“Papa Francesco segue da vicino la difficile situazione in Sud Sudan e ha inviato una lettera alle autorità locali con un forte appello alla pace”. E’ quanto ci ha detto il cardinale Peter Turkson, che domenica scorsa era in visita a Giuba, capitale del Paese. Il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace racconta al microfono di Gabriella Ceraso le sofferenze della popolazione, specie dei profughi, nonostante il cessate il fuoco in vigore da martedì scorso, e l’attenzione del Papa per la vita della comunità cristiana:
R. – Sono stato a Giuba domenica mattina, giusto in tempo per celebrare la Messa con la comunità nella Cattedrale. È stato un grande momento di sollievo. Ho portato i saluti del Santo Padre, l’espressione della sua solidarietà con la comunità. Quindi, abbiamo fatto visita ad alcune delle persone che avevano lasciato le loro case, che erano fuggiti a causa della mancanza di sicurezza. Hanno trovato rifugio nelle scuole, nelle chiese. Il giorno successivo abbiamo fatto visita al presidente e gli abbiamo consegnato il messaggio del Santo Padre.
D. – Era un messaggio che invocava la pace…
R. – Sì, ho potuto incontrare il Santo Padre prima di partire e nel consegnarmi il messaggio ha espresso alcuni di questi sentimenti: si potrebbe riassumere così: ora basta, basta con questi conflitti!
D. – Che realtà ha trovato? Una realtà di povertà, di sofferenza?
R. – Certo, quando una persona è costretta a lasciare la propria casa senza portare con sé nulla, non c’è solo la povertà, ma questa è aggravata dall’aumento di malattie: ci sono casi di malaria, alcuni casi di colera. Ho subito contattato il nostro ufficio a Roma chiedendo medicinali e alcuni viveri.
D. – Ma c’è ancora la guerra? Ci sono ancora scontri?
R. – Adesso c’è un momento di pace, ma c’è sempre questa paura, perché questa non è la prima volta che accade una cosa del genere. E’ la terza: succede questo, c’è pace e poi le sparatorie tornano di nuovo e la gente scappa …
D. – Lei ha la sensazione che la vostra presenza abbia portato una speranza?
R. – Certo, già a partire dalla Cattedrale, non solo per i laici ma anche per i sacerdoti e tutti i religiosi che lavorano qui. Parecchi sono già andati via dal Paese, ma alcuni ancora restano.
D. – Quindi lei ci può confermare che questa situazione sta sempre nel cuore del Papa, che è sempre informato su quello che accade lì …
R. – Quando sono andato da lui, ha accettato di scrivere due lettere: una al presidente e l’altra al vicepresidente che ora è in fuga. La prontezza con la quale ha reagito a questa esigenza di mandare un messaggio di solidarietà, un appello anche di pace, è impressionante! Qualche tempo fa, parlando con lui, mi diceva: “Io vorrei andarci …”. Queste situazioni difficili sono sempre nel cuore del Santo Padre.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)