Sintesi dell’udienza di Papa Francesco con i responsabili delle Commissioni per la catechesi delle Conferenze Episcopali Europee.
(Benedetta Capelli) C’è l’eco del viaggio appena concluso, nelle parole del Papa ai partecipanti all’incontro su “Catechesi e Catechisti per la Nuova Evangelizzazione”, promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, a un anno dalla ricezione del nuovo Direttorio per la Catechesi. Francesco ricorda il Congresso eucaristico di Budapest per sottolineare che proprio nel mistero eucaristico si trova la forza e la spinta per l’annuncio del Vangelo. Il Papa insiste sull’incontro con l’altro, sull’ascolto della sua vita e della sua realtà, esorta poi i catechisti a ricordare che l’amore di Gesù non ci abbandona mai ed invita a non attingere alla “valigetta” di risposte preconfezionate. Risposte – afferma – ma attenzione anche a non avere “il cuore, l’atteggiamento e la faccia preconfezionati”.
Ascoltare davvero, e mettere a confronto quelle culture, quei linguaggi, anche e soprattutto il non-detto, il non-espresso, con la Parola di Dio, con Gesù Cristo Vangelo vivente.
Per Francesco è questo “il compito più urgente della Chiesa tra i popoli dell’Europa”.
La grande tradizione cristiana del continente non deve diventare un reperto storico, altrimenti non è più “tradizione”! La tradizione o è viva o non è. E la catechesi è tradizione, è tradere, ma tradizione vivama viva, da cuore a cuore, da mente a mente, da vita a vita. Dunque: appassionati e creativi, con la spinta dello Spirito Santo. Ho usato la parola “preconfezionato” per il linguaggio: ma, ho paura dei catechisti con il cuore, l’atteggiamento e la faccia preconfezionati: no. O il catechista è libero, o non è catechista. Il catechista si lascia colpire dalla realtà che trova e trasmette il Vangelo con una creatività grande, o non è catechista.
“Andate in città”: le parole di Gesù nel Vangelo di Matteo sono lo spunto del Papa per ricordare che i cristiani sono chiamati ad incontrare “le persone indaffarate nei loro impegni quotidiani” perché la catechesi, come si legge nel Direttorio, “non è una comunicazione astratta di conoscenze teoriche da memorizzare come fossero formule di matematica o di chimica”. E’ soprattutto – spiega Francesco – annuncio dell’amore di Cristo che “non può mai trovarci stanchi né ripetitivi nelle varie fasi del cammino catechistico”.
È piuttosto l’esperienza mistagogica di quanti imparano a incontrare i fratelli là dove vivono e operano, perché loro stessi hanno incontrato Cristo, che li ha chiamati a diventare discepoli missionari.
Il ministero di catechista, sottolinea il Papa, è stato istituito perché “la comunità cristiana senta l’esigenza di suscitare questa vocazione”, di far emergere “la passione di trasmettere la fede come evangelizzatori”.
Il catechista e la catechista sono testimoni che si mettono al servizio della comunità cristiana, per sostenere l’approfondimento della fede nel concreto della vita quotidiana. Sono persone che annunciano senza stancarsi il Vangelo della misericordia; persone capaci di creare i legami necessari di accoglienza e vicinanza che permettono di gustare meglio la Parola di Dio e di celebrare il mistero eucaristico offrendo frutti di opere buone.
Francesco si lascia andare al ricordo amorevole delle sue catechiste e di una suora che lo avevano preparato alla Prima Comunione, confessa di aver intessuto con loro un rapporto di vicinanza, di “grande rispetto”, di provare un “sentimento di ringraziamento”, di averle accompagnate fino alla fine della loro vita. Un legame “molto importante”, sottolinea il Papa.
L’eco del viaggio si ritrova anche nel ricordare le parole dette nella Cattedrale di Bratislava nell’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi: “l’evangelizzazione non è mai mera ripetizione del passato” ma anche nel ricordare i santi evangelizzatori come Cirillo e Metodio, come Bonifacio. Santi creativi grazie allo Spirito.
Hanno aperto nuove strade, inventato nuovi linguaggi, nuovi “alfabeti”, per trasmettere il Vangelo, per l’inculturazione della fede. Questo chiede di saper ascoltare la gente, ascoltare i popoli a cui si annuncia: ascoltare la loro cultura, la loro storia; ascoltare non superficialmente, pensando già alle risposte preconfezionate che abbiamo nella valigetta, no!
Un ascolto che si riporta al Vangelo, che ispira nuove strade da battere, che rinnova la tradizione. Nel salutare, Francesco ringrazia le migliaia di catechiste e catechisti d’Europa che stanno preparando i bambini e i ragazzi a completare il loro percorso di iniziazione cristiana.
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