizia della Sua venuta: “Cosa è bene fare per me, e per i fratelli?”. “Come posso contribuire al bene della Chiesa, della società?” E il Tempo di Avvento serve a questo:
Il Tempo di Avvento serve a questo: a fermarsi e chiedersi come preparare il Natale. Siamo indaffarati da tanti preparativi, regali e cose che passano, ma chiediamoci che cosa fare per Gesù e per gli altri!
Ciascuno può fare la sua parte secondo la “situazione reale” della propria vita e questo è ancora il Vangelo a insegnarlo. Sono infatti diverse le risposte che il Battista dà alle folle, ai pubblicani e ai soldati che chiedono “Che cosa dobbiamo fare?”, e questo ci insegna – fa notare Francesco – che “la fede si incarna nella vita concreta”. “Non è una teoria astratta e generalizzata, tocca la carne e trasforma la vita di ciascuno”. Pensiamo alla concretezza della fede nostra- ribadisce- la porto avanti nel servizio agli altri? Come fare allora ciascuno la propria parte? La via indicata dal Papa è semplice in questi giorni:
Prendiamo un impegno concreto, anche piccolo, che si adatti alla nostra situazione di vita, e portiamolo avanti per prepararci a questo Natale. Ad esempio: posso telefonare a quella persona sola, visitare quell’anziano o quel malato, fare qualcosa per servire un povero, un bisognoso. Ancora: forse ho un perdono da chiedere, un perdono da dare, una situazione da chiarire, un debito da saldare. Magari ho trascurato la preghiera e dopo tanto tempo è ora di accostarmi al perdono del Signore. Fatelli e sorelle, troviamo una cosa concreta e facciamola!
Agire per Gesù e per gli altri dunque incarnando la nostra fede, con l’aiuto di Maria, nel “cui grembo Dio si è fatto carne”.
Al termine della recita dell’Angelus il Papa ha allargato il suo sguardo sul mondo e su Piazza San Pietro in festa in questa bella domenica di sole. In particolare ha voluto pregare per la “cara Ucraina”, le sue Chiese e il suo popolo perchè “le tensioni siano risolte attraverso un serio diaologo internazionale e non con le armi”. Troppe le armi prodotte ha osservato il Pontefice: che questo Natale – è stato il suo augurio – porti all’Ucraina la pace.
Poi la preghiera per le decine di vittime dei violenti tornado della notte scorsa negli Stati Uniti e infine un lungo saluto, parlando in spagnolo, alle comunità del Continente americano e delle Filippine riunite per la preghiera del Rosario in Piazza San Pietro nel giorno della Festa della Beata Vergine di Guadalupe apparsa in Messico nel 1531.
Quindi non sono mancati gli auguri alla Caritas internationalis che compie 70 anni ed è “mano amorevle della Chiesa” verso i vulnerabili in cui è presente Cristo. L’invito del Papa è stato a lavorare con umiltà e umanità perchè la cultura dello scarto non prevalaga. Quindi l’incoraggiamento ad aderire alla nuova campagna globale “Insieme Noi” fondata sulla forza delle comunità nel promuovere la cura del creato e dei poveri e a “snellire l’organizzazione pe garantire pieno sostegno ai poveri.
Infine il saluto ai romani e ai pellegrini tutti, in particolare a quanti hanno portato con gioia e colore i Bambinelli del Presepe oggi in una PIazza San Pietro assolata, perchè siano benedetti
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