Ma a Dio si può chiedere di conoscere e realizzare quello che Lui ci ha messo nel cuore
“Il discernimento – afferma – è una forma di ricerca, e la ricerca nasce sempre da qualcosa che ci manca ma che in qualche modo conosciamo”. Il desiderio, spiega, “è una nostalgia di pienezza che non trova mai pieno esaudimento, ed è il segno della presenza di Dio in noi”.
La parola italiana viene da un termine latino molto bello, questo è curioso: de-sidus, letteralmente “la mancanza della stella”, desiderio è una mancanza della stella, mancanza del punto di riferimento che orienta il cammino della vita; essa evoca una sofferenza, una carenza, e nello stesso tempo una tensione per raggiungere il bene che manca. Il desiderio allora è la bussola per capire dove mi trovo e dove sto andando, anzi è la bussola per capire se sto fermo o sto andando, una persona che mai desidera è una persona ferma, forse ammalata, quasi morta.
Francesco spiega ancora che il desiderio è qualcosa di profondo e che resiste di fronte alle difficoltà. Fa l’esempio di quando una persona ha sete, se non trova subito dell’acqua non per questo desiste e rinuncia a cercarla. Ed è pronta a qualsiasi sacrificio pur di trovarla. Il desiderio dura nel tempo e un altro esempio proposto dal Papa è quello di un giovane che desidera diventare medico: dovrà impegnarsi e fare delle rinunce, “dovrà mettere dei limiti, dire dei ‘no’, anzitutto ad altri percorsi di studio, ma anche a possibili svaghi e distrazioni”, ma il suo desiderio “gli consente di superare queste difficoltà”. Papa Francesco fa notare poi “che Gesù, prima di compiere un miracolo, spesso interroga la persona sul suo desiderio”. Al paralitico alla piscina di Betzatà, ad esempio, chiede: “Vuoi guarire?”. E si chiede come mai Gesù si comporta così:
In realtà, la risposta del paralitico rivela una serie di resistenze strane alla guarigione, che non riguardano soltanto lui. La domanda di Gesù era un invito a fare chiarezza nel suo cuore, per accogliere un possibile salto di qualità: non pensare più a sé stesso e alla propria vita “da paralitico”, trasportato da altri. Ma l’uomo sul lettuccio non sembra esserne così convinto. Dialogando con il Signore, impariamo a capire che cosa veramente vogliamo dalla nostra vita.
Quel paralitico, aggiunge a braccio il Papa, è l’esempio tipico delle persone che dicono: “Sì, sì, voglio voglio voglio” ma che poi non fanno nulla per realizzare il loro desiderio. “Il voler fare diventa come un’illusione e non si fa il passo per farlo”, afferma, e magari ci si comincia a lamentare.
Ma state attenti che le lamentele sono un veleno, un veleno all’anima, un veleno alla vita perché non ti fanno crescere il desiderio di andare avanti. State attenti con le lamentele. Quando si lamentano in famiglia, si lamentano i coniugi, si lamentano uno dell’altro, i figli del papà o i preti del vescovo o i vescovi di tante altre cose… No, se voi vi ritrovate in lamentela, state attenti, è quasi peccato, perché non lascia crescere il desiderio.
Il Papa guarda al momento storico in cui viviamo e fa notare che se da un lato sembra “favorire la massima libertà di scelta, nello stesso tempo atrofizza il desiderio” riducendolo a qualcosa di momentaneo. Mille proposte ci bombardano rischiando di distrarci da ciò che veramente vogliamo. “Pensiamo ai giovani, per esempio – rileva il Papa -, con il telefonino in mano e cercano, guardano… “Ma tu ti fermi per pensare?”. E prosegue:
Molte persone soffrono perché non sanno che cosa vogliono dalla propria vita; probabilmente non hanno mai preso contatto con il loro desiderio profondo. Da qui il rischio di trascorrere l’esistenza tra tentativi ed espedienti di vario tipo, senza mai arrivare da nessuna parte, e sciupando opportunità preziose. E così alcuni cambiamenti, pur voluti in teoria, quando si presenta l’occasione non vengono mai attuati, manca il desiderio forte di portare avanti una cosa.
Che cosa risponderemmo oggi a Gesù se chiedesse a noi “Che cosa vuoi che io faccia per te?”, domanda Papa Francesco. “Forse – è la sua risposta – , potremmo finalmente chiedergli di aiutarci a conoscere il desiderio profondo di Lui, che Dio stesso ha messo nel nostro cuore”. E “forse il Signore ci darà la forza di concretizzarlo”, per “renderci partecipi della sua pienezza di vita”. Questo infatti, conclude il Papa, è il desiderio di Dio per noi.
Il filo delle parole pronunciate da Papa Francesco all’udienza generale dopo la catechesi si intreccia con le ombre del nostro tempo scosso in particolare dal dramma della guerra in Ucraina.
In questi giorni il mio cuore è sempre rivolto al popolo ucraino, specialmente agli abitanti delle località sulle quali si sono accaniti i bombardamenti. Porto dentro di me il loro dolore e per intercessione della Santa Madre di Dio lo presento nella preghiera al Signore. Egli sempre ascolta il grido dei poveri che Lo invocano. Possa il suo Spirito trasformare i cuori di quanti hanno in mano le sorti della guerra, perché cessi l’uragano della violenza e si possa ricostruire una convivenza pacifica nella giustizia.
Salutando i pellegrini di lingua italiana, Francesco ha ricordato la figura di San Giovanni XXIII, che 60 anni fa, l’11 ottobre del 1962, ha aperto il Concilio Vaticano II.
Ieri abbiamo celebrato la memoria liturgica di San Giovanni XXIII, che servì con esemplare dedizione Cristo e la Chiesa, adoperandosi con sollecitudine per la salvezza delle anime. La sua protezione aiuti tutti voi nello sforzo di soncera fedeltà a Cristo e vi sostenga nelle quotidiane fatiche.
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