“Quando un credente fa esperienza della salvezza non la trattiene per sé, ma la mette in circolo”: è uno dei passaggi della catechesi del Pontefice all’udienza generale, dedicata al naufragio di Paolo a Malta, esempio di come vivere la prova avendo fiducia in Cristo
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Le difficoltà, la fede, il bene “provato” che rende “il cuore aperto e sensibile alla solidarietà verso gli altri”. Francesco mette in luce i tanti significati del naufragio di Paolo a Malta, nella catechesi dell’udienza generale in Aula Paolo VI, simile ai tanti naufragi di oggi.
Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede; e ad essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù. È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità.
Il viaggio di Paolo da Cesarea a Roma è il tema della catechesi del Papa, incentrata ancora una volta sugli Atti degli Apostoli che Francesco – spiega – è da leggere perché così, afferma, “vedrete come il Vangelo, con la forza dello Spirito Santo, arriva a tutti i popoli, si fa universale. Prendetelo. Leggetelo”. La navigazione è pericolosa per lo scatenarsi di un vento furioso ma allora Paolo interviene, rassicurando i compagni:
«Mi si è presentato […] questa notte un angelo di quel Dio al quale io appartengo – al Dio al quale appartengo, perché ognuno aveva il proprio dio, no? – al Dio al quale appartengo e che servo, e mi ha detto: “Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco, Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione”» (At 27,23-24), te e tutti i compagni. Anche nella prova, egli Paolo non cessa di essere custode della vita degli altri e animatore della loro speranza”
L’annuncio del Vangelo passa nel superamento della prova. “Il naufragio – afferma il Papa – da situazione di disgrazia, si muta in opportunità provvidenziale”. L’approdo a Malta segna un cambio. “I maltesi – sottolinea Francesco – sono bravi, sono miti, sono accoglienti. Da quel tempo”. Sono loro che assicurano ai naufraghi un po’ di calore e di sollievo con Paolo, che “da vero discepolo di Cristo, si mette a servizio per alimentare il fuoco con alcuni rami che prende” ma improvvisamente viene morso da una vipera.
Aspettavano al momento che cadesse morto, ma non subisce alcun danno e viene scambiato addirittura – invece che per un malfattore – per una divinità. In realtà, quel beneficio viene dal Signore Risorto che lo assiste, secondo la promessa fatta prima di salire al cielo e rivolta ai credenti: «Prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,18). Dice la storia che da quel momento non ci sono vipere a Malta: questa è la benedizione di Dio per l’accoglienza di questo popolo tanto buono.
Da quel momento “il soggiorno a Malta diventa per Paolo l’occasione propizia per dare “carne” alla parola che annuncia ed esercitare così un ministero di compassione nella guarigione dei malati”.
Questa è una legge del Vangelo: quando un credente fa esperienza della salvezza non la trattiene per sé, ma la mette in circolo. «Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri» (Esort. Ap. Evangelii gaudium, 9). Un cristiano “provato” può farsi di certo più vicino a chi soffre e rendere il suo cuore aperto e sensibile alla solidarietà verso gli altri.
Anche in mezzo “ad apparenti fallimenti”, Dio può agire in ogni circostanza perché “chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo”.
Al termine dell’udienza, dopo il pensiero di vicinanza all’Australia, sconvolta dai roghi, e l’esibizione del circo Aqua, Francesco ha chiesto ai fedeli di ricordarsi la data del Battesimo, un pensiero a lui particolarmente caro:
E io vorrei che ognuno di noi sapesse la data del battesimo: sicuramente noi sappiamo la data del compleanno, la data della nascita; ma quanti di voi sanno la data del battesimo? Pochi … va bene. Ma siccome non si festeggia, si dimentica. Per fare un compito a casa: domandate ai genitori, ai nonni, agli zii, agli amici: “Quando sono stato battezzato? Quando sono stata battezzata?”, e portare sempre quella data del battesimo nel cuore per ringraziare il Signore della grazia del battesimo. D’accordo? Farete quello?
Credito: Vatican News
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