Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“L’alleanza dei vecchi e dei bambini salverà la famiglia umana” se restituiremo ai piccoli, che devono “imparare a nascere”, “la tenera testimonianza di anziani che possiedono la saggezza del morire”.
Le parole centrali del Papa all’udienza generale assumono una tenera plasticità quando, poco prima della fine, un bimbo biondo di pochissimi anni sale le scale dell’Aula Paolo VI e si avvicina a Francesco, rimanendo fermo accanto a lui fino alla fine. Il Papa gli chiede il nome e poi commenta tra gli applausi:
“Nell’udienza parlavamo del dialogo tra vecchi e giovani, eh? Lu è stato coraggioso”.
E soggiunge sorridendo: “E rimane tranquillo, eh?”.
Francesco torna sul tema dell’alleanza tra generazioni nella catechesi, la 17.ma dedicata alla vecchiaia, che “rassicura sulla destinazione alla vita che non muore più”, ribadendo che la testimonianza degli anziani “per i bambini è credibile”, più di quella di giovani e adulti, perché la vecchiaia “tiene fermo l’orizzonte della nostra destinazione”. Per questo “è doloroso e dannoso vedere che si concepiscono le età della vita come mondi separati, in competizione fra loro”.
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Il Papa commenta un brano dell’Antico Testamento, tratto dal Libro di Daniele, che descrive un sogno del profeta, “una visione di Dio misteriosa e al tempo stesso splendente”. Una visione riferita a Gesù Risorto, “che appare al Veggente come Messia”, gli posa la mano sulla spalla e lo rassicura: “Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre”.
Scompare così, commenta Francesco, “l’ultima barriera del timore e dell’angoscia” che la manifestazione di Dio ha sempre suscitato: “il Vivente ci rassicura. Lui pure è morto, ma ora occupa il posto che gli è destinato: quello del Primo e dell’Ultimo”.
In questo “intreccio dei simboli”, prosegue il Pontefice è proprio la vecchiaia che ci può aiutare a comprendere meglio “il legame di questa teofania con il ciclo della vita, il tempo della storia, la signoria di Dio per il mondo creato”.
La visione “comunica un’impressione di vigore e di forza, di nobiltà, di bellezza e di fascino”. I capelli del vegliardo “però sono candidi: come la lana, come la neve. Come quelli di un vecchio”.
La chioma candida è il simbolo antico di un tempo lunghissimo, di un passato immemorabile, di una esistenza eterna. Non bisogna demitizzare tutto coi bambini: l’immagine di un Dio vegliardo con la chioma candida non è un simbolo sciocco, è un’immagine biblica, nobile e anche tenera.
Un vegliardo, commenta ancora Papa Francesco, “vecchio come l’intera umanità, e anche di più. È antico e nuovo come l’eternità di Dio”. “Dio è eterno – aggiunge ‘a braccio’ – è da sempre, possiamo dire che c’è come una vecchiaia in Dio, non è così, ma è eterno, ma si rinnova”. E qui ricorda la festa dell’Incontro con il Signore, che nelle Chiese orientali, il 2 febbraio, “mette in risalto l’incontro tra l’umanità, rappresentata dai vegliardi Simeone e Anna, con Cristo Signore”. Nella liturgia bizantina il vescovo prega con Simeone: “Questi è Colui che è stato partorito dalla Vergine: è il Verbo, Dio da Dio, Colui che per noi si è incarnato e ha salvato l’uomo” e rievoca poi la presentazione di Gesù al tempio da parte della “Vergine Madre”, quando “il vegliardo lo prende tra le braccia”.
Ma il gesto di Simeone è anche l’icona più bella per la speciale vocazione della vecchiaia: presentare i bambini che vengono al mondo come un dono ininterrotto di Dio, sapendo che uno di loro è il Figlio generato nell’intimità stessa di Dio, prima di tutti i secoli.
La vecchiaia, chiarisce il Papa “incamminata verso un mondo in cui potrà finalmente irradiarsi” l’amore che Dio ha messo nella Creazione, “deve compiere questo gesto di Simeone e di Anna, prima del suo congedo”. Deve, prosegue, “rendere testimonianza ai bambini della loro benedizione” attraverso la loro iniziazione, bella e difficile, “al mistero di una destinazione alla vita che nessuno può annientare. Neppure la morte”. Dare ai bambini, aggiunge, “la realtà che hanno vissuto come testimonianza, dare il testimone. Noi vecchi siamo chiamati a questo, a dare il testimone, perché loro lo portino avanti”.
La testimonianza degli anziani è credibile per i bambini: i giovani e gli adulti non sono in grado di renderla così autentica, così tenera, così struggente, come possono fare gli anziani. Quando l’anziano benedice la vita che gli viene incontro, deponendo ogni risentimento per la vita che se ne va, è irresistibile. Non è amareggiato perché passa il tempo e lui sta per andarsene: no. È con quella gioia del buon vino, che si è fatto buono con gli anni.
La testimonianza degli anziani, sottolinea Francesco, “unisce le età della vita e le stesse dimensioni del tempo: passato, presente e futuro”. Perché loro “non sono solo la memoria, sono il presente e anche la promessa”.
È doloroso – e dannoso – vedere che si concepiscono le età della vita come mondi separati, in competizione fra loro, che cercano di vivere ciascuno a spese dell’altro.
E se l’umanità è molto antica, “se guardiamo al tempo dell’orologio”, il Figlio di Dio “è il Primo e l’Ultimo di ogni tempo”. Nessuno quindi, per il Pontefice, “cade fuori dalla sua eterna generazione, fuori dalla sua splendida forza, fuori dalla sua amorevole prossimità”.
L’alleanza dei vecchi e dei bambini salverà la famiglia umana. Dove i bambini, dove i giovani parlano con i vecchi c’è futuro; se non sarà questo dialogo fra vecchi e giovani, il futuro non si vede chiaro. Potremmo, per favore, restituire ai bambini, che devono imparare a nascere, la tenera testimonianza di anziani che possiedono la saggezza del morire?
Papa Francesco conclude con una richiesta: “Questa umanità, che con tutto il suo progresso ci sembra un adolescente nato ieri, potrà riavere la grazia di una vecchiaia che tiene fermo l’orizzonte della nostra destinazione?”. La morte è certamente un passaggio difficile della vita, ammette, “ma anche il passaggio che chiude il tempo dell’incertezza e butta via l’orologio. Perché il bello della vita, che non ha più scadenza, incomincia proprio allora”.
Ma incomincia dalla saggezza di quell’uomo e di quella donna, anziani, che sono capaci di dare ai giovani il testimone. Pensiamo al dialogo, all’alleanza dei vecchi e dei bambini, dei vecchi con i giovani, e cerchiamo che non sia tagliato, questo legame. Che i vecchi abbiano la gioia di parlare, di esprimersi con i giovani e che i giovani cerchino i vecchi per prendere da loro la saggezza della vita.
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