Papa Francesco: Siamo sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Sono le prime parole attese del Pontefice in piazza San Pietro dopo la preghiera mariana dell’Angelus di questa domenica in una piazza San Pietro che è tornata ad essere gremita, dopo il difficile periodo del coronavirus.
E poi il Pontefice rinnova l’invito all’appello per la giornata d preghiera e digiuno del 2 marzo, per fermare la guerra in Ucraina, e tutte le guerre ad oggi presenti sul pianeta, come ad esempio quello nello Yemen.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù ci invita a riflettere sul nostro sguardo e sul nostro parlare. Anzitutto sul nostro sguardo. Il rischio che corriamo, dice il Signore, è concentrarci a guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello senza accorgerci della trave che c’è nel nostro (cfr Lc 6,41).
In altre parole, essere attentissimi ai difetti degli altri, anche a quelli piccoli come una pagliuzza, trascurando serenamente i nostri, dandogli poco peso.
È vero quanto dice Gesù: troviamo sempre motivi per colpevolizzare gli altri e giustificare noi stessi. E tante volte ci lamentiamo per le cose che non vanno nella società, nella Chiesa, nel mondo, senza metterci prima in discussione e senza impegnarci a cambiare anzitutto noi stessi.
Ma – spiega Gesù – facendo così il nostro sguardo è cieco. E se siamo ciechi non possiamo pretendere di essere guide e maestri per gli altri: un cieco, infatti, non può guidare un altro cieco (cfr v. 39), dic il Signore.
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Cari fratelli e sorelle, il Signore ci invita a ripulire il nostro sguardo. Per prima cosa ci chiede di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie. Perché se non siamo capaci di vedere i nostri difetti, saremo sempre portati a ingigantire quelli altrui. Se invece riconosciamo i nostri sbagli e le nostre miserie, si apre per noi la porta della misericordia.
E dopo esserci guardati dentro, Gesù ci invita a guardare gli altri come fa Lui, che non vede anzitutto il male, ma il bene.
Dio ci guarda così: non vede in noi degli sbagli irrimediabili, ma vede dei figli che sbagliano. Dio distingue sempre la persona dai suoi errori. Crede sempre nella persona ed è sempre pronto a perdonare gli errori. E ci invita a fare lo stesso: a non ricercare negli altri il male, ma il bene.
Dopo lo sguardo, Gesù oggi ci invita a riflettere sul nostro parlare. Il Signore spiega che la bocca «esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). È vero, da come uno parla ti accorgi di quello che ha nel cuore. Le parole che usiamo dicono la persona che siamo. A volte, però, prestiamo poca attenzione alle nostre parole e le usiamo in modo superficiale. Ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri.
Purtroppo, però, con la lingua possiamo anche alimentare pregiudizi, alzare barriere, aggredire e perfino distruggere (con la lingua) i fratelli: il pettegolezzo ferisce e la calunnia può essere più tagliente di un coltello!
Al giorno d’oggi, poi, specialmente nel mondo digitale, le parole corrono veloci; ma troppe veicolano rabbia e aggressività, alimentano notizie false e approfittano delle paure collettive per propagare idee distorte. Un diplomatico, che fu Segretario Generale dell’Onu e vinse il Nobel per la Pace, disse che «abusare della parola equivale a disprezzare l’essere umano» (D. HAMMARSKJÖLD, Tracce di cammino, Magnano BI 1992, 131).
Domandiamoci allora che genere di parole utilizziamo: parole che esprimono attenzione, rispetto, comprensione, vicinanza, compassione, oppure parole che mirano principalmente a farci belli davanti agli altri? E poi, parliamo con mitezza o inquiniamo il mondo spargendo veleni: criticando, lamentandoci, alimentando l’aggressività diffusa?
Maria, di cui Dio ha guardato l’umiltà, la Vergine del silenzio che ora preghiamo, ci aiuti a purificare il nostro sguardo e il nostro parlare.
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