Sinodalità e collegialità, riforma dei processi matrimoniali, rapporto tra vescovi e sacerdoti. Sono queste le tre linee guide che il Papa ha indicato nella giornata di apertura della 73 esima Assemblea Generale della Conferenza episcopale italiana, che ha come tema quest’anno “modalità e strumenti per una nuova presenza missionaria.
I vescovi saranno riuniti fino al 23 maggio
Michele Raviart – Città del Vaticano
“Un momento di aiuto al discernimento pastorale sulla vita e la missione della Chiesa italiana”. Così Papa Francesco ha descritto il suo incontro con i vescovi italiani per l’inaugarazione dell’Assemblea generale della Cei. Il Pontefice ha ringraziato i presuli per lo sforzo quotidiano nel portare avanti la loro missione e e ha affrontato alcune questioni cruciali per il futuro della Chiesa italiana, a partire dai rapporti dei vescovi tra loro e con i fedeli.
Per Francesco il tema della sinodalità e della collegialità descrive, infatti, “la carta clinica dello stato di salute della Chiesa italiana” e del suo operato pastorale ed ecclesiastico. Per questo comprendere il livello della partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione delle Chiesa e della collaborazione dei vescovi tra loro in seno “all’unica e universale Chiesa di Cristo”, è un fattore importante in vista di un “probabile Sinodo per la Chiesa italiana”. Il Papa precisa infatti che “per fare un grande Sinodo” si deve partire tanto da una sinodalità “dal basso” con il coinvolgimento di diocesi, parrocchie e laici, quanto da una sinodalità “dall’alto”, come ribadito a Firenze nel 2015. “Questo porterà tempo” – afferma – ma si camminerà sul sicuro e non sulle idee”.
Il Papa poi ritorna all’applicazione dei motu proprio del 2015 che riordinano i processi matrimoniali, snellendo il processo ordinario e introducendo nei casi di manifesta nullità, nel processo breviore, la possibilità di rivolgersi direttamente al vescovo:
Questa riforma processuale è basata sulla prossimità e sulla gratuità. Prossimità alle famiglie ferite significa che il giudizio, per quanto possibile, si celebri nella chiesa diocesana, senza indugio e senza inutili prolungamenti. Gratuità, rimanda al mandato evangelico secondo il quale “gratuitamente si è ricevuto e gratuitamente si deve dare”, per cui richiede che la pronunzia ecclesiastica di nullità non equivalga ad un elevato costo che le persone disagiate non riescono a sostenere.
La riforma però, segnala il Papa con rammarico, “dopo più di quattro anni, rimane ben lontana dall’essere applicata nella grande parte delle diocesi italiane”. Una spinta riformatrice, ribadisce “volta a mostrare che la Chiesa è madre ed ha a cuore il bene dei propri figli, che in questo caso – aggiunge – sono quelli segnati dalla ferita di un amore spezzato”. Il buon esito della riforma per il Papa passa anche “attraverso una conversione delle strutture e delle persone”, poi ammonisce:
Non permettiamo agli interessi economici di alcuni avvocati oppure che la paura di perdere potere di alcuni Vicari Giudiziari freni o ritardi la riforma.
Il terzo punto affrontato dal Papa è la cura che i vescovi devono avere nei confronti dei sacerdoti, che deve essere “senza discriminazioni e senza preferenze”. Alcuni presuli secondo il Papa “fanno fatica a stabilire relazioni accettabili, rischiando così di rovinare “la loro missione” e “addirittura indebolire la stessa missione della Chiesa”.
Il Pontefice rimarca che “il rapporto tra il Vescovo e i suoi sacerdoti” si deve basare “sull’amore incondizionato testimoniato da Gesù sulla croce, che rappresenta l’unica vera regola di comportamento”. La “comunione gerarchica – sottolinea – crolla quando viene infettata da qualsiasi forma di potere o di autogratificazione personale ma, all’opposto, si fortifica e cresce quando viene abbracciata dallo spirito di totale abbandono e di servizio al popolo di Dio”:
Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o arrampicatori e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure anzi problematici. Essere padre di tutti i propri sacerdoti; interessarsi e cercare tutti; visitare tutti; saper sempre trovare tempo per ascoltare ogni volta che qualcuno lo domanda o ne ha necessità lo necessita; per far sì che ciascuno si senta stimato e incoraggiato dal “suo” vescovo. Per essere pratico: se il vescovo riceve la chiamata di un sacerdote, risponda nel giorno, al massimo il giorno dopo, così quel sacerdote saprà che ha un padre.
“I nostri sacerdoti – prosegue – sisentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati, oppure condannati a causa di alcuni errori o reati” commessi da altri “loro colleghi”. “Sacerdoti – spiega – che hanno vivo bisogno di trovare nel loro vescovo la figura del fratello maggiore e padre che li incoraggia nelle fasi difficili”. “I sacerdoti – conclude – hanno bisogno di trovare la porta del vescovo e il suo cuore sempre aperti”.
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