Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Guardando alla vocazione di San Paolo, che da “persecutore dei cristiani” è stato chiamato “a diventare apostolo per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo”, teniamo “fisso nel cuore e nella mente” il “tempo e il modo in cui Dio è entrato nella nostra vita” e “ha cambiato la nostra esistenza”. “Lui tesse la nostra storia” e, se accogliamo con fiducia “il suo piano di salvezza”, la sua grazia rende la nostra vita “degna di essere posta al servizio del Vangelo”. Così Papa Francesco nella seconda catechesi del nuovo ciclo sulla Lettera di San Paolo ai Galati, offerta questa mattina ai fedeli presenti nel Cortile di San Damaso per l’udienza generale
Il Papa sottolinea che l’intento dell’apostolo è “ribadire la novità del Vangelo”, che i cristiani della Galazia, provincia romana al centro dell’attuale Turchia, hanno ricevuto dalla sua predicazione, “per costruire la vera identità su cui fondare la propria esistenza”. Fin dall’inizio della sua Lettera, Paolo “non segue le basse argomentazioni utilizzate dai suoi detrattori” ma “vola alto” e così “indica anche a noi come comportarci quando si creano conflitti all’interno della comunità”.
Solo verso la fine, infatti, spiega “che il nocciolo della diatriba” è la circoncisione, la “principale tradizione giudaica”. Paolo sceglie “di andare più in profondità”, perché “la posta in gioco è la verità del Vangelo e la libertà dei cristiani”
Non si ferma alla superfice dei problemi, come spesso siamo tentati di fare noi per trovare subito una soluzione che illude di mettere tutti d’accordo con un compromesso. Non è così che funziona con il Vangelo e l’Apostolo ha scelto di seguire la via più impegnativa.
L’apostolo scrive infatti che non cerca il consenso degli uomini, ma quello di Dio, perché “se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!”. Anche per questo, ricorda ai Galati “di essere un vero apostolo non per proprio merito, ma per la chiamata di Dio”. Lo fa raccontando “la storia della sua vocazione e conversione”, coincisa con l’apparizione del Risorto durante il viaggio verso Damasco. E così parla della sua vita prima di quell’avvenimento: “Perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri”.
Francesco commenta che Paolo “era un vero fariseo zelante”, e che per ben due volte “sottolinea che lui era stato un difensore delle ‘tradizioni dei padri’ e un ‘convinto sostenitore della legge’”. Da una parte sottolinea di essere stato un feroce persecutore, “bestemmiatore e violento”, ma dall’altra, “evidenzia la misericordia di Dio nei suoi confronti, che lo porta a vivere una radicale trasformazione, ben conosciuta da tutti”. Anche chi non lo conosceva personalmente, infatti sapeva che un antico persecutore “ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere”.
Paolo mette così in evidenza la verità della sua vocazione attraverso l’impressionante contrasto che si era venuto a creare nella sua vita: da persecutore dei cristiani perché non osservavano le tradizioni e la legge, era stato chiamato a diventare apostolo per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo.
Vediamo, sottolinea il Pontefice, “che Paolo è libero: libero per annunciare il Vangelo ed è anche libero per confessare i suoi peccati. ‘Io ero così’: è la verità che dà la libertà del cuore, è la libertà di Dio”. E ripensando alla sua storia “è pieno di meraviglia e di riconoscenza”, come se “volesse dire ai Galati che lui tutto sarebbe potuto essere tranne che un apostolo”. Infatti fin da ragazzo era stato educato “per essere un irreprensibile osservante della Legge mosaica”, e poi aveva combattuto i discepoli di Cristo. Ma inaspettatamente “Dio, con la sua grazia, gli aveva rivelato suo Figlio morto e risorto, perché lui ne diventasse annunciatore in mezzo ai pagani”.
“Come sono imperscrutabili le strade del Signore! – esclama Papa Francesco – lo tocchiamo con mano ogni giorno, ma soprattutto se ripensiamo ai momenti in cui il Signore ci ha chiamato”.
Non dobbiamo mai dimenticare il tempo e il modo in cui Dio è entrato nella nostra vita: tenere fisso nel cuore e nella mente quell’incontro con la grazia, quando Dio ha cambiato la nostra esistenza.
Quante volte, davanti alle grandi opere del Signore, conclude il Papa, ci chiediamo: “com’è possibile che Dio si serva di un peccatore, di una persona fragile e debole, per realizzare la sua volontà?”. Ma non c’è nulla di casuale, “perché tutto è stato preparato nel disegno di Dio”.
Lui tesse la nostra storia e, se noi corrispondiamo con fiducia al suo piano di salvezza, ce ne accorgiamo. La chiamata comporta sempre una missione a cui siamo destinati; per questo ci viene chiesto di prepararci con serietà, sapendo che è Dio stesso che ci invia e sostiene con la sua grazia. Lasciamoci condurre da questa consapevolezza: il primato della grazia trasforma l’esistenza e la rende degna di essere posta al servizio del Vangelo. Il primato della grazia copre tutti i peccati, cambia i cuori, cambia la vita, ci fa vedere strade nuove.
Nei saluti ai pellegrini presenti, Francesco in slovacco si rivolge ai partecipanti al Pellegrinaggio di ringraziamento dell’Eparchia di Košice, “che celebra il 350° anniversario del pianto miracoloso dell’icona della Madonna di Klokočov”, guidati dal loro arcivescovo monsignor Cyril Vasiľ. “Questa celebrazione della Madre di Dio – è il suo auspicio – rinnovi nel vostro popolo la fede e il senso vivo della sua intercessione nel vostro cammino”.
In italiano, il Pontefice ringrazia poi il suo autista Renzo Cece, che oggi va in pensione, e ricorda che “ha incominciato a lavorare a 14 anni, veniva in bicicletta.
Oggi è l’autista del Papa: un applauso a Renzo e alla sua fedeltà! E’ una di quelle persone che porta avanti la Chiesa con il suo lavoro, con la sua benevolenza e con la sua preghiera”. Lo ringrazio tanto e anche approfitto dell’opportunità per ringraziare tutti i laici che lavorano con noi in Vaticano.
A tutti, ricordando la celebrazione di ieri della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, Papa Francesco ribadisce l’augurio che “l’esempio e la costante protezione di queste colonne della Chiesa sostengano ciascuno di voi nello sforzo di seguire Cristo”. Infine auspica “che il periodo estivo sia occasione per approfondire la propria relazione con Dio e seguirlo più liberamente sul sentiero dei Suoi comandamenti”.
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