La cura della casa comune
Rendersi conto dei problemi, piccoli e grandi, del proprio prossimo, partendo dal quartiere per poi allargare l’orizzonte alla propria città e alla nazione: è un richiamo alla responsabilità personale, quello che il Papa fa ai giovani delle “Scholas Occurrentes” che gli hanno chiesto cosa fare in tema di cura dell’ambiente. Francesco lo definisce “parte degli esclusi” che, come loro, “sta gridando affinché gli prestiamo attenzione”. Da qui l’invito a trovare indicazioni nell’Enciclica
Essere leader di un mondo migliore
Sul tema della leadership, sollevato da una giovane cubana, il Papa ha ricordato che “un leader è buono se è in grado di far sorgere tra i giovani altri leader. Se un leader vuole essere l’unico leader, allora è un tiranno”. La vera leadership, per il Papa, è feconda, e i semi si trovano in ognuno di noi: “Siate leader in ciò che siete chiamati a essere, leader di pensiero e di azione – ha aggiunto – ma anche di allegria, di speranza, leader nella costruzione di un mondo migliore”. “Io non voglio essere un dittatore – ha precisato il Santo Padre – perciò mi piace seminare”.
La vita porta altra vita, la morte porta altra morte
La fotografia di un uccello posato su un albero morto, è per il Santo Padre l’occasione di parlare della “cura della vita”: “Quell’uccello, da qui a qualche mese, avrà bisogno di fare il nido – ha detto – ma se l’albero è morto, come potrà fare il nido?”. Questo è, dunque, ciò che accade quando non ci si prende cura del creato: “Una morte porta con sé un’altra morte, quindi, invece di seminare crescita, invece di seminare speranza, seminiamo morte – ha detto – la strada è inversa: prendersi cura della vita perché una vita porta con sé un’altra vita. La foto più bella sarebbe quella in cui c’è un albero vivo e un uccello vivo”. Oggi è questa la situazione: “Parte dell’umanità sta morendo, ma muore da sola e fa morire altri, non lascia che altri possano vivere”.
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La questione dell’embargo a Cuba
Sulla necessità di porre fine all’embargo a Cuba, Francesco sottolinea l’importanza “di costruire ponti e di comunicare” perché la comunicazione è alla base dell’amicizia sociale. “La comunicazione sociale è una delle cose più belle”, ha sottolineato il Papa.
L’accesso all’educazione: un diritto fondamentale dei bambini
C’è spazio anche per il tema dell’accesso all’educazione: “È uno dei diritti umani”, per il Santo Padre, che evidenzia come i bambini abbiano anche il diritto di sorridere e, soprattutto, di giocare, perché il gioco è esperienza di socialità: “Parte dell’educazione è insegnare ai bambini a giocare perché attraverso il gioco s’impara l’allegria della vita”. Un diritto questo, però, che viene negato a tutti coloro che vivono dove c’è la guerra o in contesti in cui sono stretti dall’angoscia della fame, della solitudine e della strada. “Abbiamo perso la nozione della quantità dei ragazzi che non possono godere dell’allegria del gioco – ha insistito Francesco – questi ragazzi non hanno imparato a comunicare con l’allegria del gioco e sono preda dei trafficanti che li usano per la delinquenza giovanile, la droga, la prostituzione e tante altre cose”.
Il proiettile sotto l’ulivo, segno di pace
Al termine dell’incontro, è stato sotterrato ai piedi di un ulivo un proiettile che Francesco aveva mostrato agli studenti, donatogli da un ragazzo di un Paese in guerra ricevuto la mattina stessa: “Come un segno”, ha specificato il Papa. L’ulivo era stato simbolicamente piantato dai giovani dell’Avana e New York insieme e poi ripiantato a Roma. Nel congedarsi dagli studenti, il Santo Padre li ha benedetti, chiedendo loro di pregare per lui: “Non abbiate paura – ha concluso – la paura paralizza; il futuro è nelle vostre mani”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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